Ci risiamo: dopo una fase silenziosa sul tema, ieri Beppe Grillo, “megafono” del MoVimento 5 Stelle, ha riproposto l’idea di un referendum sulla permanenza dell’Italia nell’area Euro. A parte gli aspetti costituzionali della faccenda, un referendum sull’euro rappresenta il modo migliore per scatenare una mortale corsa agli sportelli bancari, con nefaste conseguenze sulla sopravvivenza delle banche stesse. Le banche saranno pure cattivone, ma sono il luogo presso cui teniamo i nostri risparmi.
Non c’è nulla di strano nel fatto che un movimento basato sulla democrazia diretta vada matto per l’idea di sottoporre le principali scelte politiche ed economiche ad una decisione “del popolo”, senza passare dal parlamento. Nella fattispecie, un referendum a proposito della permanenza dell’Italia nell’euro si basa sull’argomento secondo cui la perdita della sovranità monetaria è una delle cause principali – se non la causa – della crisi economica italiana di questi anni.
Quali sarebbero i vantaggi connessi alla riacquisita sovranità monetaria? Il principale vantaggio è quello di potere effettuare svalutazioni competitive, cioè di lasciare che la rediviva valuta italiana perda di valore rispetto alle altre valute, con la conseguenza di spingere -perlomeno nel breve periodo- l’export di prodotti italiani e dunque la produzione totale (il PIL) del nostro paese.
Non sto qui ad annoiarvi sui costi delle svalutazioni competitive, che (1) possono essere controbilanciate da svalutazioni fatte da altri paesi; (2) prima o poi conducono ad un aumento dei prezzi interni -perché le importazioni diventano più care;
(3) spingono le imprese a porre meno attenzione all’aumento della produttività, in quanto rendono più facile la competizione di prezzo con le imprese straniere.
Invece bisogna dire qualcosa sul fatto che l’idea democratica di un referendum su questi temi deve fare i conti con la realtà pratica, che spesso è piuttosto diversa da ciò che vorremmo che sia. Se proprio si volesse la fuoriuscita dell’Italia dalla zona euro, essa dovrebbe essere attuata con grande velocità, evitando fughe di notizie a proposito della data esatta in cui avverrebbe il cosiddetto “change-over”, cioè la trasformazione di depositi e contante nella rediviva “liretta”.
Perché mai agire in maniera “furtiva”? La ragione è presto detta: bisogna evitare come l’acqua il fuoco una corsa agli sportelli bancari da parte di una massa abnorme di cittadini che cercano di prelevare i propri depositi in euro appena prima del cambio della moneta. E perché mai i cittadini non se ne stanno buoni buoni a casa a guardare un bel talk show politico? Beh perché la nuova moneta varrà sicuramente di meno dell’euro, che continua ad essere in vigore nel resto dei paesi appartenenti all’EuroZona.
Nessuna banca ha riserve sufficienti per restituire i depositi a tutti i propri clienti “in una botta sola”, con la consequenza che anche chi non teme una svalutazione eccessiva della nuova moneta correrà in banca per portare via in tempo i propri depositi e salvarli dall’eventuale fallimento della banca. Attenzione: la situazione è leggermente migliore se lo stato assicura i depositi dei propri cittadini – almeno fino ad un certo importo – di fronte ad un rischio di fallimento bancario. Ciò può indurre i cittadini a temere di meno il fallimento bancario stesso, mentre nulla li assicura contro la svalutazione dei propri risparmi.
Ci sono dunque buone ragioni per un approccio furtivo e veloce al change-over, da coro “Zitti Zitti” del Rigoletto. Tutto questo discorso dice molto male per un referendum sulla permanenza nell’euro. Se la data del referendum fosse fissata, per non saper né leggere né scrivere molti cittadini si porterebbero avanti e preleverebbero i propri depositi bancari, appunto perché con una certa probabilità il referendum potrebbe avere esito positivo.
Ammettiamo pure di volere la fuoriuscita dell’Italia dall’euro (se non si è capito, c’è da essere molto contrari): se si desidera ottenere ciò, il referendum è precisamente il meccanismo peggiore per ottenere la cosa. Con buona pace degli alfieri vecchi e nuovi della democrazia diretta.
Twitter: @ricpuglisi