Regole e liti, il Pd si impegna per perdere altri voti

Il vero snodo è la condanna di Silvio

«La scelta è politica perché se si candidasse Renzi sarebbero guai per il governo». Volano gli stracci alla direzione nazionale dei democratici. «L’imboscata» del patto di sindacato Epifani-Franceschini-Bersani-Letta alza il livello dello scontro, evocando il restringimento della platea congressuale. «Il segretario sia eletto solo da aderenti nel modo più coinvolgente possibile. Questa è la mia idea». Parola di Dario Franceschini, che in questa fase sembra ricoprire due incarichi: vice di Letta, ma anche vice di Epifani. Il “lodo Franceschini”, ribattezzato così in direzione, riesce nell’impresa di far imbufalire all’unisono renziani, dalemiani, giovani turchi, il «fighetto» Civati, e persino Rosi Bindi. «Un miracolo», esclama un insider. Tutti contrari all’idea che il segretario debba essere scelto soltanto gli iscritti. Perché in questo modo – dicono in coro – svilirebbe «l’idea originaria del Pd».

Alla presenza del premier Enrico Letta, che interviene e blinda «le ragioni per cui è nato questo governo di servizio», il segretario Epifani fissa alcuni paletti: congressi locali prima del congresso nazionale «che si svolgerà comunque entro novembre», ma sopratutto «il congresso non potrà che partire dai congressi di circolo, provinciali e regionali anche perché bisogna rinnovare i gruppi dirigenti territoriali in vista della importante tornata elettorale delle amministrative del 2014». E non importa che Epifani abbia pure aggiunto che «le primarie per la leadership saranno aperte». Perché ormai il dado era tratto. E Matteo Renzi, presente in direzione e seduto in prima fila accanto alla fedelissima Simona Bonafé, non ha affatto condiviso le posizioni del patto di sindacato interno. Non ha proferito parola. Silenzio. È uscito da Largo del Nazareno «scuro in viso», e i fedelissimi raccontano sia   «molto preoccupato». Del resto il match finale sulle regole si celebrerà  mercoledì prossimo, quando nuovamente la direzione nazionale si riunirà per ratificare le norme.

Perché fino a quel giorno non sapremo come andrà finire. Fra i democrat di rito renziano c’è chi usa l’ironia e chi va giù duro senza metafore. E c’è anche chi, come Angelo Rughetti prova a minimizzare: «Non mi sembra spetti alla Direzione del Pd decidere ma alla Assemblea nazionale». Un’assemblea nazionale che è stata fissata per il 14 settembre, quindi, secondo una parlamentare renziana, «la partita è ancora lunga perché in assemblea devono pur avere i due terzi per modificare lo statuto».

Tuttavia ancora esiste un margine di trattativa. «Io spero che questo sia un modo di trattare», mormora un dalemiano. In direzione, fra i diversi scontri, si consuma l’ennesimo fra Massimo D’Alema e l’ex segretario Pier Luigi Bersani. Con il primo che sguinzaglia il fedelissimo Gianni Cuperlo, già candidato alla segreteria: «Il congresso sia aperto, inclusivo con una platea delle primarie come quella attuale, ovvero aperta a tutti». Un intervento che è stato applaudito persino dal primo cittadino di Firenze. Al punto che i maligni del Nazareno sospettano «di un avvicinamento fra Renzi e D’Alema». E addirittura  c’è chi mormora di «un incontro fissato già per lunedì» fra il primo cittadino di Firenze e il Presidente della Fondazione Italiani e Europei.

Ma al netto dei tecnicismi da addetti ai lavori, il futuro dei democratici è appeso anche a ciò che succederà martedì, giorno della sentenza della Cassazione del processo Mediaset di Silvio Berlusconi. Infatti nessuno esclude che la direzione di mercoledì possa addirittura slittare, se Berlusconi venisse condannato dalla Corte Suprema. Ad ogni modo, sintetizza Rosi Bindi, «non si può insistere sull’idea di un congresso chiuso, in due tempi, senza primarie aperte a tutti». «Abbiamo già perso 4 milioni di voti, evidentemente gli garba perdere facile», sbotta un dirigente democrat pisano. E magari, se il dibattito interno dovesse continuare a sintonizzarsi sempre sulle stesse frequenze – «primarie aperte, primarie chiuse» – i democratici continueranno a perdere ancora consensi. Del resto, si domanda un parlamentare, «dopo i 55 giorni di passione di Pier Luigi, i 101 franchi tiratori, il voto sulla sospensione dei lavori d’aula richiesto dal Pdl, a chi vuoi che interessi questo dibattito incentrato sulle regole?». Un dibattito che potrebbe durare ancora diverse settimane, e accompagnare le vacanze degli italiani…

Twitter: @GiuseppeFalci