Nuove accuse arrivano dal Kazakhstan nei confronti di Mukhtar Ablyazov, magnate e dissidente politico per alcuni foraggiatore dell’opposizione al presidente kazako Nursultan Nazarbayev. Secondo un servizio andato in onda il 17 luglio sulla televisione locale di Zhezkazgan, località a sudovest della capitale Astana, Ablyazov avrebbe finanziato i sindacati della Kazakhmys, società mineraria inglese attiva nell’estrazione del rame con quattro impianti nel Paese. Nel mirino Ainur Kurmanov del sindacato Zhanartu e Berik Zhagiparov, giornalista, accusati di essere a libro paga di Ablyazov. In particolare Zhagiparov ha dichiarato di aver ricevuto minacce di diventare il “Koslov di Zhezkazgan”.
Il riferimento è al leader del partito di opposizione “Alga!” condannato a sette anni di reclusione dopo le rivolte del dicembre 2011, che hanno coinvolto, tra gli altri, i dipendenti della Ersai Caspian Contractor, joint venture paritetica tra Saipem, controllata dall’Eni, e il fondo kazako Lancaster Group. Ora il timore degli osservatori internazionali è che possa scatenarsi un’escalation di violenze simile a quella che nel 2011 è stata repressa dall’esercito e dalla polizia con decine di morti e feriti. Secondo quanto riportato dal think tank americano Carnegie Endowment, già l’anno scorso i lavoratori della fabbrica siderurgica di Zhezkazgan erano riusciti ad ottenere un aumento salariale tra il 20 e il 30% dopo una serrata di diversi giorni che aveva coinvolto 700 dipendenti.
I riferimenti ad Ablyazov in fatti che riguardano una società britannica non sono casuali. Proprio nei giorni del blitz di Casal Palocco, tra il 27 e il 28 maggio, il premier David Cameron aveva incontrato il presidente Nursultan Nazarbayev per apporre il sigillo diplomatico a contratti dal valore di 5 miliardi di dollari nel prossimo anno e mezzo. Tuttavia, nei confronti di Ablyazov l’atteggiamento del Regno Unito è stato ambiguo. Prima l’accoglimento, da parte del Foreign office, della richiesta di asilo politico avanzata nel 2011, poi il congelamento, deciso dall’Alta Corte di Londra proprio in questi giorni, di 3,5 miliardi di dollari.
Secondo l’accusa, si tratterebbe di parte del tesoretto da 15 miliardi sottratto alla banca BTA, di cui era presidentee proprietario fino al 2009 poi finita in bancarotta. Un’accelerata nel processo da parte dei legali inglesi dell’istututo di credito – che hanno intentato una causa civile a Londra – resa possibile grazie al via libera del giudice all’accesso della posta elettronica del cognato Syrym Shalabalayev, condannato a 18 mesi e rifugiatosi a Cipro. Fino a pochi anni fa considerato il delfino di Nazarbayev, Ablyazov è il contrario del patriarca del Kazakhstan: si è arrichito con le privatizzazioni e non con l’economia di Stato. La sua identità e i suoi scopi non sono chiari. Secondo Andrian Yelemessov, ambasciatore del Paese a Roma che sulla la Stampa ha pubblicato un lungo intervento, «in Kazakhstan sono attivi varie centinaia di media indipendenti dei quali solo un paio appoggiano Ablyazov e questo per il semplice motivo che sono al suo soldo». E ancora: «A parte comprare limitata influenza politica in Kazakhstan e fare danni con una ben finanziata campagna di Relazioni Pubbliche all’estero, c’è ben poco che possa qualificare Ablyazov come “leader dell’opposizione” in Kazakhstan».
Si dice che Timur Kulibayev, genero di Nazarbayev finito nella lente d’ingrandimento della Procura di Milano per una vicenda di presunte tangenti di Eni nel consorzio per lo sviluppo del giacimento del Kashghan, sarebbe stato in pole position per la successione, ma proprio in seguito all’ondata di scioperi del 2011 è stato fatto fuori dal fondo sovrano da 80 miliardi di dollari che guidava. La guerra di successione, che dura ormai da due anni, potrebbe riservare ancora numerose sorprese per i cospicui interessi energetici delle multinazionali nel Paese asiatico.
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