Storia del nostro emblema, che compie 65 anni

Adottato ufficialmente il 5 maggio 1948

La Repubblica Italiana ha un simbolo, un emblema, dal 5 maggio del 1948. Compie 65 anni: la sua non fu una genesi né semplice né veloce. Ci vollero 2 anni e due concorsi pubblici a cui parteciparono circa 500 persone con un totale di 800 bozzetti. Il sito del Quirinale li definisce «cittadini», specificando come fossero sia «artisti» che «dilettanti».

È l’ottobre del 1946, quando il governo guidato dal democristiano De Gasperi istituisce una Commissione, alla cui presidenza viene nominato Ivanoe Bonomi,  incaricata di scegliere quelo che sarebbe diventato il nuovo emblema dello Stato Italiano. Vengono fissati anche dei paletti riportati dal sito del Quirinale «esclusione rigorosa dei simboli di partito e inserimento della stella d’Italia, “ispirazione dal senso della terra e dei comuni”».

L’autore degli emblemi che vinsero i due concorsi fu Paolo Paschetto. Di lui il sito del Quirinale scrive: 

nacque il 12 febbraio 1885 a Torre Pellice, in provincia di Torino, dove è morto il 9 marzo 1963. Professore di ornato all’Istituto di Belle Arti di Roma dal 1914 al 1948, fu artista polivalente, passando dalla xilografia alla grafica, dall’olio all’affresco, dalla pittura religiosa al paesaggio. Fu autore, tra l’altro, di numerosi francobolli, compresa “la rondine” della prima emissione italiana di posta aerea 

Il primo concorso raccontato dal sito del Quirinale

Al concorso rispondono 341 candidati, con 637 disegni in bianco e nero. I cinque vincitori vengono invitati a preparare nuovi bozzetti, questa volta con un tema ben preciso, imposto dalla Commissione: «una cinta turrita che abbia forma di corona», circondata da una ghirlanda di fronde della flora italiana. In basso, la rappresentazione del mare, in alto, la stella d’Italia d’oro; infine, le parole UNITÀ e LIBERTÀ. La scelta cadde sul bozzetto di Paolo Paschetto, al quale andarono ulteriori 50.000 lire e l’incarico di preparare il disegno definitivo, che la Commissione trasmise al Governo per l’approvazione, esponendolo insieme con gli altri finalisti in una mostra in Via Margutta. È il febbraio 1947: l’emblema sembrava cosa fatta, ma il traguardo era ancora lontano. 

Insomma non si può dire che l’emblema ebbe una vita semplice. Fu nominata una nuova commissione e il bozzetto vincente archiviato, qualcuno – si legge – lo definì una “tinozza”. Arrivò il secondo concorso, vinto sempre da Paolo Paschetto. Una versione dell’emblema che non ebbe seguito fu poi sostituita da quella che poi è diventato l’emblema della Repubblica Italiana, non senza che vi fossero dei ritocchi da parte della Commissione. La questione arrivò all’Assemblea costituente che, sempre secondo il sito della presidenza della Repubblica approvò l’emblema «con non pochi contrasti». E infine: «Ultimati altri adempimenti e stabiliti i colori definitivi, si arriva al 5 maggio: il Presidente della Repubblica Enrico De Nicola firma il decreto legislativo n. 535, che consegna all’Italia il suo simbolo».

Ma cosa significano gli elementi dell’emblema nella sua versione definitiva? I rami d’ulivo e quercia che cingono la ruota dentata e la stella rimandano rispettivamente alla «volontà di pace»(interna ed esterna) della nazione) e «alla forza e dignità del popolo». Alla ruota dentata invece il compito di illustrare il primo articolo della Costituzione. La stella invece «fu rappresentata nell’iconografia del Risorgimento e così comparve, fino al 1890, nel grande stemma del Regno unitario (il famoso stellone)».

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