Sprechi siciliani, il costoso carrozzone dei 3.500 Pip

“Piano inserimento professionale”

È una storia che la Sicilia si porta avanti da circa vent’anni quella dei «Pip». Niente equivoci, non è la storia di un partito centrista dell’isola, che resta pur sempre la patria dei democristiani «duri e puri». Ma è l’acronimo di “piano inserimento professionale”. Una faccenda seria verrebbe da pensare di primo acchito. In realtà rappresenta l’antologia di ciò che è stata, e purtroppo continua a essere, la politica “clientelare” del Palazzo siciliano. Una storia che riguarda 3.516 precari, definiti dalla penna sottile di Carmelo Caruso su Panorama, un «esercito di misérables». Un carrozzone del precariato siculo che dal 1999 a oggi è costato alla casse della regione oltre 400 milioni di euro.

Ma facciamo un po’ d’ordine. La storia dei “Pip” inizia negli anni Novanta con il progetto “Emergenza Palermo”. All’epoca il capoluogo di regione era guidato dal sindaco della primavera palermitana Leoluca Orlando. Ma “U sinnacollando”, lo chiamano così in città, decide di candidarsi alle regionali come governatore, e il capoluogo viene commissariato e affidato a un ex magistrato del Tar, Guglielmo Serio. In questo contesto nasce il carrozzone più grande della storia del precariato italiano. «Un progetto nato a ridosso della campagna elettorale delle politiche, e poi delle regionale – spiega un ex parlamentare siciliano di rito diessino – con l’obiettivo di raccattare consensi su consensi».

Raccontano funzionari di Palazzo delle Aquile, sede di rappresentanza del Comune di Palermo, che all’epoca «i notabili del centrodestra si sedettero attorno ad un tavolo e decisero quanto persone fare entrare, e, sopratutto, chi fare entrare nella lista dei Pip». Le richieste furono tantissime, ben 28mila, e all’epoca ci fu qualcuno fra i politici più in auge che incassò «corpose tangenti». A fronte di un altissimo numero di richieste, i posti disponibili erano «solo» 1.240. I quali, secondo il progetto iniziale, sarebbe stati assunti per uno stage di un anno retribuito a 800 mila lira al mese.

Non si fece una selezione «meritocratica» all’ingresso. Anzi. Si fecero confluire nel progetto i disoccupati dei rioni palermitani, e in alcuni casi, si optò per veri e propri mafiosi. Addirittura c’è chi conferma a Linkiesta  che «circa 2 mila di essi sono ex detenuti». Del resto, spiegò a Panorama il capopopolo dei “Pip”, quel Mimmo Russo oggi consigliere comunale di Palermo eletto fra le fila del partito di Raffaele Lombardo, «anche i mafiosi, certo. Mica la legge lo impediva, non lo esplicitarono». Semplice. Addirittura a pochi giorni dalle elezioni comunale del 2001, quelle che incoronarono il berlusconiano Diego Cammarata, il commissario straordinario del comune Guglielmo Serio raddoppiò il numero dei Pip, portandoli a 2.480. Una cifra pazzesca, che venne considerata tale anche dal governatore più votato della storia della Regione siciliana, quel Totò Cuffaro che tra un bacio e un cannolo riceveva ogni giorno all’Oceania di Palermo centinaia e centinaia di clientes. Ma anche “Vasa Vasa” si dovette piegare a quei 2.480 precari «garantendogli 36 milioni annui nel corso della sua legislatura».

Perché la peculiarità dei Pip è proprio questa: nascono da un progetto comunale ma sono finanziati dalla Regione. Ma nel 2010 avviene la svolta. Come racconta l’edizione palermitana di Repubblica con Emanuele Lauria, l’allora governatore della regione Sicilia Raffaele Lombardo, definito dai più «il re delle nomine», fece il seguente ragionamento: «Perché dobbiamo pagare 36 milioni a questi precari che poi votano per Cammarata? Tanto vale portarli alla Regione: costeranno lo stesso ma almeno voteranno per me». Nacque così una società regionale ad hoc, Social Trinacria, all’interno della quale confluirono gli ex Pip, che nel frattempo divennero 3.516. A garantirli sempre il capopopolo Mimmo Russo, che in occasione della finanziaria regionale approvata dalla giunta di Lombardo festeggiò per tutta la notte per le vie di Palermo insieme all’esercito degli ex Pip: «La Sicilia quella vera siamo!», urlarono a squarciagola.

E non importa che fra i 3.516 ci sia di tutto e di più. Ad esempio, arrivò a scrivere il quotidiano spagnolo El Pais, che nel calderone degli ex Pip si annoveravano «sei ex sicari di Cosa Nostra a guardia dei tesori di Palazzo Abetellis». Fra questi, segnalava ieri Salvo Palazzolo sull’edizione palermitana di Repubblica, si annovera un certo Tonino Serenella, «un giovanotto di 37 anni, ben vestito» fra i più stretti collaboratori del boss di Porta Nuova Alessandro D’Ambrogio. Lo scorso 3 luglio Serenella è stato arrestato dai carabinieri del Nucleo Investigativo, sequestrandogli beni per 40 milioni di euro. Fra questi uno yatch di dieci metri, ormeggiato al porticciolo dell’Acquasanta, un gommone, un acquascooter, e una sportiva Mini Cooper “Country man”.

Ma tutto ciò alla regione «più sprecona d’Italia» non interessa. Perché lo spreco scorre nel sangue della Sicilia e dei siciliani. Infatti, anche il «rivoluzionario» Rosario Crocetta, colui che avrebbe dovuto smantellare «clientele senza fare macelleria sociale» ha rispettato la posizione degli ex Pip. Addirittura sotto campagna elettorale un deputato regionale del Pd, si dice Fabrizio Ferrandelli, gli avrebbe organizzato più di un incontro con 300 di essi. Oggi Crocetta smentisce e accusa l’ex pupillo Ferrandelli: «Tu hai fatto degli atti ingenui, caro Fabrizio. Mi volevi fare incontrare gli ex Pip e ora si scopre che 50 di loro sono in carcere per mafia».

Ma nella finanziaria regionale Crocetta, onde evitare che la città di Palermo si trasformasse nella Beirut del Belpaese, ha chiesto un’ulteriore proroga stanziando altri 36 milioni di euro per l’anno in corso. Ma, come spiega a Linkiesta il deputato regionale de La Destra Gino Ioppolo, «a dicembre saremo punto e accapo, si ripresenterà la stessa vicenda, e si dovrà cercare una soluzione, non un rinvio». Ad oggi i 3.516 precari ricevono un sussidio di 800 euro al mese. E fra essi ci sarebbe chi avrebbe percepito ugualmente il sussidio nonostante fosse finito in carcere. «Nel settanta percento dei casi si tratta di mafia», spiega Crocetta che ha reso pubblico l’elenco dei nomi dei carcerati sul foglio paga della Regione. Ma gli ex Pip rilanciano: «Abbiamo consegnato tutte le buste paga alla Procura della Repubblica e dimostrato che non è vero che i Pip in stato di detenzione ricevevano comunque lo stipendio». A ogni modo, per dirla con il capopopolo dei Pip, Mimmo Russo, ci sono «anche i mafiosi, certo. Mica la legge lo impediva, non lo esplicitarono». 

Twitter: @GiuseppeFalci 

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