Altissima qualità, diversificazione dell’offerta e target più ampio possibile. Con questi elementi il business del sesso in Germania è esploso negli ultimi anni. Da quando è stata legalizzata la prostituzione come professione, sono più di un milione i tedeschi che ogni giorno frequentano le case chiuse. Tant’è che la repubblica federale guidata da Angela Merkel è stata soprannominata “il bordello d’Europa”. Ma nemmeno la precisione teutonica sta riuscendo a contenere gli effetti collaterali della legalizzazione, a partire dallo sfruttamento e la schiavitù. La denuncia del documentario Sex made in Germany, di Tina Soliman e Sonia Kennebeck, e diverse inchieste giornalistiche hanno riportato il tema nel dibattito politico nelle ultime settimane. Giovedì notte il parlamento ha votato a favore di una legge che intensifica i controlli.
La presenza di prostitute che fermano i passanti nella Oranienburger Strasse, a Berlino, anche in inverno con la tuta da sci e i Moon Boot, è ormai parte della città. Sono donne che svolgono un lavoro legale, che permette loro di maturare contributi per la pensione e che è coperto da una assistenza medica. Sui loro guadagni pagano un’imposta salata, la Vergnügungssteuer, una tassa sugli spettacoli e il divertimento. Grazie alla legalizzazione, numerosi imprenditori stanno facendo fortuna, bordelli come il “Paradise” di Colonia attraggono clienti dagli Stati Uniti e dal Giappone che intraprendono il viaggio solo per potervi trascorrere alcune notti, in certe occasioni anche solo per una donna in particolare. I proprietari annunciano alla stampa che presto amplieranno i locali con due nuove palestre, e tra tre anni preparano il salto in borsa.
La legge tedesca è considerata come una della più liberali al mondo: è stata approvata nel 2002 dal Governo di centro sinistra con il fine di proteggere i diritti delle lavoratrici e lavoratori di questo campo. «È necessario presentare la situazione in modo realista: la prostituzione è una necessità della società. Da noi vengono clienti sia maschi che femmine», spiega Michael Beretin addetto stampa del Paradise. Ed è appunto anche a questa necessità che si tentava di rispondere con le leggi di allora. Ma in un business come quello della prostituzione la facciata legale e trasparente nasconde sempre un’enorme sommerso.
I critici fanno notare questo parallelo. La Germania ha legalizzato la prostituzione nel 2002, tre anni dopo che la Svezia approvasse una legge contraria. Da allora la Germania ha uno dei maggiori mercati di prostituzione in Europa e la Svezia il più piccolo. Circa 150.000 donne lavorano in Germania come prostitute, 60 volte di più che in Svezia, anche se la popolazione è solo nove volte superiore. «Paesi in cui la prostituzione è legale registrano un aumento significativo del traffico di persone», ha denunciato recentemente Axel Dreher, uno degli autori di uno studio finanziato dalla commissione europea e che mette a confronto le situazioni di 150 paesi.
La prostituzione era in Germania legale anche prima del 2002, ma la legge del governo di Gerhard Schröder ha di fatto sdoganato questa professione portandola ad essere al pari di tutte le altre. Eppure, già nel 2007 il Governo aveva potuto verificare che la riforma non aveva creato situazioni di lavoro più stabili: secondo dati ufficiali sono solo l’un per cento le prostitute che lavorano con un contratto di lavoro fisso.
Inoltre, il problema è che, secondo quanto ha denunciato la giornalista Tina Soliman, «ora una parte centrale della società frequenta prostitute, ma le prostitute non si trovano ancora al centro della società», anzi. Infatti, se la legge facilita i professionisti del sesso che scelgono liberamente la propria professione, rende però anche molto facile lo sfruttamento di immigrate irregolari che arrivano al paese piene di speranze ma si trovano a vivere in schiavitù. Spesso vivono tra gli alloggi e i bordelli situati vicini ad aeroporti, stadi o fiere. Vengono stipate come carcerate, sei in una stanza e costrette a lavorare fino allo sfinimento per soddisfare i desideri dei clienti che hanno pagato la flat-rate per tutta la giornata. Sono queste le condizioni descritte a Der Spiegel da ragazze come Carmen, che denuncia anche la collusione della polizia, le mazzette dei proprietari alle forze dell’ordine e i tentativi frustrati di giovani prostitute di cercare il salvataggio da parte della polizia nel corso di rutinari controlli.
Secondo dati citati dal documentario Sex Made in Germany, due terzi delle prostitute che lavorano in Germania sono straniere, la maggior parte di loro viene dalla Romania, seguita da Ungheria e Polonia. Le ong che si occupano di questi casi, come Tamara, a Francoforte, o Slowodi, ad Aquisgrana denunciano spesso la stessa storia: le migranti che arrivano per prostituirsi spesso rimangono incastrate nel limbo dello sfruttamento, la maggior parte di loro non parla la lingua, il livello di analfabetismo è altissimo e spesso non hanno gli strumenti per potersi liberare. Ciononostante non ci sono dati che dimostrino in modo inequivocabile la correlazione tra prostituzione legale e traffico di persone, secondo i critici.
A tre mesi dalle elezioni federali, la questione è tornata al centro del dibattito politico, anche se pochi parlano di proibizione. La stessa Soliman ammette che, «la ruota non si lascia più girare all’indietro. Abbiamo incontrato persone per cui la prostituzione è una scelta di vita consapevole». Ora, praticamente tutti i principali partiti chiedono di modificare la legge, ma sono solo singoli deputati quelli che la vogliono abrogare. Giovedì notte il parlamento ha votato a favore di una proposta del Governo di centro destra, che renderà più rigidi i controlli (fino ad ora per esempio la polizia poteva accedere a una casa di prostituzione solo in presenza di un sospetto concreto) e introdurrà la sorveglianza video nei luoghi di prostituzione. Quest’ultimo punto è controverso e registra dissidenti all’interno del governo. L’opposizione chiede di introdurre modifiche in difesa dei diritti delle prostitute irregolari sfruttate e chiede che vengano puniti i clienti che consapevolmente si rivolgono alla prostituzione illegale.