Raccontano in Commissione Affari Costituzionali che quando l’hanno vista alzarsi e chiedere se fosse intenzione del suo partito e del Pdl affossare il ddl sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, qualcuno abbia detto: «Ma chi è quella lì?». Maria Elena Boschi è una giovane parlamentare del Partito democratico, fedelissima di Matteo Renzi. Ha 32 anni, e ieri ha strigliato i componenti della I commissione di Montecitorio che hanno votato a maggioranza la proroga della discussione sul ddl sull’abolizione del finanziamento pubblico. «Perché guardi, io sono un avvocato e possiamo discutere in maniera anche tecnica. Ma voglio proprio vedere cosa gli spiegheranno agli italiani se non dovessimo approvare il ddl sull’abolizione del finanziamento ai partiti».
Onorevole Boschi, il 31 maggio scorso in Consiglio dei ministri il governo Letta ha approvato un ddl sull’abolizione dei rimborsi elettorali ai partiti. Ieri la Commissione Affari Costituzionale ha chiesto una proroga perché sarebbe un tema delicato e andrebbe discusso con maggiore approfondimento. Ma lei da componente della Commissione si è alzata e ha chiesto se fosse intenzione del suo partito – il Pd – e del Pdl affossare il ddl. Un bel coraggio…
La proroga è stata chiesta da Pd e Pdl, ma anche dal M5S. Sono d’accordo che sia un tema delicato. Ma io ho chiesto che venisse ribadita la necessità di una scadenza certa, che dovrà essere stabilita con l’ufficio di presidenza. Un termine che sia breve, perché voglio evitare che si indichi il ddl come una priorità e poi si congeli tutto. Insomma passiamo dalle parole ai fatti…
Ma lei in Commissione ha percepito una mancanza di volontà?
È una preoccupazione personale. Certo, chiedere 12 audizioni, anche internazionali, mi sembra un po’ eccessivo. L’ultima normativa in materia di finanziamento pubblico ai partiti è stata approvata con il governo Monti. Detto questo ci sarà una base da cui partire. È la base risultati di sei mesi fa, mica di 20 anni fa. Oltretutto anche quando abbiamo affrontato altri temi, come il caso staminali, non è che abbiamo chiesto 12 audizioni. Io sono alla prima legislatura, tuttavia mi sembra che 12 audizioni siano eccessive. Ripeto, sarà un tema delicatissimo, importantissimo, ma se davvero abbiamo detto che è una priorità, dimostriamolo…
A ogni modo il Pd è più diviso che mai anche su questa materia. Voi renziani avete presentato un ddl, altri democratici avrebbero fatto altrettanto. E poi c’è chi, come Ugo Sposetti, ex tesoriere dei Ds, continua a essere contrario. E non sarebbe il solo…
Che il Pd sia diviso non credo sia una novità. Però apprezzo chi, come Sposetti, che di certo ha una posizione distante dalla mia, accetta il confronto e risulta trasparente. Mi piace più chi fa così rispetto a chi indica il ddl come una priorità e poi la tira per le lunghe senza trasparenza. Lo dico anche al Pdl: siamo coerenti!
In realtà, se il governo avesse voluto velocizzare avrebbe potuto approvato un decreto anziché un ddl.
Sì, ma capisco il governo. In questo modo ha allargato il confronto ai partiti.
Alla luce del ddl del governo, quali saranno i nodi più delicati da sciogliere?
Non siamo ancora entrati nel merito. Di certo terremo in considerazione anche gli altri ddl presentati, come ad esempio quello presentato da noi renziani. Quindi da un lato si discuterà sull’organizzazione dei partiti, rispetto all’attuazione dell’art.49. Dall’altro la discussione verterà strettamente sui finanziamenti: l’opportunità o meno del 2 per mille, gli spazi tv e l’utilizzo degli immobili…
Quali sono le differenze fra il ddl renziano e quello del governo?
Nel nostro non c’è il 2 per mille, ma la contribuzione solo su base volontaria dei privati, prevedendo delle opportune detrazioni fiscali, e, sopratutto, dei limiti per la contribuzione, che sono ancora più stringenti di quelli del governo. Anche nel nostro ddl è prevista una gradualità di applicazione. Del resto ci vuole un po’ di tempo per poter entrare a regime, tenendo conto anche della presenza di dipendenti assunti dai partiti.
Ddl a parte, la discussione all’interno di ☛ Largo del Nazareno si concentra sulla discesa in campo del primo cittadino di Firenze in vista del congresso che dovrebbe tenersi entro l’anno. In un’intervista al Foglio Matteo Renzi ha annunciato che la prima settimana di luglio scioglierà la riserva. Da cosa dipenderà?
Purtroppo non ho elementi. Non ha ancora deciso, e le posso assicurare che è sincero. In queste settimane ne abbiamo parlato con alcune persone che gli stanno a fianco da anni…
Dipenderà dalle regole che usciranno dalla commissione congressuale?
Io credo che la cosa migliore sia cercare di mantenere le regole così come stanno. A ogni modo, per evitare sospetti, è bene che le regole siano discusse prima: a bocce ferme, come si dice dalle mie parti.
La separazione della carica di segretario da quella di leader del centrosinistra è forse il principale nodo da sciogliere. C’è chi come Massimo D’Alema avrebbe proposto che non necessariamente il segretario debba essere il candidato premier.
Io non faccio parte del comitato per le regole congressuale, ma questa volta mi trovo con Massimo D’Alema. Del resto, anche adesso abbiamo un Presidente del Consiglio che non è il segretario del Pd. Io dico che ci deve essere un’apertura. A seconda della situazione in cui ci troviamo si può spingere in un verso o in un altro, dando così una maggiore flessibilità alla norma statutaria.
Se no, come riportano alcuni retroscena giornalistici, Matteo Renzi potrebbe lasciare il Pd, e far nascere un nuovo partito…
No guardi, questo lo escludo. Il Pd è la nostra casa, ci stiamo benissimo. Un conto è il partito personale, che io non condivido, un conto è avere un leader. E i partiti come il Pd hanno bisogno di un leader forte. La mancanza più forte dopo il risultato elettorale dello scorso febbraio è stata l’assenza di una leadership.
(Maria Elena Boschi, classe ’81, della provincia di Arezzo, avvocato in un studio che si occupa di diritto societario, varca per la prima volta l’ingresso di Montecitorio lo scorso marzo. Il primo contatto con il Pd risale al 2009, in occasione delle primarie fra Pier Luigi Bersani e Dario Franceschini. Sorride quando le chiediamo se ha votato Franceschini: «Sì, ero con lui». Poi il primo Big Bang, l’ingresso nella segreteria del Pd di Firenze, le primarie dello scorso novembre fra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi: «Mi svegliavo alle cinque di mattina per scrivere gli atti, e dopo pranzo partivo con il camper per la campagna elettorale». Infine l’elezione alla Camera dei deputati: «Mi è cambiata la vita: quella che era la mia passione è diventato il mio lavoro»)
Twitter: @GiuseppeFalci