«Puoi ballare ogni ballo con un ragazzo». La festa scolastica di Justin è uno dei momenti centrali di Queer as Folk, prima serie tv a raccontare senza tabù le persone omosessuali.
Justin, dopo aver ballato con Brian (il suo grande amore), viene aggredito da un coetaneo che non condivide la felicità del compagno di classe. Questa scena, simile a quelle che scandiscono ancora la cronaca italiana (sabato 29 giugno a Milano, poche ore dopo il Pride cittadino, è stato picchiato un trentenne), non fa parte dell’immaginario del nostro paese. La7 non mandò mai in onda la serie di cui acquistò i diritti.
Il racconto inedito delle persone omoaffettive non rappresenta solo l’incentivo alla tanto sofferta svolta sociale. Gay e lesbiche garantiscono alle aziende culturali un rilancio, necessario per essere sempre contemporanei quindi al centro del mercato. Youtube, pochi giorni dopo la sentenza statunitense che garantisce il matrimonio a tutti i cittadini, ha chiesto ai propri utenti realizzare dei video rappresentativi del presente paritario.
La colonna sonora dell’invito è Some Love, un rap sentito, in meno di un anno, 53milioni di volte.
Il sito di video sharing prova, attraverso questa operazione, ad avere il monopolio di un cambiamento mondiale mediato dalla rete. Su internet, infatti, la politica per tutti incontra il proprio elettorato. Il video della Casa Bianca sull’integrazione degli individui omoaffettivi
risponde ai cittadini che hanno chiesto a Obama di legalizzare il proprio amore durante la recente campagna elettorale.
Il matrimonio per tutti è un investimento sicuro. I creativi che raccontano, in rete, il cambiamento della società riescono a non replicare la tv. L’innovazione è insita nello sguardo dell’utente che non è solo il testimone di una storia. Il consumatore è al centro e diventa, in pochi secondi, il protagonista di un percorso probabilmente non suo. In It’s Time, è un ragazzo che riceve un anello di fidanzamento da fusto australiano alla fine di una festa di compleanno, un momento felice tra i tanti messi in scena.
L’utente condivide con lui anche il capezzale della madre. In Love is Love lo spettatore è, invece, una donna che sulla lapide dell’amata lascia un mazzo di rose.
Le due hanno vissuto la malattia ma anche il matrimonio della figlia. L’utente, in questo episodio, fa proprio il paradosso della prima generazione di gay emancipati che non ha avuto le possibilità dei propri genitori o figli. Bambini che in Invisible Parents ripercorrono le difficoltà dei propri padri.
«Quando ti volti, intuisci quanto dev’essere stato difficile per i tuoi genitori fare certe scelte che in taluni casi ha fatto la società al loro posto. Mentre ti giri li ringrazi per come si sono amati, per come ti hanno amato». Sessant’anni dopo il passaggio dal bianco e nero al colore (iniziato negli Stati Uniti nel 1954) il video è, di nuovo, un ponte. Un’idea, insegna Youtube, per essere vincente oggi deve illuminare quel che sembra invisibile.
Twitter: @gmolaschi