Se Giorgio Napolitano scavalca il Parlamento sugli F35

Dopo il Consiglio Supremo di Difesa

Mi chiedo che cosa sarebbe accaduto se un altro Presidente della Repubblica – non Giorgio Napolitano, ma magari un suo successore – avesse avuto lo stesso comportamento dell’attuale inquilino del Colle sul tema delle competenze del Parlamento. Immaginate per un attimo, se a bacchettare i deputati dopo il dibattito a Montecitorio fossero stati Silvio Berlusconi, o Mario Monti, o un qualsiasi altro tecnocrate assurto al ruolo di primo cittadino. Mi chiedo cioè, che impressione avrebbe fatto un altro presidente della Repubblica non accompagnato dal prestigio, e dalla indubbia attestazione di disinteresse personale di cui Napolitano ha dato prova in questi anni. 

Se questo ipotetico presidente avesse messo nero su bianco su un comunicato ufficiale, il concetto cruciale e dirompente che il Parlamento non ha piena sovranità sulla scelta di confermare o meno il programma di armamento degli F35, che cosa avremmo detto? Non si tratta quindi entrare nella complessa vicenda tecnica dei cacciabombardieri, secondo alcuni ormai obsoleti, secondo altri soltanto costosi, secondo altri ancora sia costosi sia inutili, che tecnologicamente superati. Il problema aperto dal comunicato di Napolitano, è quello dei poteri di fatto del Presidente, che in questi mesi sembrano incredibilmente accresciuti e dilatati, tanto quanto quelli del Parmamento sembrano invece ridotti.

È vero che il Capo dello Stato nel nostro ordinamento è anche il capo delle forze armate, e non ho dubbi che nella motivazione di Napolitano ci sarà il sostegno di qualche cavillo o codice dottamente evocato. Ma un intervento di questo tipo e di questo peso simbolico non lo ricordo nemmeno ai tempi della presidenza di Francesco Cossiga, che pure rischiò un’impeachement per il suo interventismo. Ricordo anzi, e lo faccio per rendere il senso della diversa percezione dei poteri del Quirinale, che ai tempi di Cossiga ci fu chi mise in dubbio la legittimità di un suo intervento, quando bacchettò la Rai, per un nuovo luogo in cui i colori del tricolore erano disposti in maniera orizzontale anziché verticale (“Quella mi sembra la bandiera ungherese!”, esclamò). Visto con i parametri di oggi quella polemica sembra un’inezia.

Anche perché, a rendere più duro l’intervento di Napolitano, c’è anche il fatto che arriva, in forma di “rimprovero”, dopo il dibattito in Parlamento, e non prima, in forma di monito. Napolitano, insomma, ha assistito a una discussione della Camera, e poi ne ha parzialmente delegittimato le conclusioni. Il presidente afferma che il Parlamento non ha sovranità sui programmi di lungo termine che impegnano le forze armate la difesa.

La prima obiezione che mi viene in mente è che, in tempi di crisi, tutto è stato messo in discussione, non si capisce perché le scelte belliche dovrebbero rimanere invariate, visto che sono state ridiscusse in molti altri paesi d’Europa. La seconda, invece, riguarda proprio i poteri del Presidente. Dalla scelta del governo tecnico a quella del governissimo, Napolitano ha condizionato in maniera decisiva la politica nazionale. E adesso è dotato – per via del caso unico di un doppio mandato – di un potere ulteriore, che nessun suo predecessore ha mai avuto: quello di poter minacciare le dimissioni Nel caso dovesse essere scontento delle scelte delle forze politiche in Parlamento su temi decisivi, come ad esempio la formazione dei governi. In che vuol dire che una piccola riforma semipresidenziale nei fatti è stata già realizzata.

Ho molta fiducia in Napolitano, ma allo stesso tempo sono molto preoccupato: cosa accadrebbe se in futuro un suo successore, dovesse invocare il precedente di Napolitano per giustificare i suoi interventi in conflitto con gli altri organi dello stato? 

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