Non nuovi strumenti finanziari, ma semplificazioni burocratiche e fiscali. Di questo ha bisogno il mondo dell’impresa e dell’industria. Ne è convinto Giampaolo Galli, deputato Pd ed ex direttore generale di Confindustria. Commentando l’articolo di Fulvio Coltorti, ex direttore dell’Ufficio Studi di Mediobanca, sulla progressiva finanziarizzazione dell’industria, l’economista spiega: «Il fatto che le industrie abbiano una rilevante parte dell’attivo investita in strumenti finanziari può essere un modo per svincolarsi dalle banche per essere più solide sia dal punto di vista patrimoniale che della liquidità».
Per spiegare la progressiva finanziarizzazione dell’industria, Coltorti cita un dato tratto da R&S di Mediobanca: nel triennio 2009-2011 gli impieghi di capitale aventi natura finanziaria (acquisizioni, liquidità e dividendi) hanno costituito tra 1,5 e 1,7 volte quelli industriali, rispettivamente, in Europa e in Nord America.
Se ci riferiamo alla crisi 2009-2011, le imprese hanno messo in atto delle strategie difensive per evitare danni maggiori e quindi di qualunque attività si parli bisogna vederla non tanto in un’ottica di ottimizzazione nel lungo periodo, quanto in una difensiva di breve periodo. Detto questo non c’è motivo di criminalizzare la finanza d’impresa. Il punto semmai riguarda la politica economica: i governi cioè devono cercare di creare il contesto per cui diventa più conveniente investire in attività reali piuttosto che in attività finanziarie. Bisogna riconoscere poi che avere una rilevante parte dell’attivo investita in strumenti finanziari può essere un modo per svincolarsi dalle banche per essere più solide sia dal punto di vista patrimoniale che della liquidità. Forse dunque il dato citato da Coltorti – ma faccio solo un’ipotesi – può riferirsi proprio a questo aspetto: evitare di trovarsi a corto di liquidità e dipendenti dalle banche, le quali magari non prestano. La crisi è iniziata con un credit crunch e si è sviluppata attraverso una continua restrizione creditizia che sta continuando in buona misura perché le autorità internazionali stanno stringendo i criteri.
FULVIO COLTORTI La fabbrica della crisi, finanziarizzazione e declino
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LUCIANO GALLINO Se la finanza specula l’industria muore
PATRIZIO BIANCHI Le imprese investano sui prodotti, non sulla finanza
È tutta colpa di Basilea III? O della corsa alla compliance degli istituti di credito?
Imporre criteri restrittivi che entrano in vigore gradualmente fino al 2018 vuol dire di fatto imporli adesso: una banca che non è compliant ora è a rischio e la moral suasion delle autorità di vigilanza non aiuta ad allargare gli impieghi verso famiglie e imprese. Ora, tutti abbiamo interesse ad avere un sistema bancario solido, ma scoprire che le imprese statunitensi ed europee hanno attivi consistenti e non passivi consistenti mi porta a pensare bene e non male, vuol dire che in quel settore il processo di deleveraging in atto è già avvenuto.
Visto che le banche non prestano, si è parlato molto di disintermediazione. Uno strumento introdotto dal governo nei mesi scorsi è quello dei minibond. Che ne pensa?
I minibond sono un’ottima cosa – non per le imprese piccolissime, perché non riescono ad avere accesso a questo strumento – ma per Pmi è assai utile. Credo tuttavia che non si possa cambiare da un giorno all’altro la struttura del mercato finanziario: è da decenni che si parla di coinvolgere i fondi pensione, del private equity, di mercati borsistici specifici per le Pmi. Tutte queste strade hanno dato pochi risultati. Ciò non significa non vadano intraprese, ma bisogna fare i conti con la realtà: oggi le imprese fanno molto affidamento sul debito bancario. E dunque diventa importante il fondo centrale di garanzia, che è stato ulteriormente rafforzato nel decreto del Fare.
Non pensa che avere una garanzia pubblica per aprire i rubinetti – in molti casi gestire gli impieghi esistenti – significhi di fatto eliminare il rischio dall’attività bancaria per trasferirlo a tutti i cittadini?
No, teniamo conto che il rischio delle banche deriva in buona misura dal rischio dell’economia reale, cioè dalle sofferenze (crediti difficilmente recuperabili, ndr). Non credo si possa sostenere che le banche abbiano eliminato il rischio. C’è da dire che il fondo centrale di garanzia ha un ruolo essenziale in una fase di crisi e di restrizione creditizia. Auspico che a regime le percentuali di garanzie sui prestiti concessi si riducano.
In molte occasioni è stata tirata in ballo la Cassa depositi e prestiti, l’unico ente in Italia che di fatto ha, per l’appunto, “cassa”. Dai liberisti è visto come il leviatano del potere assoluto dello Stato. Qual è il ruolo della Cdp nel rapporto con l’impresa? È giusto cucirgli addosso i panni dell’Iri?
Intanto bisogna dire che la Cdp ha subìto una trasformazione radicale negli ultimi anni, ed è diventata ormai confrontabile – per quanto riguarda il sostegno all’economia – alle omologhe francesi e tedesche. Da un lato ritengo che sia da evitare in tutti i modi di mettere a rischio il patrimonio dei depositi postali degli italiani, i quali in larga parte la finanziano. Dall’altro penso sarebbe sbagliato farla diventare una vera e propria banca, assumendo migliaia di loan officers in tutta Italia. Sarebbe una forma di statalizzazione del sistema bancario di cui francamente non si sente il bisogno. Molto più utile mettere a disposizione, come già la Cassa fa, mutui a tasso agevolato per le imprese. Insomma, operare alla stregua della Bei (la Banca europea degli investimenti, ndr)
Di quali soggetti o quali strumenti il governo deve dotare le Pmi, soprattutto chi opera nel mercato interno, per competere alla pari con il resto d’Europa?
Non mi inventerei nuovi soggetti pubblici. Guardi, abbiamo appena varato una legge che introduce il credito agevolato per gli investimenti. È un ottimo punto di partenza. Il Fondo italiano d’investimento è uno strumento utilissimo per iniettare equity nelle Pmi. Dobbiamo continuare a ripagare i debiti della Pa, ridurre i costi dell’energia, e soprattutto ridurre la burocrazia. Essenziale la delega fiscale, efficientare l’uso dei fondi europei dove siamo in ritardo spaventoso. Infine la giustizia, che è il problema principale del Paese. Tutte misure che riguardano le “politiche orizzontali”. Compito della politica è semplificare, non creare nuovi improbabili soggetti pubblici.
Twitter: @antoniovanuzzo