Il Pd studia la legge ad personam Salva-Berlusconi?

Il Ddl depositato il 20 giugno

«In uno Stato di diritto le sentenze vanno sempre rispettate e applicate. Nessun caso può rappresentare un’eccezione a questa fondamentale regola di democrazia». Parola del capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda, che fino a ieri si rivolgeva così a Renato Schifani, al Pdl, e a Silvio Berlusconi.

Ma in 24 ore è cambiato radicalmente il clima nei palazzi del potere. In un Montecitorio semideserto, stamane si è svolta una seduta lampo, e i pochi parlamentari rivelano a Linkiesta: «Bisogna andare avanti, e continuare a sostenere al governo». Del resto le parole di Silvio Berlusconi abbassano il livello dello scontro, e segnano la fine della guerra fra centrosinistra e centrodestra: «L’input che sto dando in maniera molto chiara è che di concentrarsi sull’interesse del Paese e rendere questa alleanza con la sinistra, che io continuo a chiamare pacificazione, qualcosa che possa essere storico, addirittura epocale dopo tanti anni di Guerra Fredda». Chiaro. 

E se deve essere “epocale” bisogna che duri, e per durare è necessario salvare Silvio Berlusconi dal primo scoglio: l’ineleggibilità arrivata ieri in Giunta per le elezioni del Senato. Come? Cambiare la legge 361 del 30 marzo 1957 sostituendo il principio di ineleggibilità con quello dell’incompatibilità. È quanto prevede il ddl del Pd depositato il 20 giugno scorso al Senato di cui sono firmatari l’ex giornalista del Corriere della Sera Massimo Mucchetti, e l’oltranzista «antiberlusconiano» Luigi Zanda, capogruppo a Palazzo Madama dei democratici. In questo modo si scioglie una volta per tutte il nodo sul conflitto di interessi che riguarda Silvio Berlusconi. Il testo sottoscritto da altri 23 senatori del Pd, come ad esempio il bersaniano Maurizio Migliavacca o il ghost writer dell’ex segretario Pd Miguel Gotor, reca il titolo “Integrazioni delle legge 15 febbraio 1953”, in materia di incompatibilità parlamentare, e abrogazione dell’articolo 10 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, in materia di ineleggibilità.

Con le nuove norme, in un caso come quello del leader del Pdl la Giunta per le elezioni invece di dover decidere sull’ineleggibilità, che porterebbe alla decadenza immediata dal seggio, dovrebbe valutare una eventuale incompatibilità che non comporta alcuna decadenza automatica ma dà la facoltà di optare: starà all’eletto rimuovere la causa senza rinunciare all’ufficio parlamentare o rinunciare al seggio conservando la causa dell’incompatibilità. La rimozione del conflitto potrà avvenire, prevede il ddl, soltanto vendendo la partecipazione di controllo di un’azienda in un certo tempo oltre il quale il parlamentare inadempiente decade.

In sostanza il ddl riprende lo spirito delle parole pronunciate ieri da Anna Finocchiaro, secondo la quale con le norme del ’57 non si può dichiarare l’ineleggibilità di Berlusconi. La Presidente della Commissione Affari costituzionali aveva aggiunto: «Quello è un testo mal fatto, la legge va cambiata perché non è adeguata a fotografare in maniera compiuta le ipotesi di ineleggibilità. Non è adeguata alla modernità del Paese non è una legge moderna».  Nel gioco delle parti il senatore Lucio Malan ritiene che il ddl non favorisca affatto il Cavaliere. Anzi. «Sarebbe più facile e semplice se a questo punto scrivessero in una legge che “non si può candidarechi si chiama Berlusconi, senza neanche mettere il nome di Silvio, perché con quel testo non si potrebbe candidare in politica, nessun Berlusconi, nemmeno i figli». Inoltre, aggiunge Malan, «siccome in Italia non sono molti ad avere i miliardi necessari per comprare le aziende di Berlusconi vorrebbe dire costringerlo a svendere le sue aziende per 4 soldi». 

Mucchetti non nasconde la sorpresa: «Sono stupito – dice infatti – dal clamore che suscita adesso questa proposta e dallo scarso interesse che ha avuto quando è stata eleborata e presentata. Questo mi fa pensare a una disattenzione allora e a un’attenzione che potrebbe essere strumentale adesso». Ma Pippo Civati replica: «Dopo i fraintendimenti seguiti alle dichiarazioni di Luigi Zanda sulla ineleggibilità di Berlusconi ci eravamo detti che si sarebbe discusso tutto in sede collegiale. Evidentemente non è così, attendo che il metodo cambi».

Immediata anche la replica di Beppe Grillo che su twitter sbeffeggia il Pd: «I fedeli alleati del pdmenoelle, più fedele del cane più affezionato».  E in Transatlantico c’è già chi si domanda: «Capiranno i nostri elettori?». Ah saperlo…

Twitter: @GiuseppeFalci