Portineria MilanoSindaci, banchieri, dirigenti locali: la rete di Renzi

La mappa è molto più vasta del 2012

C’è un motivo se questa volta, almeno per adesso, l’assalto dell’asse Letta-Franceschini-Epifani alla modifica delle regole per il congresso nazionale del Partito Democratico è andato a vuoto e dovrà riprovarci nei prossimi giorni. Dalla Val d’Aosta alla Sicilia ribolle la base renziana del Partito Democratico, che si è fatta sempre più forte in questi mesi, dopo la sconfitta alle primarie del novembre del 2012 e dopo il fallimentare tentativo dell’ex segretario Pierluigi Bersani di costruire un governo con il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo.

Il territorio, dalle segreterie locali, provinciali e regionali del Pd fino ai sindaci, agli assessori o alle poltrone delle Fondazioni bancarie, è sempre più in mano dei fedelissimi di Matteo Renzi, il rottamatore di Firenze, come al solito protagonista dell’ultima direzione nazionale dei democratici. Il problema delle regole del prossimo congresso nazionale tiene con il fiato sospeso il Pd in attesa della prossima assemblea. “Matteo” non ha ancora sciolto la riserva, ma intanto c’è chi inizia a rumoreggiare perché la situazione, andando a vedere sul territorio, appare ben diversa da quella di un anno fa quando Renzi partiva da semplice outsider.

A farsi sentire in queste ore contro il patto dei vertici decisi a sbarrargli la strada, sono appunto i fedelissimi di Renzi, i primi cittadini e quella «base» che in questi mesi è andata allargandosi per ribaltare gli schemi all’interno di via del Nazareno. E soprattutto, in questa fase i fari sono accesi sulla «zona grigia» del Pd locale, quella fatta da lettiani, franceschiniani e altro ancora, che si era avvicinata a Renzi in questi mesi senza ancora prendere una decisione definitiva.

Come evolve questa decisiva zona di mezzo, decisiva nel pesare sulle scelte prossime venture di Epifani e della nomenklatura Pd? Il primo cittadino di Firenzeha lavorato molto dopo le primarie. Si ècostruito intornoun consenso che non è fatto solo di spot propagandistici sui giornali. Passa dalla classe dirigente piddina, arriva nei comuni e attraversa persino le banche e il mondo cooperativo caro alla vecchia classe dirigente e di potere Pci. Nasce in questa chiave, per esempio, la nomina del sindaco di Torino Piero Fassino alla presidenza dell’Anci, l’associazione dei comuni italiani. Quell’incarico nasce appunto dopo un accordo tacito tra l’ex segretario dei Ds e Renzi: l’appoggio al prossimo congresso. Il Piemonte è solo una delle tante regioni che ha subito negli ultimi mesi una vero e propria rivoluzione dei meccanismi interni dei democratici, con il consolidamento della corrente di Renzi.

Del resto già Sergio Chiamparino, ex sindaco, ora presidente della Compagnia di San Paolo (la fondazione grande azionista di Intesa Sanpaolo), ha assicurato da qualche mese il suo appoggio a Renzi. Così pure ha fatto nelle ultime settimane Stefano Esposito, il pro Tav, ex Ds, che ha aperto un dialogo con il sindaco di Firenze. A Novara il rottamatore può contare poi su un altro sindaco, Andrea Ballarè. Non solo. Il vicesindaco sotto la Mole è Elide Tisi, vicina a Renzi, come la gran parte dei nuovi assessori nominati da Fassino che ha preferito a metà luglio premiare la componente renziana sacrificando quella di Pd e Sel in rispetto all’accordo con il rottamatore.

Anche in Lombardia e a Milano gli schemi si sono negli ultimi tempi ribaltati. Alla segreteria regionale è arrivato Alessandro Alfieri per sostituire un bersaniano di ferro come Maurizio Martina, ora sottosegretario all’Agricoltura con deleghe all’Expo 2015. Ma lo stesso Giuliano Pisapia, sindaco del capoluogo lombardo, ritenuto spesso un «vendoliano» perché amico di Nichi Vendola di Sel, ha detto più volte in questi mesi di puntare molto su Renzi nel futuro.

Poi ci sono i sindaci lombardi che stanno con Renzi, da Eugenio Comincini di Cernusco sul Naviglio, fino alle simpatie di Simone Uggetti a Lodi, successore di un renziano di ferro come Lorenzo Guerrini, ex Margherita. E poi a Lecco c’è Virginio Brivio. Ma è Brescia, la leonessa –  dove il Pd è ben strutturato grazie anche all’attivismo di un ex sindaco di peso come Paolo Corsini – che i renziani stanno facendo valere in questi mesi il loro peso emergente. Qui Renzi può contare su un nome importante come quello di Alfredo Bazoli, nipote del banchiere di Intesa San Paolo Nanni, una delle punte di diamante dei renziani in Italia.

Stesso discorso vale in Veneto, dove Renzi ha spodestato in questi mesi i bersaniani. A Vicenza, città della fedelissima dell’ex segretario Alessandra Moretti, il sindaco Achille Variati lo dice chiaro e tondo: «Sono favorevole all’allargamento della partecipazione e al coinvolgimento del maggior numero possibile di cittadini che vogliano contribuire alle scelte per il futuro. Mi pare invece, al contrario, che si continui a discutere di chiusure e paletti per ridurre la partecipazione».

Da queste parti il Pd è ancora in mano a Bersani, ma ilsegretario regionale, Rosanna Filippin, lo disse in tempi non sospetti: «Da queste parti Renzi può sfondare». Del resto, nella regione dei piccoli imprenditori dove il modello Nord-est della Lega Nord sta ormai franando il sindaco di Firenze viene visto come una possibilità di speranza per il futuro.

In Liguria stesso discorso. Anche il segretario regionale Lorenzo Basso, giovane deputato, si dice si stia avvicinando al rottamatore. A staccarsi dai bersaniani negli ultimi tempi sono stati due assessori regionali della giunta di Claudio Burlando (già con Renzi ndr), Renzo Guccinelli e Claudio Montaldo. Anche se il vero asso nella manica dell’ex Margherita, da queste parti, si chiama Federico Berruti, sindaco di Savona che rispetto ai tentativi di cambiare le regole del congresso nazionale da parte di Epifani e Letta ha dato questo commento al vetriolo: «Altrove questi signori ormai si dedicherebbero a tempo pieno ai loro hobby, alla pesca o altro, qui no – ha sottolineato -. E parliamo di dirigenti che hanno la responsabilità di avere portato l’Italia nella situazione in cui si trova, che non sono riusciti a vincere neppure le ultime elezioni».

In Emilia Romagna, storica patria dei Ds e del mondo delle Coop, Renzi è riuscito negli ultimi mesi ha tessere un dialogo con il segretario regionale Stefano Bonaccini, uno dei fedelissimi di Bersani. A Forli c’è Roberto Balzani, a Faenza Giovanni Malpezzi, a Imola Daniele Manca e a Pesaro Matteo Ricci. Persino nella città di Bersani, Piacenza, c’è Paolo Dosi, a Rimini Andrea Gnassi, altro renziano di ferro. In Emilia Romagna il tappo resta il presidente Vasco Errani, fedelissimo dell’ex segretario. Ma è significativo che anche il sindaco di Bologna Virginio Merola ha speso parole di miele per il primo cittadino di Firenze.

In Toscana la situazione è differente. Il presidente della regione Enrico Rossi si tiene distante, ma intanto il segretario regionale del Pd Ivan Ferrucci ha affidato a un renziano l’organizzazione del partito sul territorio. E nel frattempo Renzi sta per raccogliere, come raccontato dall’Huffington Post, l’appoggio del presidente del Monte dei Paschi, Alessandro Profumo. Il 30 luglio a Roma si svolgerà un convegno molto renziano all’Istituto Don Luigi Sturzo di Roma. A organizzarlo l’ex vicesindaco di Firenze e deputato Dario Nardella. A partecipare pure Marco Carrai, il sempre più potente Gianni Letta di Renzi, già nell’Ente Cassa di risparmio di Firenze e con un posto pure in Aeroporti Firenze.

In Lazio la situazione è più complessa, ma qui ci sono i 53 parlamentari a farsi sentire, tra cui un super attivista come Roberto Giachetti. Poi c’è un peso massimo come Goffredo Bettini che alle scorse primarie votò per Bersani. E pure il sindaco di Roma Ignazio Marino potrebbe farsi affascinare dal renzismo. In Campania nascono e si muovono ogni mese nuovi centri studi Big Bang, mentre le vecchie leve diessine iniziano a calare.

Dal consigliere regionale Raffaele Topo a un nutrito gruppo di amministratori locali come il primo cittadino di Pozzuoli Enzo Figliolia o quello di Massa di Somma Antonio Zeno, fino a Enzo Cuomo, ex sindaco di Portici e ora senatore del Pd, il renzismo è di casa. Di più. Renzi sarebbe riuscito, grazie anche a un accordo con Massimo D’Alema, a radunare sotto la sua ala il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca.

Così accade in Puglia, Calabria e Sicilia, dove i renziani sono aumentati con il sindaco di Bari Michele Emiliano, la deputata Giusy Servodio o il sindaco di Diamante Ernesto Magorno. Nell’isola c’è poi Davide Faraone, fedelissimo del rottamatore, che a luglio ha organizzato riunioni con amministratori locali sicule: da queste parti pure gli ex cuffariani Dc o ex di Raffaele Lombardo sono pronti a salire sul caro del rottamatore. In una miscela di nuovo, di ricambio generazionale e di vecchio riverniciato con molta gente che sale sul carro. Ma così è la politica. Al netto della retorica sulla rottamazione.

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