Il piano che il Monte dei Paschi ha presentato a Bruxelles rappresenta un punto di partenza condiviso, ma la Commissione europea si aspetta un’azione più incisiva sul fronte del taglio dei costi, in particolare degli sportelli. Ben 2.500, troppi se comparati con le banche comunitarie della medesima dimensione. Lo confida a Linkiesta uno dei soggetti direttamente impegnati nei negoziati con l’eurocommissario alla Concorrenza Joaquin Almunia. Non essendoci una deadline operativa, il piano di ristrutturazione della terza banca italiana riceverà il disco verde con ogni probabilità a inizio settembre, alla ripresa dei lavori della Commissione dopo la pausa estiva. Solo allora il management si impegnerà a fondo per trovare nuovi potenziali investitori. Nei mesi scorsi i rumors davano per interessati la russa Sberbank, di cui Profumo è consigliere, e Axa, già azionista di Rocca Salimbeni. L’accelerata arriverà soltanto quando non ci saranno più margini d’incertezza.
Uno dei quali è caduto proprio oggi con l’approvazione, da parte dell’assemblea straordinaria, dell’art. 9 dello Statuto Mps, ovvero del tetto al 4% del capitale sociale per i soci privati, atto che rende finalmente contendibile l’istituto di credito. Ok anche alla revoca dell’avvocato vicino al curia vaticana Michele Briamonte dalla carica di consigliere d’amministrazione, già destinatario di una richiesta di interdizione di due mesi da parte dei magistrati senesi per l’ipotesi di insider trading.
La caduta di ogni limitazione ai soci è stata definita una «decisione inevitabile» da Gabriello Mancini, presidente ancora per qualche settimana (scade il 3 agosto) della Fondazione Mps, ancora l’azionista di riferimento con il 33,5% ma in odor di riforma. Intervistato da la Repubblica, il primo cittadino Bruno Valentini, grande elettore dell’ente, ha auspicato per la Fondazione una governance duale (consiglio di sorveglianza e di gestione, ndr) con «un club dei soci sopra il 7% che non si occupino della gestione ma delle strategie, perché Mps resti in mani affidabili e auspicabilmente italiane, tornando alle origini retail. Lontana dalla politica». Si vedrà.
L’apertura al mercato è fondamentale per trovare capitali freschi e riuscire a ripagare i 4 miliardi di Monti bond. In caso contrario, ha detto oggi il presidente Alessandro Profumo, «saremmo nazionalizzati e scompariremmo da Siena». Il salvagente lanciato dall’esecutivo Monti prevede che, nel caso in cui Mps non riuscisse a generare utili sufficienti a ripagare i cospicui interessi sul prestito – quest’anno circa 350 milioni di euro – lo Stato lo convertirebbe in azioni, salendo al 20 per cento. Sicuramente ripagarli con i proventi della gestione operativa è molto difficile, come ha ammesso l’amministratore delegato Fabrizio Viola: «A prescindere dall’utile, infatti, c’è un tema di ricapitalizzazione anche con l’autofinanziamento e per questo il dividendo non e’ argomento non di attualità».
Uno dei capisaldi della strategia per evitare il controllo pubblico è ripartire dal retail. A fine agosto 2012 era stato lo stesso Profumo ad ammettere senza mezzi termini: «Questa banca perde quattrini dal punto di vista operativo, non guadagnamo un euro e così non possiamo andare avanti». A pesare la fuga dei depositi, scesi tra il 2011 e il 2012 da 146 a 135,6 miliardi (-7,5%). Un problema che, a guardare i conti del primo trimestre – chiuso in perdita per “soli” 100 milioni, rispetto a un consensus pari a 150 – persiste ma rallenta: i depositi sono infatti scesi a 135,3 miliardi (-1,7%).
Il piano tramite il quale convincere Bruxelles che i Monti bond non sono aiuti di Stato prevede un taglio dei costi del 16% in tre anni e una redditività netta a +7% entro il 2015, oltre a dismissioni di asset esteri – si è parlato delle controllate in Francia e Belgio – per fare cassa e alla cessione delle attività di back office di leasing e credito al consumo. Secondo le indiscrezioni riportate dall’Huffington Post lo scorso 13 giugno, data in cui il consiglio d’amministrazione ha approvato l’abolizione del tetto al 4% delle quote, l’aggiornamento del piano potrebbe veder raddoppiare l’aumento di capitale da un miliardo, per il quale il management ha già ricevuto la delega dei soci, a due miliardi, mentre il ridimensionamento dell’organico di 1.100 lavoratori (su 28.700). Come detto, l’Ue vorrebbe più dismissioni sul fronte della rete degli sportelli, attualmente 2.570. Il taglio previsto dal piano industriale “Rilancio 2015” è nell’ordine di 400 filiali.
Per quanto riguarda i risvolti penali del caso Mps, Profumo e Viola non hanno ancora deciso se costituirsi parte civile nel processo nei confronti di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, che parte il 26 settembre. Vertici contro i quali in assemblea si è scagliato Gabriello Mancini, affermando che: «La Fondazione è stata pesantemente ingannata e danneggiata, la Fondazione che non è né complice né artefice». È lo stesso Mancini che il 16 giugno scorso ammetteva: «Abbiamo sbagliato tutti. Dovevamo scendere prima sotto il 50%». C’è chi dice che nella nuova Mps la Fondazione non avrà più del 15 per cento. Il resto, se si riesce, lo avrà il mercato.
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