È vero che il Movimento Cinque Stelle non è morto ma il risultato delle amministrative è ampiamente sotto le aspettative. Stando ai primi dati, a Roma il M5S dimezza il proprio peso, passando dal 28 per cento delle ultime Politiche al 13 per cento. In Valle d’Aosta i grillini si fermano al 6,6 per cento. Al 6,3 a Vicenza, 6,6 a Brescia, il 7,5 a Siena. Una battuta d’arresto era quasi fisiologica e commetterebbero un errore ancora più grande i partiti tradizionali nel ritenere Grillo e i grillini un pericolo ormai scampato (lo abbiamo scritto nel nostro corsivo). Ma la sconfitta è evidente nonostante in retemolti militanti facciano orecchie da mercante, non di rado con giustificazioni in stile di Prima Repubblica.
È vero che le Amministrative non sono le Politiche. Le elezioni locali hanno tutt’altro significato. Una cosa è votare il Movimento Cinque Stelle quando si deve rinnovare il Parlamento. Con il desiderio neppure troppo celato di fare piazza pulita e mandare a casa i politicanti di mestiere. Altra cosa è scegliere gli amministratori della propria città.
È vero che alle Comunali non si vota con il Porcellum. Il sistema elettorale non prevede liste bloccate. I candidati devono fare campagna sul territorio, cercarsi le preferenze tra la gente. Alle Amministrative è battaglia vera, senza esclusione di colpi. E in questo i partiti tradizionali hanno spesso una marcia in più.
È vero che la campagna elettorale di Roma non è costata che pochi euro. Nulla, in confronto alle fortune spese dai candidati più accreditati che hanno tappezzato la città di manifesti, riempito le radio e le tv locali di spot elettorali.
È vero che le elezioni in Valle d’Aosta sono importantissime, in Valle d’Aosta. Ma molto meno nel resto del Paese. Soprattutto per il numero degli elettori chiamati alle urne, piuttosto limitato rispetto alle altre regioni.
È vero che alle scorse elezioni amministrative romane il M5S aveva conquistato il 2 per cento dei voti. E se paragonato a quel risultato, il dato di oggi rappresenta una indubbia crescita di consensi.
È vero che tutti le principali società di sondaggi continuano ad accreditare il Movimento Cinque Stelle come uno dei principali attori sul panorama politico italiano. A livello nazionale, stando alle intenzioni di voto, il M5S resta uno dei tre movimenti preferiti dai cittadini.
È vero che il nome di Beppe Grillo non era sulle schede elettorali. Certo, l’ex comico è stato il protagonista del comizio finale a Roma. A Piazza del Popolo. Ma nel segreto dell’urna, scorrendo le liste dei candidati, gli elettori si sono trovati di fronte a perfetti sconosciuti.
È vero che l’astensione continua a crescere. Ormai il primo partito è quello di chi non vota più. A Roma il numero degli elettori è sceso di oltre 20 punti percentuali rispetto alle ultime elezioni comunali.
È vero che alle amministrative il voto d’opinione paga spesso dazio. Soprattuto nei piccoli centri e nelle circoscrizioni delle grandi città gli elettori finiscono per scegliere parenti, amici, conoscenti. Tutto a discapito dei candidati meno conosciuti.
È vero che Marcello De Vito forse non era il candidato sindaco più adatto. Poco conosciuto dai cittadini romani, poco esperto di amministrazione pubblica. Anche in televisione e durante i comizi non è sempre sembrato all’altezza del compito.
È tutto vero. Ma stavolta il Movimento Cinque Stelle ha perso le elezioni. Significa che dal grande successo elettorale di febbraio a oggi è stato compiuto più di qualche errore. L’inversione di tendenza è evidente. Il M5S ha perso una fetta del proprio elettorato, che stavolta ha preferito disertare le urne piuttosto che esprimere un voto di protesta. Tutto va contestualizzato, le scuse e le giustificazioni restano numerose, ci sarà tempo per le analisi più approfondite. La sconfitta del M5S resta innegabile…