Dopo le voci che volevano quindici parlamentari pronti a lasciare il Movimento 5 stelle, un gruppo di senatori ha sentito la necessità di scrivere un comunicato, pubblicato sul blog di Beppe Grillo, intitolato “La stampa fa schifo”. Oggetto del post un articolo del La Stampa, a firma di Jacopo Jacoboni, che faceva i nomi dei parlamentari pronti a lasciare il gruppo del Senato M5s.
Lunedì 17 giugno, ore 18. È questo l’appuntamento che deputati e senatori del Movimento 5 Stelle si sono dati per discutere in plenaria il caso Gambaro. L’aria che tira dentro e fuori il Palazzo ha il sapore di una resa dei conti. Con il gruppo comunicazione allertato e lo staff milanese costantemente informato dei movimenti romani. Sono gli ultimi scampoli del prepartita e le tifoserie si studiano. Il vaso di Pandora è prossimo alla saturazione e il disagio delle ultime settimane potrebbe aprirsi nel corso di una riunione che si pone alla stregua di un referendum su Grillo. Comunque vada, martedì mattina Montecitorio ospiterà un sit-in di attivisti e parlamentari stellati per fare quadrato intorno al leader.
Nella disputa torna pure il bicameralismo imperfetto del M5s: alla Camera convivono i bollenti spiriti di pasdaran e malpancisti. Fedeltà alla linea e libertà di critica. A Palazzo Madama invece aumentano quelli che, pur in disaccordo con le dichiarazioni della Gambaro, rifiutano l’espulsione e tentano la via della mediazione. «Trasformare la riunione in un processo sarebbe un grande regalo ai media, direbbero che siamo una dittatura col guru». Nell’intercapedine che separa i due Palazzi camminano gli scontenti: una ventina alla Camera e più di dieci al Senato. Volti noti come Currò, Zaccagnini, Battista, ma anche parlamentari rimasti in seconda o terza fila che ora meditano di scoprire le carte davanti alla polarizzazione dello scontro.
Da Palazzo Madama giungono segnali di un certo rilievo. «La maggior parte di noi è orientata a votare no all’espulsione di Adele», confida a Linkiesta un senatore tutt’altro che dissidente. Ma c’è di più. Prima dell’assemblea congiunta con i colleghi della Camera, i 52 del Senato si riuniranno in separata sede con la Gambaro per un briefing strategico. A porte chiuse faranno il punto della situazione tentando una sintesi pacifica in vista del summit con i pentastellati di Montecitorio.
Il risiko delle posizioni scomoda la geografia laddove i mal di pancia uniscono due regioni lontanissime come Sicilia e Friuli Venezia Giulia. Bocchino, Catalfo, Campanella, Battista, Prodani, Rizzetto. Nomi e storie di chi da settimane dà voce a posizioni diverse, comunque alla luce del sole. Nell’Italia a Cinque Stelle c’è posto anche per l’Emilia Romagna, regione di appartenenza di Adele Gambaro e terra di mezzo per una complessa mediazione. Al Senato l’inviata diplomatica ha il nome della bolognese Elisa Bulgarelli, stesse mansioni svolte dalla concittadina Mara Mucci alla Camera. Nel frattempo il modenese Michele Dell’Orco assicura: «Ho parlato con gli altri dell’Emilia Romagna e siamo d’accordo. Anche i senatori non vogliono espulsioni, hanno visto com’è Adele. Il problema è che molti deputati invece non la conoscono affatto».
Nell’attesa di capire se si andrà ai voti, resta un ventaglio di ipotesi di pronta attuazione. Quella più insistente prevede la formazione di un gruppo parlamentare autonomo che vivrà secondo il dettato cinque stelle. Alla regia dell’operazione, che riferiscono essere in fase avanzata, ci sarebbe Tommaso Currò seguito da deputati e senatori pronti a fare le valigie qualora Gambaro fosse cacciata. Sulla strada dell’addio troverebbero le sirene di Pd e Sel che da settimane imbracciano le calcolatrici per un’alleanza trasversale a scopo governativo. Prima però, bisogna affrontare le questioni casalinghe e sull’uscio sostano i deputati “pretoriani” di Grillo. I vari Di Maio, Fico, Nuti, Lombardi vorrebbero risolvere la questione una volta per tutte onde evitare di ritrovarsi «ogni settimana con uno o due casi di persone che vogliono uscire». Meglio una liposuzione immediata nei due rami del Parlamento per ricompattare le truppe e tornare al lavoro sui contenuti.
Eppure aumentano deputati e senatori che tifano per un nulla di fatto. C’è chi spera che non si raggiunga il “numero legale” e chi addirittura non parteciperà all’assemblea. La ratio è quella di ottenere un rinvio che permetterebbe di prendere tempo prima di una resa dei conti dolorosa anche dal punto di vista mediatico. «Intorno a questa assemblea si concentrano grandi aspettative – racconta a Linkiesta un parlamentare di prima fila – ma alla fine i giornalisti si annoieranno e sarà come con una partita Brasile-Argentina dove tutti attendono un match straordinario e poi finisce 0-0». Il pareggio, per molti, sarebbe la vittoria più grande.
Twitter: @MarcoFattorini