IotaBulgaria, a rischio il “moribondo sanissimo” d’Europa

Governa un tecnico, “il Monti di Sofia”

Da febbraio sono morti in sette. Uomini disperati che hanno scelto di togliersi la vita dandosi fuoco, per protestare contro la classe politica e un disagio economico divenuto ormai insostenibile. Storie come quella di Ventislav Simenov, datosi fuoco il primo maggio; di Simenov Simeonov, minatore di 59 anni, che ha scelto di compiere lo stesso tragico gesto sotto gli occhi del figlio, il 18 marzo scorso; o di Plamen Goranov, 36 anni, lo “Jan Palach” bulgaro, immolatosi il 20 febbraio contro la corruzione delle autorità della città di Varna, nella quale abitava, e diventato immediatamente il martire delle piazze bulgare.

I suicidi di protesta hanno continuato ad aumentare, nel corso degli ultimi cinque mesi, tanto che già a marzo il patriarca della Chiesa ortodossa bulgara, Neofit, aveva dovuto rivolgersi direttamente ai propri concittadini per persuaderli «a non divenire le vittime della propria disperazione». Le autorità bulgare cercano, ufficialmente, di minimizzare. Solitamente, tendono a negare che la motivazione dietro queste morti sia collegata alla difficile situazione sociale. Preferiscono parlare di ‘depressione’ o di non ben precisate ‘motivazioni personali’.

Ma la realtà è evidente a tutti, tanto che in febbraio il premier Bojko Borisov, con un gesto che aveva spiazzato molti, aveva rassegnato le proprie dimissioni e indetto nuove elezioni anticipate. «Abbiamo fatto del nostro meglio in questi quattro anni», aveva dichiarato di fronte a ciò che stava accadendo: «Ma ogni goccia di sangue versato è per noi fonte di vergogna. Vogliamo mantenere il nostro onore e la nostra dignità. Il popolo ci ha conferito il proprio potere e intendiamo restituirglielo».

Le votazioni si sono svolte regolarmente il 12 maggio: il partito di Borisov, la GERB (acronimo di ‘cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria’), ha ottenuto il maggior numero di voti, nonostante la notizia, giunta alla vigilia dell’apertura delle urne, del tentativo di falsificazione di 350.000 voti, che aveva gettato discredito sul partito di centrodestra. Si è trattato, però, di una vittoria di Pirro. Perché Borisov non è riuscito a formare una maggioranza. Lo stallo, durato una decina di giorni, è stato risolto con l’investitura di un governo tecnico, guidato da Plamen Oresharski, economista ed ex ministro delle finanze, definito letteralmente “il Mario Monti bulgaro” dal Financial Times, e sostenuto dai voti socialdemocratici (PSB) e dal Movimento dei Diritti e della Libertà (DPS), partito di riferimento per la minoranza turca del Paese.

#дансwithme (#DANSwithme)

Se il governo Oresharski voleva tranquillizzare l’opinione pubblica e ridurre la tensione proponendo l’immagine di un governo responsabile e onesto, l’inizio è stato disastroso. Il 14 giugno, il Parlamento ha infatti nominato alla guida dell’agenzia dei servizi segreti bulgari (la DANS) tale Delyan Peevski, trentaduenne figlio di Irena Kastreva, che possiede l’impero mediatico che raggruppa la maggior parte dei mezzi di informazione del Paese.

La biografia di Delyan è un piccolo monumento al malgoverno bulgaro. Grazie al suo cognome, a ventuno anni è nel consiglio di amministrazione del porto della città di Varna. Ma ne viene allontanato quasi subito, perché non possiede i titoli di studio richiesti. Si ricicla come investigatore, diventa viceministro nel governo Stanišev (2005-2009), sopravvive per mancanza di prove a un processo per corruzione e, due settimane fa, viene nominato a capo della DANS, dopo che i requisiti necessari sono stati cambiati appositamente per favorirlo.

La votazione in Parlamento è una farsa, tanto che, in tutto, non occupa i parlamentari per più di quindici minuti. Ma la reazione della cittadinanza è immediata. La sera stessa, la protesta si riversa nelle strade di Sofia, Plovdiv e Varna, grazie al tamtam scatenatosi su facebook e twitter, dove l’hashtag di riferimento diventa l’ironico #дансwithme (#DANSwithme), riuscito gioco di parole tra la sigla dei servizi segreti e il verbo inglese ‘dance’.

E in Bulgaria si “balla”, ininterrottamente, ormai da due settimane. E i manifestanti non sembrano intenzionati a smettere, nonostante il passo indietro di Delyan, che ha annunciato le proprie dimissioni, e le scuse ufficiali del primo ministro, che ha ammesso di avere commesso un imperdonabile errore. Gli ‘indignati’ bulgari reclamano una nuova legge elettorale, la riforma della giustizia, la riduzione dei sussidi pubblici ai partiti, la riforma della costituzione, le dimissioni dell’esecutivo e l’indizione immediata di nuove elezioni.

L’austerità bulgara e il pasticcio delle privatizzazioni

La portata delle manifestazioni più recenti in Bulgaria non può essere compresa senza tenere presente che esse non rappresentano un fatto inedito, ma sono la naturale continuazione di quelle iniziate a febbraio, quando i cittadini avevano deciso di occupare le piazze per la prima volta, per protestare contro i rincari delle bollette dell’energia elettrica.

La Bulgaria è uno dei paesi in Unione Europea che ha seguito più fedelmente il dogma dell’austerità e dell’equilibrio di bilancio; anzi, secondo l’economista Nouriel Roubini, la posizione dei governi fin dalla fine degli anni Novanta è stata “fin troppo dura” nel gestire la spesa pubblica. Il debito pubblico è, oggi, appena il 18% del prodotto interno lordo. Un risultato strabiliante, soprattutto se si considera che la media nei paesi membri dell’Ue è di circa l’ottantacinque per cento.

Dieci anni fa, però, l’ammontare del debito era del 44% circa. Per ridurlo così drasticamente, i vari governi che si sono succeduti negli anni Duemila si sono imbarcati in un’ondata di privatizzazioni selvagge, riducendo al contempo la spesa pubblica e comprimendo l’aumento dei salari, praticamente congelati dal 2009. Il risultato di questa politica rigorista fino all’eccesso è ben visibile nel campo dell’energia, dove il mercato è oligopolio esclusivo di tre operatori, tutti stranieri (la Evn austriaca e le due compagnie ceche Cez ed Energo Pro). Per rifarsi delle perdite subite nell’Europa occidentale, i gestori hanno pensato di incrementare i prezzi per i servizi offerti in Bulgaria. Il risultato è che la bolletta per il mese di gennaio è stata mediamente attorno ai cento euro: una follia, per un Paese dove il salario mensile si aggira attorno ai 370 euro. E molta gente ha scelto di cominciare a far sentire la propria voce.

DANSwithme è quindi solo l’ultimo atto di un braccio di ferro tra i cittadini e l istituzioni che dura ormai da cinque mesi. Oggi la Bulgaria, a causa delle scelte economiche, è “un moribondo sanissimo”: all’ordine dei conti pubblici fanno da contrappasso la disoccupazione, che si attesta ormai attorno al 14%, e un PIL che cresce a stento (+0,8% nel 2012). La ripresa, per il momento, resta un mito. Le prossime settimane potrebbero essere cruciali per decidere il fato della nazione: il governo Oresharski non sembra in grado di tenere e in molti, all’interno dell’esecutivo, cominciano a parlare della possibilità concreta di organizzare nuove elezioni per settembre. Ma la debolezza delle istituzioni rischia di far peggiorare ulteriormente le condizioni già precarie del Paese.

Twitter: @RodolfoToe

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