Risarcimento diretto: un fallimento tutto italiano

Chi lucra sugli incidenti stradali

In occasione dell’assemblea dell’Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) di stamattina pubblichiamo una analisi di Bruno Rossi sul fallimento del risarcimento diretto. Un flop che investe e penalizza purtroppo migliaia e migliaia di italiani. Il tema centrale è che le compagnie assicurative hanno perso ogni controllo sull’RC auto, così il costo delle frodi nella loro variegata fenomenologia: i costi di molti avvocati “parafangari”, le riparazioni fasulle di molti carrozzieri, i finti furti per nascondere incidenti, le follie di una magistratura che paga a peso d’oro un colpo di frusta e le inefficienze dell’intera catena vengono bellamente scaricate sui consumatori, che pagano sull’RC auto la bellezza di quasi 19 miliardi di premi. Le compagnie si limitano solo a distribuire un prodotto, peraltro obbligatorio per legge, senza curarsi tanto dell’efficienza. Con il risultato però che ci troviamo con oltre 4 milioni di veicoli non assicurati e con compagnie che perdono soldi sull’RC auto. Paradosso del paradosso!

Erano in molti negli anni 2005 e 2006 ad invocare il risarcimento diretto (varato a febbraio del 2007), visto dall’Ania e dalle associazioni dei consumatori (e in qualche modo anche dall’Antitrust), come soluzione di ogni male della Rc Auto, soprattutto come valido strumento per ridurre i costi dei sinistri e i premi delle polizze. L’allora presidente delle imprese assicurative, non perdeva occasione per ripetere, come una litania, che il “RD” avrebbe abbassato i premi almeno del 15% . Dopo sei anni, il bilancio, fatta eccezione per la velocità della liquidazione dei sinistri, disegna invece il fallimento italiano (in Francia va benissimo) di questa procedura. Un po’ per motivi intrinseci alla procedura stessa (la “stanza di compensazione” eroga alle Compagnie rimborsi forfettari, ma aleatori che impediscono ogni progettazione di bilancio), un po’ per motivi indipendenti (aumento generale dei prezzi dovuti a tutta una complessa catena di eventi) ma che hanno comunque influito negativamente.
 

Cosa ci si aspettava

– Aumento della concorrenza tra le Compagnie;
– riduzione del costo dei sinistri;
– riduzione delle frodi;
– diminuzione del costo della Rca;
– maggiore velocità nella liquidazione dei sinistri
 

Cos’è successo invece

Concorrenza. 
Come già detto, tra i fautori del risarcimento
diretto c’era anche l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) che, dopo l’entrata in vigore della “liberalizzazione” delle tariffe Rca, aveva monitorato l’evolversi della situazione attraverso un’indagine conoscitiva avviata nel 1996 e conclusasi nel 2003 con una serie di proposte che avrebbero dovuto portare al superamento della scarsa concorrenza riscontrata nel settore della Rca. Tra queste proposte c’era proprio  il risarcimento o indennizzo diretto. Il ragionamento, perfetto sul piano logico, era che dal momento che sarà la propria Compagnia a liquidargli il danno in caso di sinistro, l’assicurato sarà più attento al servizio offerto e cercherà il meglio sul mercato. Le compagnie, da parte loro, cercheranno di farsi concorrenza sulla qualità del servizio per accaparrarsi nuovi clienti, riuscendo magari a controllare meglio anche i costi.

La storia, però, è andata diversamente. L’Antitrust ha cominciato presto a ricevere un numero crescente di denunce relative ad aumenti non giustificati dei premi Rca, tanto che nel dicembre del 2009 ha dato il via ad una nuova indagine conoscitiva che si è chiusa nel febbraio del 2013 denunciando «Ci sono buone ragioni» ha asserito il Garante Pitruzzella «per sostenere non l’attualità della politica per la concorrenza, ma addirittura la sua “centralità”. Numerose criticità di natura concorrenziale che si riflettono, da una parte, in livelli, tassi di crescita e variabilità dei premi non concorrenziali, dall’altra, in strutture dei risarcimenti a carico delle Compagnie non efficienti in senso produttivo e non concorrenziale… L’introduzione della procedura di risarcimento diretto nel 2007 non sembra aver interrotto questo circolo vizioso».

Ammettiamo, però, che avrebbe dovuto fare un miracolo, se consideriamo il ristretto panorama italiano delle assicurazioni italiane. Le imprese operanti nel 2006 erano 178 (nel 2011 sono scese a 144), ma considerando che queste appartengono a pochi gruppi finanziari (una decina quelli maggiori) , potremmo contare non più di una cinquantina di marchi realmente differenti, molto lontani dai 650 inglesi e dai 1.000 tedeschi. Nel 2011 l’Antitrust ne ha dovute sanzionare alcune con 13 miliardi di euro per anti concorrenza. In più il plurimandato (meccanismo principe della concorrenzialità), varato nel 2007 col Decreto Bersani, non ha mai visto la luce per l’ostracismo delle imprese (ma ci ha pensato una legge europea varata in Italia di quest’anno a rilanciarlo).

I sinistri non si sono ridotti
I sinistri numericamente si sono ridotti, ma di questo
il risarcimento diretto non ha alcun merito. Nel 2005 sono stati registrati 1.995.220 sinistri a fronte di 26.731.972 veicoli circolanti pari ad una frequenza di 7,46%, nel 2011 se ne sono registrati 2.308.882 a fronte di 35.724.549 veicoli circolanti con una frequenza di 6,46%. Riduzione sulla quale ha sicuramente influito la crisi economica: si usa meno l’auto, si fanno meno chilometri, circola meno gente, ci sono meno incidenti. È aumentato, però, il costo medio che nel 2005 (prima del risarcimento diretto) era di 3.748,96 euro, ma che nel 2011 è arrivato a 4,060 euro. È vero che nel frattempo sono entrate in vigore le nuove tabelle del Tribunale di Milano per danni alla persona di grave entità, ma è anche altrettanto vero che il meccanismo italiano del risarcimento diretto ha creato nuovi fenomeni con ripercussioni negative sul costo del sinistro.

Sinistri fantasma e…
Sì, oltre alle Compagnie fantasma, alle polizze fantasma,
ai contrassegno fantasma, alle frodi fantasma, ci sono anche i…. sinistri fantasma. Sono quelli che fanno più imbestialire gli assicurati che ne sono vittime. Si verificano quando un ignaro assicurato si vede applicare un malus per un  incidente che non ha mai causato…. Per farselo togliere l’ignaro e arrabbiato automobilista deve iniziare una vera e propria via crucis alla ricerca di prove difficili da trovare. Se ne è dovuta occupare anche l’Isvap per la dimensione assunta dal fenomeno che penalizza con l’aumento del premio chi non ha causato sinistri e crea costi impropri (sono sinistri in fumus di frode) che concorrono agli aumenti tariffari.

…sentenze gemelle
Altro aggravio di costi si crea con le cosiddette sentenze gemelle.
Accade che , ad esempio per una mancata precedenza, entrambi i conducenti reclamino la ragione. Mentre con la procedura classica ciascun conducente invia la richiesta  di risarcimento alla compagnia avversaria e questa procede all’accertamento e all’eventuale contestazione, nella procedura “Rd” ciascun conducente può farsi risarcire dalla propria Compagnia e questo può innescare una pericolosa procedura.

Poniamo che il conducente “A” chieda il risarcimento alla propria Compagnia. Questa, prima dello scadere del sessantesimo giorno (dopo il quale entrano in ballo gli avvocati) paga il proprio cliente senza avvertire quella avversaria . Poniamo anche che il conducente “B” chieda alla propria Compagnia di essere risarcito. Questa, venendo a sapere che la Compagnia di “A” ha pagato, rifiuterà di risarcire il proprio cliente il quale, però, superati i 60 giorni potrà fare causa alla propria Compagnia e ottenere il risarcimento. Non è che a seguito dell’oggettivo riconoscimento della ragione di “B” la Compagnia di “A” possa richiedere i soldi indietro. No. Tutto rimane così facendo registrare due “risarcimenti… gemelli”.

Il commercio dei sinistri.
Uno dei passaggi principali della procedura “Rd”
è il “risarcimento in forma specifica”: il cliente/danneggiato fa riparare l’auto dalla carrozzeria convenzionata con la propria Compagnia e la ritira senza pagare un centesimo. Da questo semplice ed innocente passaggio è nato, con la cessione del credito al carrozziere, un perverso meccanismo ch Francesco Avallone, vice Segretario nazionale di Federconsumatori, ci ha dichiarato essere il famigerato “commercio dei sinistri”: – moltissimi carrozzieri sono organizzati con un proprio avvocato e persino con un proprio medico. Il cliente, una volta firmata la delega, viene completamente estromesso dal “giro” . Le cose poi montano da sole, o meglio montano con l’aiuto di consulenti… “specialisti”. E il gioco è fatto.- Ed i costi lievitano in misura esponenziale.

Il malus al contrario…
Poi c’è il problema, non del tutto marginale,
del meccanismo forfettario che regola il dare-avere tra le Compagnie. Se per caso i danni pagati al proprio cliente sono superiori al forfait rimborsato dalla “stanza di compensazione” , una Compagnia potrebbe venire a trovarsi in “passivo” anche se il proprio cliente è uno di quelli prudenti e attenti, che viaggia in prima classe tariffaria e che i sinistri li subisce anziché causarli. C’era addirittura qualche compagnia che pensava di istruire una procedura “malus” per i clienti con….troppi sinistri attivi. Per inciso va detto che il rimborso , fissato – ogni anno – sulla base dei costi medi dei sinistri dell’anno precedente è un sistema che  pare fatto apposta per creare incertezza e confusione .

Le frodi? Una scusa per aumentare i prezzi.
Nessuna riduzione.
Anzi, forse qualche occasione in più per “ inventarsi” un sinistro, sfruttando qualche buco nella procedura. In ogni caso non ci sono dati oggettivi. Nessuno ne sa veramente niente. Per le Compagnie le frodi si aggirano intorno al 10-15% dei sinistri, ma si tratta di percentuali falsate perché si riferiscono a frodi “percepite” e non a frodi denunciate. Queste ultime arrivano, invece,  solo ad un 3%. Così le Compagnie continuano a spalmare , insieme a tutto il resto, anche i costi delle frodi fantasma (una frode non denunciata non esiste) sui premi delle polizze.

Diminuzione del costo della Rca? Anzi…
Altro obbiettivo mancato.
Dall’indagine dell’Antitrust risulta che , nel periodo 2006-2010, i premi medi degli assicurati di sesso femminile sono aumentati, ogni anno, per tutti i profili e per tutte le province italiane fino ad oltre il 45% nel sud. Stessa situazione  per gli assicurati di sesso maschile che hanno addirittura superato il 50%, come nel caso della polizza di un motociclo al centro Italia.
Guardando all’Europa, la stessa indagine conferma che il premio medio italiano è più del doppio di Francia e portogallo, supera quella tedesca dell’80% e quello olandese del 70%. La crescita dei prezzi per Rca nello stesso periodo è stata quasi il doppio di quella dell’Eurozona e quasi il triplo di quella francese.

Velocità di liquidazione
Questo è l’unico risultato positivo
come confermato dai dati dell’indagine dell’Antitrust: dai 63 giorni di media del 2006 per ottenere la liquidazione di un sinistro, si è passati ai 47 giorni del 2012. Comunque troppo poco considerando le aspettative.

In conclusione
Le Compagnie si sono inventate il Rd perché, a sentire i loro lamenti,
era l’unico modo per abbassare tecnicamente i prezzi della Rca, ma il fatto è che le imprese assicurative la verità non la dicono tutta…I costi delle polizze sono gravati da troppi misteriosi orpelli che poco o niente hanno a che fare con i sinistri. Sulle tariffe scaricano di tutto: sanzioni dell’Isvap e dell’Antitrust, truffe fantasma, perdite per eccesso di sinistri, rimborsi insufficienti della stanza di Compensazione, e molto altro ancora.  

*tratto da Golem, dalla notizia all’informazione, pubblicato il 21 giugno 2013

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