Attraversa le piccole stanze dell’Appartamento di riserva del Palazzo Reale di Milano, la signora Luisa, e un po’ si commuove: «Mi sembra di sentire la sua voce». Sua figlia Caterina non si stupisce: «La mamma è stata saccheggiata dalle cose che aveva in casa…». La signora Luisa è la vedova di Guido Crepax, artista milanese scomparso dieci anni fa. La voce che la signora Luisa vorrebbe aver sentito è la sua. Sta visitando la mostra allestita sul marito, il creatore di Valentina, figura cardine della storia del fumetto. Durerà fino al 15 settembre. L’ingresso è gratuito, ragione in più per non farsela scappare.
Per la prima volta, ad essere in primo piano non è il personaggio ma l’autore. Valentina domina ogni parete, ovvio (e non solo lei: ci sono anche Bianca, Anita, Belinda…): in un video, un’invecchiatissima Luoise Brooks manda messaggi d’amore all’autore, lusingata di essere stata scelta come musa (insieme a Lou Salomé – e a Luisa, naturalmente). Ma al centro dell’attenzione c’è Crepax, e il suo rapporto con il mondo e i tempi in cui era immerso, tra fumetti, giochi, illustrazioni per copertine di dischi e periodici, scenografie per il teatro. E con un fil rouge che lega i fumetti alla fotografia e al cinema. Il bianco e nero di Crepax, sempre netto, a volte grattato da una lametta (trucco da architetti), mai in chiaroscuro, deve molto agli scatti e alle macchine da presa. La stessa Valentina Rosselli è una fotografa. Molte vignette, prime di essere tali, sono state inquadrature. E non si contano, nelle tavole, gli omaggi ai grandi della Settima Arte.
L’unione di film e fumetti, per Crepax, viene da lontano. Sfollato a Venezia (città della famiglia d’origine, i Crepas) ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, non rinunciava a rifugiarsi in un cinema ogni volta che poteva. «Finito il film, tornava a casa per farne una specie di riduzione in immagini su dei piccoli album», racconta la moglie. «La tavola a fumetti la sconvolgeva con l’occhio del regista. Avrebbe fatto quel mestiere, se non avesse disegnato», ricorda Caterina. Tra i maestri preferiti c’era Bergman. In una storia di fine Sessanta, iniziata da uno sparo, dopo un’intera pagina senza suoni lo vede urlare «Silenzio!» al set. E il look di certe avventure fantascientifiche sembra richiamare “Guerre Stellari”, ma risale a un decennio prima.
Di Valentina si dice spesso che abbia anticipato le mode. La verità è che le sue storie, per quanto surreali, sono attraversate dalla realtà. I «costumi di scena» dell’eroina – quando è vestita… – riflettono la moda dell’epoca. Lo testimoniano le foto esposte messe a confronto con i disegni che hanno ispirato. Poi c’è il design: i Crepax, borghesi di sinistra del centro di Milano, frequentavano una bella fetta dell’intelligencija cittadina ed erano aggiornatissimi su tutte le novità culturali. Non è raro trovare, a casa di Valentina e in altri ambienti disegnati, la lampada ad arco di Castiglioni o la classica sedia Thanet. Spendeva molto tempo a documentarsi, Crepax: «Ricordo questi libroni di oggetti da comprare per corrispondenza, cataloghi che usava come fonte», dice il figlio Antonio, curatore con i fratelli dell’Archivio Crepax.
Circolavano volumi anche più nobili, nella casa-studio di San Babila. Ad esempio l’Encyclopedie di Diderot e D’Alambert: un regalo dell’editore Franco Maria Ricci (la si può sfogliare in mostra). Ad essa si ispira una gemma esposta per la prima volta: un ciclo di illustrazioni che mostrano Valentina dentro le tavole dei mestieri ispirate alla grande opera settecentesca. Una meraviglia. Il pennino di china di Crepax è, in esse, più acuminato e sottile che mai. Sembra davvero che riproduca l’asciuttezza di pensiero degli illuministi. Del resto, per chi ama il disegno, la mostra rappresenta una gioia per gli occhi. Si comincia da lontano, dalle sagome che Guido ritagliava da bambino, con eccezionale perizia. In novanta tavole si può osservare l’evoluzione del segno di Crepax: partito come un omaggio agli autori americani degli anni Quaranta e Cinquanta, si è fatto sempre più teso, pulito, rarefatto. Mai una sbavatura, nei disegni nati su rigidi cartoncini Schoeller. «Una volta, in una galleria d’arte, vennero scambiati per stampe», ricorda la signora Luisa.
Non vanno poi dimenticate le elegantissime copertine firmate per i dischi jazz prima che Valentina nascesse sulle pagine di Linus, nel 1965. Con Jerry Mulligan, sassofonista di fama, erano amici. Ma da Crepax era di casa anche Claudio Abbado, compagno d’infanzia: i rispettivi genitori suonavano insieme alla Scala. Le storie di Valentina hanno sempre un ritmo musicale – più jazz che classica, a dire il vero. E, dato che Crepax aveva studiato architettura, le tavole «erano prospettive, piante, alzati»: lo sostiene il figlio architetto Giacomo. Ognuna di esse è parte di una storia, eppure paiono opere compiute in sé. E pensare che molte Crepax le ha vendute perché sì, a loro ci teneva, ma ciò che gli stava più a cuore era il libro di cui avrebbero fatto parte.
Sala dopo sala, si segue l’organizzazione tematica, che culmina nei lavori più letterari, gli adattamenti dei classici della letteratura: a colpire, tra l’altro, c’è un grande ritratto di Franz Kafka. Un posto a parte lo occupano i giochi da tavolo che rappresentano la dimensione più privata della creatività di Crepax. Nascono dalla sua passione per la storia e l’epica: «Mamma cucinava, e lui accanto le leggeva l’Orlando Furioso», ricorda Antonio. Di solito riproducevano battaglie: il disegnatore inventava le regole, ritagliava e dipingeva ogni figura, creava la tavola su cui muoverle. Attorno ad esse si riunivano personaggi come Abbado, il poeta Giovanni Raboni, il pittore Emilio Tadini. Non frequentava molto gli altri disegnatori. Neanche il suo preferito, Dino Battaglia. Una volta, l’argentino Quino lo invitò a comprare un terreno in Patagonia, per costruirci una città ideale. Ma Crepax era un viaggiatore immobile: stava sempre a casa, in famiglia, con lo stereo acceso a tutto volume, a disegnare al tavolo del nonno che in mostra si può ammirare subito, appena si entra. In una tavola si vede Valentina volare e fotografare: «da buona milanese, Valentina lavora anche quando sogna», informa la didascalia. Un po’ come il suo milanesissimo creatore.