Aggiornamento 30 maggio ore 17.21
Il cda di Telecom ha approvato lo scorporo della rete attraverso una nuove società in cui, si legge nel comunicato, «confluiranno attività e risorse relative allo sviluppo e alla gestione della rete di accesso passiva, sia in rame sia in fibra, nonché alla componente attiva della fibra rappresentata da OLT (Optical Line Termination) e Cabinet». «Il nuovo soggetto garantirà a tutti gli operatori (Operatori alternativi e Telecom Italia) l’accesso alla rete fissa, applicando il modello di parità di trattamento denominato a livello europeo di “Equivalence of Input” (EoI)», prosegue la nota. Ora, secondo quanto prevede il Codice delle comunicazioni elettroniche, il management informerà l’Agcom riservandosi eventuali cambiamenti decisi dal regolatore sugli obblighi regolamentari. Proseguono infine le trattative con la Cassa depositi e prestiti per un suo ingresso nel capitale della nuova società.
Ancora un rinvio, ma con una data certa: la decisione definitiva sullo scorporo della rete arriverà entro il prossimo 30 maggio. È quanto ha deliberato oggi il consiglio d’amministrazione di Telecom Italia. Un ritardo che ha un motivo preciso: il 28 maggio il Communication committee della Commissione europea si pronuncerà sul set di regole che l’eurocommissario alle telecomunicazioni Neelie Kroes ha stilato per incentivare lo sviluppo della banda ultralarga.
Secondo quanto risulta a Linkiesta, il percorso sarebbe ancora irto di ostacoli: incumbent (operatori dominanti, ndr) contro Olo (Other licensed operators, acronimo che indica gli operatori non dominanti, ndr), antitrust contro regolatori delle telecomunicazioni e Stati membri contro Bruxelles. Una polarizzazione che sicuramente non accelera il processo di separazione della rete. Non a caso ieri Vodafone, Wind e Fastweb hanno inviato una missiva comune ad Antitrust e Agcom per ribadire la loro contrarietà al possibile allentamento dei vincoli regolatori in capo a Telecom, soprattutto sulla valutazione dei prezzi di “affitto” della rete a prezzi di mercato. Da un lato l’atto di forza della Kroes e dall’altro la multa da 103 milioni comminata di recente dall’Antitrust per abuso di posizione dominante avrebbero dato una spinta decisiva agli Olo per il contrattacco.
Fortunatamente, le indiscrezioni rivelano che al cda odierno ci sarebbe stato un deciso cambio di passo da perte di Bernabé, che avrebbe iniziato a ragionare in termini industriali e non solamente finanziari. Insomma, il vento inizia a cambiare. L’agenzia Bloomberg riferisce di un documento interno in base al quale la valutazione di Telecom della rete in rame, sulla quale sviluppare i servizi a banda larga, sarebbe di 14 miliardi di euro – 6 volte il margine operativo lordo – mentre il progetto, chiamato “Opac”, prevederebbe l’ingresso della Cassa depositi e prestiti con una quota inziale del 30 per cento. La nuova società dovrebbe portare ricavi pari a 4,6 miliardi, ma non è chiaro quanto del debito di Telecom si ritroverà sulle spalle.
Stamani, intanto, è arrivato l’annunciato declassamento del rating da parte di Standard & Poor’s a BBB- con prospettive stabili, l’ultimo gradino sopra il livello “junk”, ovvero “spazzatura”. Ora qualsiasi iniziativa rischia di essere estremamente costosa in termini di interessi sull’ingente debito dell’ex monopolista. Un altro downgrade a junk sarebbe fatale, perché costringerebbe a vendere tutti gli intermediari che non possono tenere in portafoglio strumenti al di sotto dell’investment grade. Oggi il rendimento del bond al 2022, considerato il punto di riferimento per il debito della società, è salito dal 4,2 al 4,35% ma più per l’andamento del Ftse Mib (-3,06%) che per colpa dell’agenzia di rating. A giudicare dal consolidato 2012, l’anno scorso se ne sono andati per interessi 3,5 miliardi su un debito finanziario lordo da 40 miliardi. Il tutto con una cassa di 6,7 miliardi, sempre a fine 2012.
Tanto S&P quanto Moody’s, nel suo credit focus di ieri, sono giunti alle medesime conclusioni su alcuni punti. Primo, per evitare di diventare “spazzatura”, Telecom deve continuare ad avere un debito adjusted pari a 2,8 volte il margine operativo lordo. Secondo: Telecom è troppo esposta nei confronti di un Paese, l’Italia, il cui Pil si contrarrà quest’anno tra l’1,2 e il 2,5 per cento. Per S&P i risultati della controllata Tim Brasil non basteranno a mettere al riparo dal declino del mercato domestico. Secondo Moody’s, invece, la compagnia di tlc continuerà a beneficiare della crescita di Brasile e Argentina, anche se l’incasso dei dividendi da Telecom Argentina è incerto «alla luce dei recenti controlli sulla valuta estera» del governo di Cristina Kirchner.
Moody’s sottolinea inoltre che, al netto del taglio dei dividendi – 450 milioni quest’anno rispetto a 1 miliardo nel 2012 – al management rimangono poche soluzioni interne per «proteggere il profilo finanziario in caso di un’ulteriore forte diminuzione nella performance operativa». Non proprio l’ideale considerando che l’agenzia di rating stima nell’ordine del 2% il calo dei ricavi per il 2012, basandosi sui numeri del primo trimestre.
Questioni finanziarie che hanno un impatto non secondario non soltanto sui bilanci di Telefonica, Intesa, Generali e Mediobanca, ovvero i soci della holding Telco, che detiene il 22,45% di Telecom, ma soprattutto sullo sviluppo dell’Agenda Digitale, una richiesta pervenuta oggi da Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, a margine dell’assemblea annuale dell’associazione. Sul tema il ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato – che ha incontrato Enrico Letta lunedì – ha deciso di porsi in continuità con il predecessore, Corrado Passera. «Sono tre le linee direttrici del governo», ha detto il ministro, «la certezza che la rete di Tlc è un asset strategico per la crescita dell’intero sistema paese; la considerazione che l’azienda è autonoma, privata e quotata in borsa; e il ruolo assunto dalla Cdp i cui investimenti devono risultare profittevoli in un ottica di crescita e sviluppo del Paese». Zanonato ha però ricordato che manca ancora il quadro legislativo sulla golden share, di conseguenza i passi dell’esecutivo saranno orientati a evitare una procedura d’infrazione comunitaria. A distanza di anni da una privatizzazione che il presidente della Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini, ha definito «sbagliata», la pressione sull’ex monopolista rimane altissima.
Twitter: @antoniovanuzzo