Lo streaming logora chi non ce l’ha. E lo streaming “cattivo” dei processi in diretta, soccombe contro quello “buono” e gioioso di Rosario Fiorello e della sua EdicolaFiore. La grande possibilità (mancata) di condivisione del Movimento 5 stelle, diventa una controproducente autocensura. Senza rendersene conto, il grillismo ha cambiato pelle, e ha pudore a mostrarsi, a immortalare nella rete il suo nuovo volto.
Se avessimo visto in streaming quelle quattro ore di farsa del processo ad Adele Gambaro – infatti – il M5S oggi sarebbe precipitato probabilmente al 2% dei voti. Il movimento che aveva fatto della democrazia diretta la sua parola d’ordine – insomma – si salva grazie all’oscurità, grazie alla cortina protettiva del no alla diretta sul suo dibattito. Che poi è la negazione di un principio di trasparenza un tempo considerato irrinunciabile. Ha detto con perfida sintesi Lia Celi: «Ormai la telenovela del Movimento 5 Stelle sembra un incrocio tra Amici e la Fattoria degli animali, tra le eliminazioni dirette dei reality e le pratiche totalitarie raccontate da Orwell». Giusto.
Ed è vero che di fronte a questo ennesimo scossone, di fronte all’ultima purghetta a cinque stelle, la prima tentazione è quella di sottrarsi al chiacchiericcio e ai luoghi comuni. Ma subito dopo non si può non osservare che quello che sta accadendo è troppo importante per essere derubricato a bega interna. Se il M5S si scinde e nasce un altro gruppo, infatti, si apre un “secondo forno”, la possibilità, almeno teorica di un’altra maggioranza politica. C’è quindi un grande terremoto di possibili alleanze che si nasconde dietro questa sorta di Amici dove Beppe Grillo prende il posto della De Filippi. In questi giorni lo streaming “cattivo” che non si può far vedere si contrappone allo streaming “buono” che fa record di ascolto. Da un lato lo streaming che processa, e che diventa un boomerang, dall’altro quello che dissacra, fa sorridere, e diventa un antidoto alla crisi. In fondo, Il movimento che dice di essere nato dalla rete, non dovrebbe avere mai paura della rete. Ed è per questo che il mancato streaming è molto più di una scelta tecnica, un fatto politico: se volesse salvare il suo tesoro elettorale (e il senso del miracolo che ha costruito) Beppe Grillo dovrebbe imparare da Fiorello, e restituire alla propria comunicazione il segno gioioso, caustico ma ironico, che aveva agli esordi, e non quello inquisitivo, e vagamente lugubre che ha assunto oggi.
Twitter: @lucatelese