Niente inciucio tra Tronchetti Provera e la famiglia Malacalza. Per Consob il prezzo dell’Opa che Lauro Sessantuno lancerà su Camfin, holding che controlla Pirelli, è giusto, almeno per il momento. Per la precisione 80 centesimi per azione. Sul presunto “patto occulto” tra i due soci forti della compagnia degli pneumatici il regolatore non ha avuto dunque niente da ridire. «Nessun rilievo particolare, soltanto questioni di compliance formale», assicura chi ha seguito l’iter in prima persona.
Contattati da Linkiesta, da Consob precisano che, ai sensi dell’art. 47 (septies, octies e novies) del Regolamento Emittenti, è possibile correggere in ogni momento – all’interno del periodo di sottoscrizione che va dal 12 agosto al 18 settembre – al rialzo il prezzo dell’offerta del veicolo partecipato da Intesa Sanpaolo, Unicredit e dal fondo Clessidra. Le verifiche, infatti, sono ancora in corso. Se la situazione non dovesse cambiare in itinere, passaggio che chi lavora sul dossier ritiene alquanto improbabile, i piccoli azionisti di Fondiaria Sai, che il prossimo 30 luglio si riuniranno in assemblea straordinaria a Bologna, potrebbero avere qualcosa da ridire.
Un passo indietro: il 4 luglio Consob chiede ulteriori chiarimenti a Camfin sul prezzo di vendita ai Malacalza dei pacchetti azionari detenuti da FonSai e Allianz, sulle valutazioni delle azioni Camfin trasferiti alla newco Lauro Sessantuno, e sulle quote di Massimo Moratti, che ha stretto un accordo con la MTP Spa (in testa alla catena di controllo di Camfin) invece di conferire le sue azioni in adesione all’Opa. Approfondimenti che, come detto, sono ancora in corso.
Uno dei punti controversi sul quale il regolatore vuole vederci chiaro è il prezzo al quale le azioni Pirelli di Allianz (4,4%) e FonSai (2,6%) sono passate nelle mani dei Malacalza. Acquisto forse finanziato con i proventi della loro uscita dal 25,6% di Camfin, valorizzato 80 centesimi per azione. Cifra che implica uno sconto del 12% sul Nav (net asset value), cioè sulle azioni Pirelli in pancia alla holding. I sospetti non mancano: l’acquisto del 7% di Pirelli sembra sia avvenuto a 7,8 euro per azione, con uno sconto di un euro rispetto agli 8,8 euro in cui quotavano le Pirelli nei giorni precedenti alla chiusura della trattativa. Così i Malacalza avrebbero ottenuto uno sconto del 13% sul prezzo di mercato, contemporaneamente valorizzando la loro quota in Camfin ben più degli 80 centesimi a cui hanno venduto: 97 cent. Numero a cui si arriva sommando agli 80 cent i 17 cent per azione ottenuti calcolando lo sconto di 33 milioni sul prezzo di mercato delle quote di Allianz e FonSai, e dividendola per le 200,7 milioni di azioni Camfin cedute a 80 cent.
Roberto Giay, amministratore delegato di Premafin, ai piccoli che gli chiedevano lumi sulla cessione a Malacalza ha sempre risposto citando i patti parasociali di Pirelli, che prevedono l’autorizzazione preliminare di tutti i pattisti all’alienazione delle azioni del patto a terzi. Ergo, se Malacalza voleva comprare, aveva il diritto di prelazione, ma non a sconto, e per giunta a ridosso dell’Opa. «Che i Malacalza abbiano reimpiegato i proventi della cessione Camfin e Gpi per acquistare azioni Pirelli da Allianz e Fonsai è decisione solo loro […] Ancora più incredibile è il sospetto che con i Malacalza si siano presi accordi occulti per garantire anche a loro la valorizzazione su Pirelli cui, a termine, puntano – insieme a Tronchetti – Clessidra, Intesa e Unicredit. Una lettura della vicenda che evidentemente non tiene conto di quasi un anno di aspre contese sia negli organi delle società sia in Tribunali ordinari e arbitrali», ha osservato invece Giorgio Luca Bruno, amministratore della MTP Spa, in una lettera pubblicata nelle scorse settimane sul Corriere della Sera.
Intanto, il prossimo 30 luglio si terrà l’assemblea di Fondiaria Sai. Sebbene all’ordine del giorno ci sia la proposta di azione sociale di responsabilità nei confronti di alcuni ex amministratori e sindaci e il cambio della guardia tra i revisori Ernst & Young e PwC per il 2013-2021, a quanto risulta a Linkiesta alcuni piccoli azionisti invieranno al management una richiesta formale di chiarimenti sulla questione. In questo modo, ai sensi del Tuf, la compagnia sarebbe obbligata a pubblicarla sul sito e a rispondere a verbale. Ieri in un’intervista all’Adnkronos, l’ex sindaco di FonSai Salvatore Bragantini (uno dei circa 80 soci de Linkiesta, ndr) ha ricordato: «Quel che mi turbava era che nessuno abbia mai voluto cercare di massimizzare gli interessi di Fonsai e di tutti i suoi stakeholder, come ad esempio si sarebbe potuto fare cercando un compratore al di fuori dall’universo delimitato da Mediobanca e Unicredit». Ovvero le due banche più esposte sulla filiera Ligresti, la prima direttamente e la seconda verso le holding immobiliari. L’Adusbef, associazione consumerista guidata dall’ex Italia dei valori Elio Lannutti, promette come al solito battaglia, chiedendo assieme a Gianfranco D’Atri, rappresentante del 5% del capitale di FonSai, di commissariare la società e portare il caso in Parlamento. Dopo gli arresti eccellenti dei Ligresti e degli ex amministratori, altri guai in arrivo a complicare la difficile fusione tra Unipol e Fonsai, che è stata approvata oggi dall’Ivass, l’authority assicurativa che opera sotto l’ombrello di Bankitalia.
Twitter: @antoniovanuzzo