«Il voto delle ultime amministrative ci conferma che Beppe Grillo è forse più simile a Mario Segni che a Umberto Bossi. E che il Popolo della Libertà di Berlusconi non esiste più». Paolo Feltrin, professore di politiche sociali all’Università di Trieste, commenta con Linkiesta il risultato delle ultime elezioni amministrative e analizza la situazione di centrodestra, centrosinistra e Movimento Cinque Stelle, soffermandosi in particolare su Beppe Grillo e Silvio Berlusconi. «Il Partito Democratico alla fine ha retto. E lo ha fatto affidando il partito e il governo a un ex socialista e un ex democristiano, Guglielmo Epifani e Enrico Letta: il vecchio Pci non è riuscito a costruire una vera classe dirigente di governo».
Quindi chi ha perso queste elezioni?
I dati ci confermano i risultati delle elezioni politiche di febbraio. Il centrodestra incappa in una delle sconfitte più pesanti degli ultimi 20 anni.
Perché?
I motivi sono molteplici, ma restando ai dati basta ricordare che il Pdl e la Lega Nord hanno perso 8 milioni e mezzo di voti. Hanno perso venti punti percentuali. È la sconfitta più pesante di una coalizione dal dopoguerra a oggi. Alla fine di febbraio è stato fatta una valutazione sbagliata: a perdere è stato il centrodestra.
In che senso sbagliata?
Nel senso che il curioso tentativo di Pier Luigi Bersani di accordarsi con il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo ha esaltato il ruolo «di responsabilità» del Pdl. La sconfitta di Berlusconi è stata ridimensionata, mentre in realtà è stato il vero risultato negativo delle ultime elezioni.
E Grillo?
Direi che quello che emerge alle ultime elezioni è che Beppe Grillo è molto più simile a Mario Segni piuttosto che a Umberto Bossi. Nel ’94, nati sulle macerie di tangentopoli, fecero l’emplein, ma solo il secondo con la Lega Nord si è sedimentato in politica. Il primo prese molti voti e fu determinante, ma poi finì nel dimenticatoio: così penso finirà per i grillini.
Tornando al Pdl non crede che la debacle a questi ballottaggi sia dovuta pure alla scomparsa di Silvio Berlusconi? I berlusconiani sono scomparsi ormai da tutti i capoluoghi di provincia, tra cui Milano e Roma.
Ma non è solo questo. Berlusconi quando sente odore di sconfitta preferisce non metterci né la faccia né la firma. Se non ci fosse stato lui forse a febbraio il Pdl avrebbe perso 12 milioni di voti, invece di 8.
Ovvero?
Quel voto che andò a Segni nel ’94 va diviso oggi in due parti. La parte di sinistra è tornata nel Pd, mentre quella di centrodestra si è astenuta.
E poi c’è la Lega Nord che perde ovunque
Non diamo per morta la Lega. A volte mi sembra un gatto dalle sette vite. E’ evidente che in questo momento c’è una crisi di consenso, strategica e di leadership. La Lega funzionava quando era rivoluzionaria, gli servirebbe un leader come Bossi che in questo momento non può sicuramente dare il suo apporto. Eppure alcuni movimenti rivoluzionari sono riusciti a sopravvivere nella storia.
Quali per esempio?
Penso al Partito Socialdemocratico tedesco, ma dentro la Lega in questo momento è evidente che Maroni non ha una leadership forte per un movimento che chiedeva la secessione. Ora è rimasta a una macroregione dai contorni troppo indefiniti.
E il Popolo della Libertà che fine potrebbe fare? Le elezioni europee e amministrative sono tra meno di un anno
Il centrodestra deve reinventarsi, deve almeno recuperare 10 punti dei 20 persi per strada. Le prossime europee e regionali del 2015 saranno un primo banco di prova, purtroppo però anche qui i leader iniziano a vacillare.
Berlusconi è ancora in sella
Ha quasi 80 anni. Il voto che ha sancito la sconfitta di Gentilini a Treviso è indicativo. I cittadini hanno visto un sindaco che avrebbe avuto 89 anni alla fine del mandato e hanno preferito scegliere l’altro candidato sindaco.
E il Partito Democratico?
Le sconfitte degli anni passati hanno insegnato qualcosa. I bagni di sangue li ha già passati. Ora ha affidato governo e partito a due esponenti che hanno una cultura politica della prima repubblica, come Letta ed Epifani. E il prossimo segretario potrebbe arrivare sempre da lì.
Matteo Renzi?
Arriva anche lui dalla sinistra della Dc…