I due giorni di udienza a Karlsruhe sul programma di acquisti di titoli sovrani da parte della Bce sono stati osservati in silenzio, ma con grande apprensione in tutto il mondo. Apprensione rivelatasi con chiarezza sui mercati finanziari, già preoccupati dalla possibilità che la Federal Reserve possa fermare l’operazione di quantitative easing e dai dubbi sulle misure di stimolo per l’economia nipponica. La Casa Bianca ha osservato con grande attenzione senza profferire parola, mentre la stampa anglosassone ha dato massimo rilievo alla questione. Anche Pechino, sempre più impegnata sul mercato dei titoli di Stato europeo, ha seguito la vicenda.
Il fatto è che un po’ tutti – fuori dalla Germania – tifano per la Bce e fanno i debiti scongiuri che la Corte costituzionale tedesca non crei ostacoli al programma di Outright Monetary Transactions. La pressione sugli alti giudici è fortissima, e sembra di capire che questi si sarebbe volentieri risparmiato questo intricato rebus giuridico – visto oltretutto che le corti nazionali non hanno giurisdizione sulla Bce, che è di puro diritto Ue.
A farsi «portavoce» dell’apprensione internazionale per quello che potrà decidere la Corte tedesca è stata Christine Lagarde, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale. La stessa che nell’estate 2012, si sperticò in lodi per Mario Draghi, per il suo ormai celebre «whatever it takes» e per il lancio del programma Omt. La Lagarde ha rilasciato un’intervista alla Süddeutsche Zeitung, uno dei maggiori quotidiani tedeschi, lanciando chiari moniti, per quanto indiretti, ai giudici di Karlsruhe. Senza il lancio dell’Omt, ha avvertito il direttore generale del Fondo Monetario, «oggi in tutta l’eurozona vi sarebbe stagnazione economica, una disoccupazione ancora più elevata e ancor più tensioni sociali». In effetti, ha proseguito la francese, «la decisione della Bce di attivarsi ha cambiato tutto. Il programma Omt ha impedito una catastrofe e ha aiutato a rendere la politica monetaria più efficace». Chiudendo con parole enfatiche: «credo che, quando sarà scritta la storia del nostro tempo, l’azione delle banche centrali, prima fra tutte la Bce, sarà valutata come passo decisivo per il superamento della crisi».
Già, peccato che Andreas Vosskuhle, presidente della Corte costituzionale tedesca, abbia prontamente commentato che «non è il successo dell’operazione oggetto dell’udienza, altrimenti significherebbe che il fine giustifica i mezzi». In realtà la corte costituzionale, che pure è gelosa della sua indipendenza (fu messa nella remota Karlsruhe proprio a segnalare la distanza anche geografica dal potere politico, allora a Bonn, poi a Berlino), non è insensibile all’impatto potenzialmente devastanti per tutta l’eurozona di eventuali suoi pronunciamenti. Non è un caso che finora, sia pure con alcune precisazioni, abbia alla fine bocciato tutti i ricorsi presentati via via dagli anti-euro tedeschi, dal salvataggio della Grecia ai fondi salva-stati Efsf e Esm.
Gli occhi del mondo sono ovviamente puntati soprattutto sugli unici che possono direttamente sostenere la Bce di fronte alla Corte, e cioè esponenti del governo tedesco. Il quale, fortunatamente, dopo aver dato la sua “benedizione” a Draghi nel 2012, lo difende a spada tratta. Lo ha fatto, da Berlino, la stessa cancelliera Angela Merkel, «non ho alcun dubbio – ha dichiarato – che la Bce con le sue misure contro la crisi si muova all’interno del suo mandato. La Bce fa quel che è necessario per mantenere la stabilità monetaria». E, direttamente di fronte ai giudici, di fatto avvocato difensore dell’Eurotower è stato il ministro delle Finanze Wolfgagn Schäuble. «Mi sembra poco immaginabile – ha dichiarato – che tribunali tedeschi possano sentenziare direttamente sulla legittimità di azioni della Bce. Vi sarebbe il pericolo che la Bce si veda ricevere prescrizioni giuridiche del tutto contraddittorie da diverse corti costituzionali degli stati membri dell’eurozona».
La pressione si vede anche in modo per così dire plastico. Ha fatto il giro dei corridoi del tribunale a Karlsruhe la scena dei Ulrich Häde, il professore che rappresenta giuridicamente il governo federale, che con un lungo discorso ha cercato di convincere lo stesso Vosskuhle che «ci sono banche centrali che continuano ad esistere anche se continuano a fare perdite». «Vuol farmi credere che grandi perdite di fronte a finanziamenti di Stati sia robetta da Topolino?» è sbottato il giudice. Salvo poi aggiungere: «non è che stiamo dicendo che c’è stato finanziamento diretto di Stati membri (vietato dal trattato Ue ndr), ma c’è consenso che ci siamo molto vicini, anche se è difficile indicare i confini del mandato monetario». Parole che hanno fatto sperare i fautori della causa contro la Bce, anche se gli esperti scommettono che al massimo la Corte esprimerà alcune precisazioni generiche. Del resto la tensione è anche nei confronti degli autori del ricorso, che non fanno che accusare la Bce di scavalcare il controllo democratico del Parlamento tedesco. «Che cosa volete che faccia il Bundestag? – è sbottato un altro giudice costituzionale, Peter Müller – convocare Mario Draghi e minacciarlo di tortura?».
Non sarà facile per i giudici costituzionali tedeschi stabilire se, come sostiene il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, la Bce abbia ormai travalicato i limiti del suo mandato e la sovranità democratica della Germania sia violata dal programma inventato da Draghi. Ha però colpito, indubbiamente, che Jörg Asmussen, il membro tedesco del board della Bce e colui che ha rappresentato l’Eurotower a Karslruhe, si sia affannato a spiegare che nonostante l’annuncio di acquisti «illimitati» di titoli sovrani in caso d’emergenza, in realtà dei limiti vi saranno. «Ecco, vedete – ha commentato soddisfatto Peter Gauweiler, deputato dei cristianosociali bavaresi e tra i più accesi avversari dell’euro e di Draghi – la Bce sta già facendo macchina indietro, è già un successo». Speriamo che i mercati non la vedano allo stesso modo.