L’importante è partecipare. Storia di Olimpiadi ed eroi

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Secondo gli storici più incalliti il giorno ventidue di giugno dell’anno 776 avanti Cristo fu di quelli da ricordare nei secoli. Presero il via quel dì, sulle pendici del monte Olimpo affollato da tutti gli dei, i primi, primissimi Giochi olimpici. Roba da far tremare le vene ai polsi.

Come facessero i greci di allora a sapere di essere avanti Cristo, essendo Cristo nato molto più in là, questo non lo so. So, però, che scelsero proprio quell’evento d’inizio estate, tra dischi e giavellotti, per cominciare il loro di calendario, secondo il quale saremmo oggi nell’anno 2789 dalla prima Olimpiade.

il racconto

CORRI, PIPPO, CORRI!
Era uno di quei giorni di fine estate… Quale di preciso non si sa, ma c’è chi dice che fosse il dodici di settembre, nell’anno 490 avanti Cristo. L’aria si faceva frizzante, soprattutto per chi stava a due passi dal mare e se il mare era quello di Grecia, meglio ancora. Tanto era frizzante quell’aria e di Grecia quel mare, che il re Dario I di Persia ritenne opportuno conquistare la spiaggia e, già che c’era, la Grecia intera, brezza serale compresa. Fanno così, spesso, i re: o tutto o niente, al contrario dei filosofi, che il più delle volte si sanno accontentare. E di filosofi, da quelle parti, ce n’erano in ogni città.
Per fare bene le cose, re Dario portò all’arrembaggio il triplo di soldati, rispetto ai diecimila ateniesi che stavano sulla costa a difendere le loro terre. Ma la battaglia non finì tre a uno per loro, anzi! Sulla piana, lungo le coste dell’Attica, a pochi passi dalla cittadina di Maratona furono i greci a trionfare, accoppando senza indugio buona parte degli aggressori e facendo fuggire a vele spiegate chi ebbe la buona sorte di non esser fatto fuori.
Alla sera, con un piacevole venticello a rinfrescare l’aria, il generale ateniese Milziade si godette un meritato tzatziki in compagnia dei suoi prodi e si apprestò a liberare il campo dai cadaveri e dai brandelli d’armamento. Già che c’era, però, chiamò a sé un giovanotto, tale Filippide, che di professione faceva il messaggero. Lo guardò dall’alto in basso, come fanno i generali, si prese qualche secondo di pausa, per creare un’atmosfera solenne, quindi ordinò:
«Corri, Pippo, corri più forte che puoi fino alla nostra bella capitale Atene e annuncia al popolo tutto la vittoria d’oggidì. Che si festeggi fino all’alba!»
Non era lontanissima, Atene da Maratona, ma non era nemmeno dietro l’angolo: quarantadue chilometri, più o meno, più più che meno. Nulla, comunque, che potesse intimorire il soldatino Filippide che, obbediente, si mise al galoppo verso la città capitale. Al galoppo senza cavallo, però, e sai che male ai piedi?!
Fatto sta che Pippo corse i cento metri in nove secondi e otto, poi i duecento in altri venti secondi, quindi i quattrocento, senza mai fermarsi a prendere fiato. Non soddisfatto, corse a più non posso gli ottocento metri, che se ci provo io mi viene il mal di tutto alla prima curva. Poi i millecinque, i cinquemila e, per fare cifra tonda, corse pure i diecimila metri, sempre in direzione Atene, sempre senza riposarsi un istante. Di più: tra una corsa e l’altra, per rompere la monotonia e per superare qualche ostacolo lungo il tragitto, Pippo fece un salto in lungo di quasi otto metri, poi un salto triplo, un salto in alto e, oltre le mura più alte di cinque metri, pure il salto con l’asta. Bravo! Di più: afferrò un giavellotto e lo scagliò più lontano che poteva e lo stesso fece con un peso, un disco e un martello, che la gente corse in casa a indossare l’elmetto, che non si sa mai…
Ma alla fine Filippide ad Atene ci arrivò, come da ordine impartito, ancorché stanco, stravolto, sudato da capo a piedi, ma con un sorriso carico d’orgoglio.
Con le ultime forze raccattate chissà dove, arrivò fino alla porta del sindaco, suonò il campanello e, finalmente, prese fiato.
Il sindaco aprì avvolto in un accappatoio bianco e azzurro, con uno spiedino di frutta candita in una mano e un cocktail al pompelmo nell’altra.
«Dica…» Borbottò.
Pippo, con gli ultimi refoli di fiato, ansimò due sole parole e un punto esclamativo: «Abbiamo vinto!» Poi stramazzò al suolo morto stecchito, che lo spiedino al sindaco andò mezzo di traverso.
Povero Pippo, che brutta fine…
Però, anche tu, non potevi prendertela un po’ più comoda? Non potevi fermarti a un chiosco a metà strada e rinfrescarti con una limonata? Non potevi sbranarti un leprotto arrosto? Non potevi fare autostop o mandare un piccione viaggiatore? Filippide, ti pare il caso di andartene così, senza nemmeno dare un bacio alla fidanzata?!
Però è anche vero che è per quello che ti si ricorda ancora oggi: sei famoso perché sei morto e per celebrare la tua corsa sfrenata si gareggia oggi nelle maratone di tutto il mondo: quarantadue chilometri, più più che meno. Senza morte, niente fama ma soprattutto niente maratona e, visto che ormai sei defunto e non ci si può far nulla, tanto vale mettersi a correre anche noi, badando magari di arrivare vivi al traguardo.

la fotografia

Lo stadio di Olimpia era situato a oriente del tempio di Zeus e vi si svolgevano prevalentemente le gare di corsa. In occasione dei Giochi Olimpici del 1896, ad Atene fu costruito uno stadio simile, il Panathinaiko, più lungo che largo, in marmo, con una vista spettacolare. Fu lì che, in quel lontano sei di aprile, ebbero inizio le prime Olimpiadi dell’era moderna, che tutt’ora, ogni quattro anni, entusiasmano sportivi e spettatori nel mondo intero.

il video

È italiano il più famoso corridore di maratona della storia dello sport. Il baffuto Dorando Pietri, garzone di una panetteria, era solito trascorrere le sue mattinate correndo da una frazione all’altra di Carpi, per consegnare le pagnotte e i biscotti testé sfornati. Corri di qua, corri di là, il giovanotto finì per correre fino a Londra, in occasione dei Giochi Olimpici del 1908.
A metà gara, guardandosi a destra e sinistra, Dorando si trovò solo, un po’ spaesato, ma primo, in testa alla corsa, senza nemmeno un pezzo di focaccia da consegnare. La cosa lo entusiasmò non poco e il nostro corse, corse, corse a più non posso, fino all’ingresso dello stadio, dove arrivò stanco, stravolto e barcollante. Ancora pochi metri, Dorando! Che però cadde un paio di volte e fu aiutato da un giudice per gli ultimi passi, ma alla fine arrivo primo. Bravo!
Anzi no. L’aiuto di quel giudice non era previsto dal regolamento e il panettiere corridore fu squalificato. Un vero peccato, dopo tutta quella fatica…
Caso volle, però, che durante una serata di gala, tra un ballo e l’altro lo scrittore Arthur Conan Doyle suggerì alla regina Alessandra di Danimarca di gratificare il piccolo italiano con una coppa. Non sarà stata una medaglia olimpica ma…
Ma quel fatto rese Dorando Pietri celebre in tutto il mondo, non certo per aver vinto quanto, piuttosto, per aver perso!

la pagina web

I luoghi della prima Olimpiade dell’antichità, alle pendici del monte Olimpo, riportati alla luce solo alla fine del Settecento, sono un sito archeologico tra i più visitati nell’intera Grecia. Va da sé che una tale bellezza sia oggi patrimonio dell’umanità, grazie all’Unesco, che per le Nazioni unite si occupa di istruzione, scienza, cultura e comunicazione. Sul sito ufficiale c’è una pagina dedicata, scritta in inglese e in francese, dove trovi le notizie per organizzare, chissà… il tuo prossimo viaggio?

i nostri eroi

In occasione delle Olimpiadi dell’antichità, una volta ogni quattro anni veniva bandita la cosiddetta tregua olimpica, che altro non era se non la cessazione, per qualche settimana, di tutte le guerre. Non solo, cessavano anche le liti personali, i bisticci e persino qualche innocente battibecco, impegnati come si era a seguire i risultati degli atleti più bravi…
C’è chi ha provato, anche nel mondo moderno, a proporre alle nazioni di restarsene tranquille durante i Giochi Olimpici, anziché continuare a mettere il mondo a ferro e fuoco, ma i risultati sono quelli che si vedono… Ciò non toglie che si può senz’altro insistere, anzi, di più: anziché una tregua di venti giorni ogni quattro anni, proporrei di vivere senza guerre per quattro anni e poi, se davvero ci si vorrà azzuffare per venti giorni, fate pure, ma non disturbate me, che preferirò essere olimpico anche allora.

La signorina Bilistiche pare fosse una giovincella proveniente dalla lontana Macedonia. Pare, perché di lei non è che si sappia molto e non vorrei che qualcuno lo abbia fatto apposta a nascondere tutte le informazioni…
Pare, infatti, che ai Giochi Olimpici, riservati ai maschietti e ai maschioni, forzuti, vigorosi e muscolosi, abbia partecipato anche lei, nell’anno 264 avanti Cristo, nella specialità della corsa dei carri, a bordo di una biga trainata da quattro splendidi cavalli lanciati al galoppo. Certo una donna così non poteva partecipare e basta, tant’è che vinse, alla faccia dei maschietti arrivati dopo di lei.
Ora, ripeto, non è che se ne sappia molto… Avesse partecipato ai Giochi di qualche secolo prima si avrebbero notizie più precise, perché gli atleti gareggiavano nudi come branzini, con ogni muscolo in bella mostra. Va da sé che qualche piccola differenza la si sarebbe notata, non credi? Nel 264 evidentemente il drappo andava più di moda e fu più facile celare le proprie beltà o forse, più semplicemente, la giovane Bilistiche era davvero la più brava di tutti e che i maschi si mettessero il cuore in pace.

Oltre a quello della Grecia, con tutti i suoi dei, esiste un altro monte Olimpo, famoso più che mai. Si tratta della montagna più alta del pianeta Marte e anche Marte, quanto a divinità, sa senz’altro il fatto suo.
Fatto sta che l’Olimpo di Marte è alto qualcosa come venticinquemila metri: quanto tre Everest uno sull’altro! E alla base ha una circonferenza di più di seicento chilometri: ben maggiore della distanza tra Roma e Milano…
Al momento quell’Olimpo è il monte più alto nell’intero Sistema Solare, che conosciamo abbastanza bene per essere sicuri di non trovarne di più alti, ma non si sa mai… e poi ci sono le altre galassie… Del resto anche gli antichi greci credevano che il loro, di Olimpo, fosse il più alto dell’universo intero…

quattro domande a…

… Pierre de Coubertin

Egregio barone, ci dica, come le è venuta in mente questa idea delle Olimpiadi moderne, con Zeus ormai più che bimillenario? Davvero voleva farsi bello davanti a lui e agli altri dei dell’Olimpo?
È che lo sport mi è sempre piaciuto, tutti gli sport, dalle partenze agli arrivi. Però non è che io abbia un fisico così atletico, anzi. In più sono piuttosto pigro e preferisco starmene all’ombra a sorseggiare una limonata, invece di fare chissà quale sforzo. Allora ho unito l’utile al dilettevole: ho fatto gareggiare gli altri, tutti insieme, e me ne sono restato al fresco del pergolato.
E quella storia che l’importante è partecipare? Se lei non partecipa come la mettiamo?
Certo che partecipo! Partecipo a tutte le gare, mentre gli atleti prendono parte solo alla propria. Per questo mi serve la limonata, tanta limonata, perché stare dietro a tutto non è per nulla facile.
Ma se fosse stato un atleta, quale specialità l’avrebbe vista vincitore? Ops, scusi, volevo dire partecipante…
Non saprei, forse bisognerebbe inventare una nuova disciplina. Una cosa da disputare in poltrona in inverno, o sotto la solita pergola in estate. Uno sport da praticare in compagnia, perché ci si diverte di più, ma anche da soli, che la gloria poi è tutta tua. Uno sport, poi, che ti lasci il tempo di leggere un buon libro o assistere alle gare degli altri… veda lei se trova qualcosa che faccia al caso mio.
Lasciamo perdere. Mi dica, piuttosto, è vero che la bandiera con i cinque cerchi è anche quella un’idea sua?
Certo che sì. Ed è una cosa seria. Pensi che si era a pochi mesi dall’inizio della prima guerra mondiale: una catastrofe universale, altro che giochi e gare sportive. Allora proposi al Congresso olimpico questi cerchi colorati, legati uno all’altro, a rappresentare l’unità e la fratellanza dei cinque continenti, che poi sono il mondo intero, con lei e con me.

ti consiglio un libro

Roberto Piumini – DEI ED EROI DELL’OLIMPO – Mondadori
Lo sport è la tua passione, ma solo con il telecomando tra i polpastrelli? Allora leggiti un bel libro, che si fa molta meno fatica e si tiene anche lui tra le dita. Questo, oltretutto, è ambientato proprio dalle parti dell’olimpica Olimpia, sull’olimpico Olimpo, con i suoi olimpici dei, di cui si scoprono i vizi e le virtù, si svelano alcuni segreti e si raccontano le avventure. Se ne può quasi fare un’intera squadra: Eracle, Apollo, Aracne, Atena, Teseo, Arianna, Dedalo, Icaro, Perseo, Medusa e Odisseo. Forza Olimpia!

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