Basta un grido, l’ordine di un superiore. E dal folto gruppo di poliziotti radunato dietro la barriera metallica un plotone si stacca all’improvviso, cominciando a correre verso il lato opposto di Willy-Brandt Platz, la centralissima piazza di Francoforte che custodisce uno dei simboli del potere economico più conosciuti al mondo: la Euro Tower.
Sono le sette del mattino di venerdì 31 maggio 2013, e la sede della Banca centrale europea è circondata dai quattromila manifestanti di Blockupy, il movimento di protesta internazionale che già nel 2012 aveva mirato dritto al cuore della capitale finanziaria tedesca. L’efficienza tedesca, se si parla di polizia, non è uno stereotipo. I gruppi di agenti provenienti dall’Assia e dai Länder circostanti si muovono all’unisono, segno di come i movimenti e le strategie di contenimento e di offensiva da attuare durante le dimostrazioni siano stati già provati e riprovati centinaia di volte, fino allo sfinimento.
Dall’altro lato della recinzione metallica presidiata dalla polizei, i dimostranti sembrano molto meno organizzati. Già, sembrano. Anche un movimento senza capi – come è, a livello globale, Occupy – dimostra infatti di avere uno sviluppato senso strategico. I protesters si muovono attorno alla downtown della capitale finanziaria tedesca seguendo un filo logico ben preciso: cercare di colpire la “zona rossa” proprio nel punto in cui l’esercito di poliziotti schierato a difesa dell’area è meno numeroso. Nascosti nel mucchio di persone appostato ai cinque varchi attorno alla piazza, alcuni blockupiers monitorano la situazione, comunicando in tempo reale gli spostamenti della polizia agli altri referenti e al resto del movimento. Come? Attraverso la rete, ovviamente.
Fin dall’autunno 2011, quando a Wall Street le tende occupavano Zuccotti Park, il movimento aveva cominciato a utilizzare Vibe, un sistema di messaggistica istantanea in grado di generare messaggi a corto, medio e lungo raggio non intercettabili in alcun modo dalle forze dell’ordinge. Oggi, due anni dopo, Vibe è ancora uno degli strumenti più utilizzati dai dimostranti. Al pari di Twitter, dove viene meno il fattore discrezione, ma i messaggi possono diffondersi velocemente a un pubblico molto più ampio: l’ideale per indirizzare lo spostamento di grandi numeri di persone in pochi istanti. Gli aggiornamenti in tempo reale sul posizionamento della polizia viaggiano attraverso i cinguettii, mentre anche la pagina ufficiale del movimento tiene gli utenti sempre informati sul comportamento degli agenti, indicando luoghi e modalità degli eventi – un arresto, l’utilizzo dello spray al pepe – giusto una manciata di secondi dopo il loro verificarsi.
«Organizziamo con cura le nostre azioni, attraverso corsi preparatori e workshop», spiega Thomas, tedesco, uno degli organizzatori di Blockupy Frankfurt. Tra le tende del “Camp Anticapitalista”, il grande prato che ospita circa un migliaio di persone alla periferia della città tedesca, sottolinea la grande attenzione riposta dagli organizzatori nei metodi di trasmissione delle informazioni meno convenzionali, non solo nella comunicazione inter-movimento, ma anche nel modo di “esportare” il linguaggio di Occupy verso il resto del mondo. «Questa rete di notizie in continuo aggiornamento, realizzata dai dimostranti per i dimostranti, ci permette di coordinare le azioni anche senza avere una gerarchia top-down. Ma è solo una delle diverse strategie mediatiche messe a punto in questi anni dal movimento», racconta Thomas, tra i veterani di Blockupy. «Le tecniche che utilizziamo oggi sono figlie di quelle sviluppate nelle proteste anti-nucleari tedesche degli anni Settanta, come ad esempio quelle attuate a Gorleben, e occupano un vasto raggio di strategie, dalla Guerrilla communication ai Tactical media».
Le strategie congiunte sono in piena evoluzione. Nel novembre 2012, un gruppo di duecento rappresentanti dei movimenti nazionali e locali si è riunito a Madrid, per cercare di coordinare le tattiche comunicative e di consolidare la rete online di Blockupy a livello internazionale. Gli ideatori di iniziative già attive e funzionanti da anni come Toma la Tele e #PeopleWitness, in quell’occasione, hanno condiviso le loro conoscenze con le “nuove leve”. Ci sono stati workshop su come montare un video in pochi minuti e su come realizzare un live streaming, mentre i fondatori di iniziative più recenti, tra cui l’italiana Occupy Sfitto, che a Milano cerca di trasformare le migliaia di appartamenti inutilizzati in città in nuovi esperimenti di coabitazione sociale e di limitare gli sfratti nelle case già occupate, hanno raccontato la propria esperienza.
Vlad Teichberg, uno dei pionieri della comunicazione nel movimento Occupy Wall Street, ha introdotto Occupy the comms, una nuova piattaforma di reportage collaborativo completamente open source. «L’unica cosa di cui avete bisogno è una buona connessione internet», ha detto Teichberg ai presenti. Dalla primavera araba a Blockupy, sono molti i movimenti che hanno tratto un grande vantaggio dal web e dai social network. Senza, è probabile che alcuni di essi non sarebbero neanche nati.
Twitter: @valeriobassan