Cos’hanno in comune Banca Ifis, Banca Sistema, Banca Tercas e Banca Marche? In realtà niente. Eppure ultimamente sono state tutte al centro delle ricerche dei lettori all’interno delle pagine finanziarie de Linkiesta, nonostante il periodo di (relativa) pausa estiva. Essendo spesso protagoniste sporadiche o relativamente recenti delle cronache finanziarie, è utile dare uno sguardo ai loro bilanci, cercando di capirne criticità e prospettive, proprio nei giorni in cui i riflettori si sono nuovamente accesi sul via libera della Banca d’Italia al bond Fresh del 2008 tramite il quale Mps ha acquisito Antonveneta, e soprattutto nella settimana in cui via Nazionale ha concluso un’ispezione sui crediti deteriorati di 20 banche, chiedendo ulteriori accantonamenti per 3,4 miliardi. Ecco dunque una breve radiografia per capire se i loro correntisti possono dormire sonni tranquilli.
Banca Marche
«Da tempo Banca Marche è oggetto di una sovraesposizione mediatica che tende a descrivere, spesso con toni allarmistici e ingiustificati, la situazione di quella che è la principale banca del Territorio marchigiano», si legge in una recente nota stampa. Dell’aumento di capitale da 300 milioni chiesto da Bankitalia, 180 milioni dovrebbero essere sottoscritti da una cordata di imprenditori locali, altri 120 dai piccoli azionisti. A ciò si aggiunge un bond da 100 milioni che presenta un tasso d’interesse del 12,5% (sottoscritto solo per 25 milioni alla chiusura del 30 luglio) e se necessario altri 100 milioni di ricapitalizzazione entro il 2015. Un tentativo, quello di aggregare nomi noti del territorio come nuovi azionisti, che qualora non vada a buon fine (nei giorni scorsi sono partite le lettere per sondare le intenzioni) aprirebbe di fatto la strada al commissariamento. Tra loro sembra ci sia Francesco Merloni, numero uno di Ariston Thermo, ex partecipata proprio da Banca Marche. Un ruolo, il suo – non avendo il gruppo del bianco alcuna esposizione nell’istituto, assicurano fonti vicine all’imprenditore – di facilitatore, essendo tra i pochi sul territorio a poter vantare rapporti privilegiati ad alto livello con il mondo finanziario e politico nazionale. E Gennaro Pieralisi, consigliere di Fondazione Marche e suocero del senatore Pdl Francesco Casoli.
Stando al piano industriale al 2016 presentato ieri dal neopresidente Rainer Masera, vicino a Palazzo Koch la cui ispezione non è ancora finita, le rettifiche saranno comprese tra 250 e 300 milioni, +25-30% rispetto alle previsioni iniziali proprio per via dell’azione di via Nazionale. Il piano, si legge nel comunicato, prevede «una riduzione dei costi di funzionamento per circa 120 milioni di euro (-30%) all’anno, con positivi effetti sull’indicatore cost/income, che è previsto attestarsi, nel 2016, su valori prossimi al 50%. Inoltre, il Piano prevede la cessione di asset non strategici che comporterà benefici patrimoniali». Per quanto riguarda la semestrale, le stime preliminari segnano un aumento della raccolta «da clientela retail di quasi un miliardo di euro (comprendendo anche il canale on line) che, unitamente al calo degli impieghi, ha permesso un recupero del funding gap di quasi 1,7 miliardi».
Il blog finanziario Linkerbiz scrive che «la banca ha chiuso l’esercizio 2012 con una perdita elevata di circa mezzo miliardo che si raffronta con l’utile di 133 milioni del 2011. Il motivo della perdita è quasi interamente legato a un’esplosione delle rettifiche che sono passate da 136 milioni (2011) alla “modica” cifra di 1,04 miliardi a causa di una riclassificazione sbalorditiva del portafoglio crediti deteriorati». Un intervento “spinto” dalla vigilanza che riguarda gli incagli, cresciuti di 1,6 miliardi: «posizioni che la banca aveva tenuto in bonis nonostante indizi di chiaro deterioramento, per evitare di appostare rettifiche che se fatte già nel 2011 avrebbero portato il risultato in perdita». Oltre alle operazioni condotte con Balducci e Anemone, sotto osservazione i finanziamenti della moglie dell’ex Anna Rita Mattia, moglie dell’ex direttore generale Massimo Bianconi, con l’immobiliarista Vittorio Casale, poi in dissesto con il suo gruppo Operae e arrestato, come ha rivelato Giorgio Meletti sul Fatto Quotidiano . Sembra che gran parte degli incagli si riferisca al portafoglio immobiliare.
Banca Tercas
Lo scorso aprile Bankitalia ha prorogato fino al 2014 l’amministrazione straordinaria deliberata nel 2012 per la Cassa di risparmio di Teramo. L’ultimo consolidato, relativo al 2011, evidenziano una perdita di 9,3 milioni rispetto a un utile 2010 di 17,4, cassa scesa da 388 a 142,2 milioni ma margine d’intermediazione in salita da 140 a 185 milioni. Un po’ come Banca Marche, anche le attività deteriorate di Tercas si sono impennate da un anno all’altro. Le sofferenze lorde, ovvero i crediti non più recuperabili, sono passati da 105 a 194 milioni (+79,7%) mentre gli incagli lordi (momentanea difficoltà del creditore) da 252 a 358,5 milioni. In particolare le rettifiche «sul portafoglio crediti pari a 77,6 milioni di euro» sono legate principalmente all’immobiliare. In generale, il complesso delle attività deteriorate nette valeva 591 milioni, a fronte di attivi per 5,3 miliardi milioni e capitale per 339.
Tra l’istituto di Teramo e Banca Marche ci sarebbe un legame che, scrive Il Sole 24 Ore, sarebbe legato proprio a Bianconi, amico dell’ex direttore generale di Tercas Antonio di Matteo. Gli ispettori di Bankitalia scoprono infatti un giro di compravendite immobiliari anche all’estero, soprattutto Londra, che vede protagonisti proprio il direttore generale della banca anconetana attraverso la moglie di Bianconi, Anna Rita Mattia, attraverso l’intermediazione di alcune banche sanmarinesi. Intanto in questi giorni l’ex vicepresidente di Tercas, Claudio Di Gennaro, sta costituendo un’associazione formata da dipendenti ed ex dipendenti, piccoli azionisti, piccoli risparmiatori ed imprenditori clienti di Tercas e Caripe allo scopo di vigilare sulle istituzioni per «ricostruire il legame tra banca e territorio». Per Di Gennaro il peccato originale sta proprio nell’acquisizione di Caripe, avvenuta nel 2010 per 228 milioni di euro.
Banca Sistema
L’istituto guidato da Gianluca Garbi, ex consigliere economico di Mario Draghi, è controllato da un composito azionariato che comprende la Fondazione Banco di Sicilia, la Fondazione Cassa di risparmio di Alessandra, la Fondazione Pisa e Sof, fondo di private equity di Royal Bank of Scotland. Nato due anni fa, è specializzato nell’assistere le imprese che vantano crediti nei confronti della pubblica amministrazione, garantendo loro la liquidità necessaria per operare. Un problema, quello dei debiti delle amministrazioni locali, a cui il ministero dell’Economia sta facendo fronte soltanto adesso liberando 15,7 miliardi a fine luglio e altri 20-25, garantiti dalla Cassa depositi e prestiti, nel 2014.
Un provvedimento, quest’ultimo, contenuto in un emendamento al decreto Ilva, da ieri legge. Il vantaggio per l’istituto è la ponderazione tra 0 e 20% degli accantonamenti sui prestiti, essendo il creditore un soggetto pubblico. Banca Sistema ha chiuso il 2012 con un utile di 2 milioni (683mila nel 2011), margine d’interesse salito da 3,6 a 22 milioni, conti correnti da 8,7 a 12 milioni di euro e depositi vincolati in aumento da 16,9 a ben 522,7 milioni di euro. Un’ascesa strabiliante ascrivibile al succeso di SiConto!, deposito vincolato che offre il 4% lordo l’anno. Per quanto riguarda il core business, l’attività di factoring ha fruttato 22 milioni di euro di interessi (7,9 nel 2011) e commissioni attive dall’attività di collection (recupero crediti) per 2 milioni.
Banca Ifis
L’istituto con sede a Mestre (VE), presieduto da Sebastien Egon Fürstenberg, nipote di Gianni Agnelli, ha archiviato i primi tre mesi dell’anno con utili in salita a 22,4 milioni di euro (19,7 milioni a marzo 2012), margine di intermediazione a 66,8 milioni (52,4 nel primo trimestre 2012) e patrimonio netto da 309 a 322 milioni di euro. In un contesto di calo del mercato del factoring a 40 miliardi di euro, -2,6% rispetto al primo trimestre 2012 (fonte Assifact), l’istituto ha mantenuto la barra delle commissioni attive, che salgono a 24,6 milioni (20,4 milioni a marzo 2012). In crescita anche la raccolta, da 7,1 a 9,2 milioni grazie soprattutto ai pronti contro termine – da 4 a 5,6 milioni – e al conto deposito Rendimax, che aumenta da 3 a 3,56 milioni. Rendimax, uno dei prodotti di punta nella strategia retail dell’istituto, ha ridotto negli anni il rendimento dal 4,75 lordo del 2009 all’attuale 3,10 per cento.
Nonostante ciò gli interessi passivi, probabilmente legati a depositi pregressi, sono esplosi a 30,5 milioni (+87,7% rispetto al 31 marzo 2012). Inevitabilmente, svolgere l’attività di anticipo fatture comporta una certa dose di rischio, tant’è che le sofferenze (Npl) in un anno passano da 104 a 106,9 milioni di euro (+2,8%), mentre gli incagli sono scesi quasi in egual misura, 197,9 milioni di euro, rispetto a 204,2 milioni nel 2012 (-3,1%). In generale, «il rapporto tra il totale attività deteriorate nette e impieghi passa dal 19,2% al 18,3%», recita la trimestrale. Pressoché invariato, ma ben superiore alla media calcolata da Bankitalia, dal 4,5% di fine 2007 al 12,3% del giugno 2012. Il motivo è che includono, secondo la normativa vigente, i crediti non performing acquisiti (e non generati) dalla banca.
Twitter: @antoniovanuzzo