«Il muro di Berlino appartiene alla Storia, ma anche noi abbiamo una storia da scrivere», con queste parole Barack Obama ha cercato di lasciare il segno durante la sua prima visita a Berlino da quando è stato eletto, nel 2008, presidente degli Stati Uniti. Dal lato orientale della porta di Brandeburgo ha invitato la Germania e l’Europa a scommettere ancora sulle relazioni transatlantiche e ha annunciato quale sarà il suo contributo per un mondo di «pace libertà e giustizia»: «Ridurremo di un terzo il nostro arsenale nucleare e cercheremo un contatto con la Russia perché faccia lo stesso».
In uno dei giorni più caldi dell’anno Obama è apparso particolarmente informale e ha scherzato in varie occasioni. Poco dopo essersi avvicinato ai microfoni si è tolto la giacca, è rimasto in maniche di camicia e ha invitato il pubblico a fare lo stesso. Si è detto felice di tornare a Berlino come presidente, e di portare con sé la miglie Michelle e le figlie: «Vi sarete accorti che non sono qui con me: l’ultima cosa che volevano era assistere a un mio discorso. Stanno visitando la città per conoscere la sua storia», ha detto.
Da lì in poi si è trattenuto a lungo sulla retorica del muro: simbolo di libertà, e su quella della Porta di Brandeburgo, luogo in cui i cittadini della Germania Est andavano a protestare per il riconoscimento dei loro diritti fondamentali. Proprio quei diritti che ora continuano a unire Germania e Usa. Ha ringraziato un pilota del ponte aereo di 92 anni. «Spero di essere come lui alla sua età».
«La gente pensa che ora Berlino sia un luogo dove si viene per conoscere la storia e non più a scriverla», ha ammesso Obama, però «il compiacimento non è una dote che si addice a un grande paese». L’amicizia transatlantica è, secondo il presidente, ancora la base su cui scrivere il futuro. A partire dalle grandi sfide comuni, come il contenimento della proliferazione delle armi nucleari in Iran e Sud Corea. «Pace e giustizia significano un mondo senza armi nucleari», ha detto il presidente prima di sottolineare l’annuncio chiave del suo discorso, «ridurremo di un terzo il nostro arsenale nucleare», un’azione drastica, causerà da subito reazioni importanti e che, però, nel pubblico della porta di Brandeburgo è stata accolta con un applauso timido.
Per il resto, Obama non si è dilungato sull’accordo di mercato libero, ha però parlato di economia, e dell’importanza dell’alleanza transatlantica per combattere e contenere la piaga della disoccupazione. Dalla Germania, gli Usa cercano l’appoggio per scommettere sulle energie rinnovabili. E infine ancora, è tornato sull’allegoria del muro, sulla necessità di abbatere le barriere, «i nostri valori comuni ci obbligano a pensare al benessere delle persone che potremmo incontrare», senza differenze di genere e colore della pelle. In questo contesto ha anche ribadito l’importanza di «stare dalla parte dei nostri fratelli gay e sorelle lesbiche», la nostra libertà non sarebbe reale senza la loro.
È stato sicuramente un discorso diverso da quello che Obama tenne nel 2008, ancora candidato alla prima presidenza, quando un bagno di folla di 200.000 persone lo aveva accolto sulla strada 17.Juni, con birre in mano e al ritmo di musica, in una giornata di sole e vento. Era stato un evento trionfale in cui l’Europa intera lo aveva incoronato come colui che avrebbe liberato gli Stati Uniti e il mondo da George W. Bush. «Nessuno conosce il sogno della libertà meglio della città di Berlino», disse allora, osannato dalla folla. L’asticella delle aspettative era stata collocata troppo in alto.
Oggi, per questioni sopratutto di sicurezza, sono stati ridotti a 4.500 circa i posti per poter seguire il discorso del presidente. L’accesso è stato garantito a persone scelte: studenti americani a Berlino e persone che svolgono professioni che hanno a che vedere con i rapporti tra i due paesi, più funzionari di Governo e ambasciate e un numero ristretto di giornalisti. Tutti sono stati obbligati ad attendere ore sotto il sole allietati da un intrattenimento musicale che comprendeva una versione per violino di Born in the USA di Bruce Springsteen. Intorno alla zona non sono stati collocati schermi per il discorso. Ai cittadini non è stata offerta altra opzione che seguirlo in televisione.
La zona rossa, quella bloccata al traffico si estendeva oggi, più o meno, per un raggio di un km sulle principali arterie della città che conducono alla Porta di Brandeburgo. Viali normalmente popolati da traffico intenso come la Friedrichstrasse o la Leipzigerstrasse offrivano un panorama surreale, con temperature oltre i trenta gradi e un silenzio interrotto soltanto dagli elicotteri che sorvolavano la città. I turisti, sperduti, con le cartine geografiche in mano e venivano respinti ad ogni controllo. Alle code nei punti di accesso, qualcuno è svenuto sotto il sole poco comune nella capitale tedesca.
Il normale flusso del lavoro nella zona chiusa è stato paralizzato o ha funzionato solo molto lentamente. I numerosi cantieri del centro hanno potuto lavorare poco, come hanno spiegato tre operai. «Non possiamo continuare fino a che non arrivano i materiali», ha detto uno di loro.
A Potsdamerplatz una lunga coda di persone si è formata durante tutta la mattina. Aspettavano di accedere ai loro posti di lavoro nella zona blindata. Nonostante il caldo era un’attesa composta. Il personale del vicino Hotel Ritz Carlton era stato incaricato di assicurare che le persone in coda ricevessero acqua e bibite. In alcune occasioni, maître e camerieri si sono trovati a svolgere funzioni di vigili e funzionari del turismo.
Non si lamentava Philipp, un cuoco del Marriot di 20 anni, che ricordava di aver seguito il discorso del candidato Obama in televisione nel 2008. «Sono contento, in linea di massima, che visiti la città», ha spiegato, «accetto le conseguenze. Certo che non capisco perché, nonostante abbiamo ottenuto degli appositi pass come lavoratori, ci debbano fare impazzire ore in coda».
«Credo che nonostante tutto il presidente degli Stati Uniti goda in Germania di una reputazione positiva», commentava poco più avanti nella fila Benjamin Wolf, di 33 anni. Anche se a lui, come agli altri tedeschi, politica di sicurezza e privacy sono temi importanti: «Non posso essere certo felice che il presidente Obama mi controlli la pagina di Facebook. Anche se ci troverà ben poco».
E proprio su questo tema Obama si è sentito in dovere di dare rassicurazione ai tedeschi, soprattutto perché è emerso che, nel programma di spionaggio Prism della National Security Agency (Nsa) la Germania è il paese europeo più spiato dal Grande Fratello di Washington. «Prism – ha detto –si applica in maniera molto ristretta in base a prove di terrorismo precedentemente ottenute», ha detto il presidente nel corso della conferenza stampa bilaterale con Merkel, «Non abbiamo accesso a tutto ciò che vogliamo su internet», il programma, cioè, non si applicherebbe a contenuti. Grazie a Prism, «siamo riusciti a salvare vite. Cinquanta attentati sono stati prevenuti, non solo in America ma anche qui in Germania».
Ai berlinesi non è sfuggito, infine, che con la sua visita, il presidente degli Stati Uniti abbia fatto un gran favore ad Angela Merkel, ora in campagna elettorale. Nel 2008 era accaduto l’inverso: Obama aveva trovato a Berlino un grande appoggio alla sua candidatura. E «oggi restituisce il favore con un po’ di pubblicità in piena campagna elettorale», commenta Peter, un avvocato di 32 anni che aspetta di riuscire a raggiungere il suo studio. «Per i tedeschi Obama e evidentemente il male minore, i tedeschi appoggiano sempre il candidato democratico. Ma nel 2008 era stato accolto come un eroe. Io non ci credevo nemmeno allora, ma in molti aspetti ci ha deluso».