Così Berlusconi userà la condanna a suo vantaggio

La bussola politica

L’Italia è appena salita su una pericolosa altalena. Silvio Berlusconi si è fatto minaccioso e ieri è sceso in piazza a Roma assieme al suo agitato partito, mentre il Pd appare sempre più sofferente per la convivenza con il Pdl e il suo leader fresco di condanna in Cassazione. Né Berlusconi né l’ala del Pd meno incline ad assecondare lo spirito della grande coalizione sembrano avere interesse, o la forza, di provocare una crisi di governo. Tuttavia, per effetto della condanna del Cavaliere, il già fragile equilibrio delle larghe intese è saltato e pare proprio che l’estate non porterà la tranquillità sulla quale pure contava Enrico Letta.

Berlusconi ha riacquistato una personale, e per certi versi sorprendente, centralità. Difficile dire cosa voglia davvero il leader carismatico del Pdl, che un giorno allude alle elezioni anticipate qualora Giorgio Napolitano non dovesse concedergli la grazia, e quello seguente assume invece toni di maggiore cautela confermando il suo impegno a sostenere il governo delle larghe intese. Oggi i capigruppo del Pdl, Renato Brunetta e Renato Schifani, saliranno al Quirinale per un incontro con il presidente della Repubblica e avanzeranno un’ancora imprecisata richiesta al capo dello stato. Fonti del Quirinale hanno già chiarito che Napolitano non può nulla, la grazia è fuori discussione, e la cosa ovviamente non sfugge all’uomo di Arcore, informato e ben consigliato com’è.

E allora cosa vuole davvero Berlusconi? Il Cavaliere ha intenzione di tenere la corda tesa, vuole contrattare su tutto e, come ha detto lui stesso, “fare di un male un bene”, cioè lucrare, dal punto di visto della manovra politica, da una condizione (quella di condannato in via definitiva) che sarebbe a dir poco incomoda per chiunque altro; ma evidentemente non per lui. E insomma Berlusconi pensa di poter logorare, con le sue richieste, i nervi tesi di una parte del Pd, ben sapendo però che gli spasmi dei democratici difficilmente metterebbero a rischio il governo: gli eventuali rivoltosi del centrosinistra sarebbero infatti immediatamente bloccati da Napolitano prima ancora che la loro agitazione possa anche solo blandire Letta e il governo; una manovra dunque senza rischi. Il Cavaliere non può, e forse non vuole, far tirare le cuoia al governo, ma può comunque farlo tirare a campare, costringendo Letta, Napolitano e tutto il Pd a saltare nei suoi cerchi di fuoco si chiamino questi “grazia”, “riformulazione della pena”, “riforma della giustizia” o in prospettiva “Imu” e “Iva”.

D’altra parte, se Berlusconi non dovesse ottenere la grazia – com’è praticamente certo – l’ex presidente del Consiglio coltiva già l’ipotesi di cedere il ruolo di candidato premier alla figlia Marina. E anche qualora non dovesse ottenere nulla da Napolitano, Berlusconi avrà comunque agitato una sorta di pre-campagna elettorale e avrà pure diviso e confuso il Pd più di quanto il partito unico del centrosinistra, logoro in attesa della guerra congressuale, non sia già diviso e confuso di suo. Resta irrisolto il problema delle riforme, degli interventi strutturali urgenti per trarre d’impaccio l’Italia, i drammi della disoccupazione e della crisi economica che morde; e ci si chiede come una maggioranza e un’opposizione così impegnate intorno al destino del Cavaliere possano produrre quel genere d’interventi che per il paese sarebbero necessari come l’ossigeno.

Ma sembra una questione secondaria. Berlusconi sa benissimo che in Italia non si vincono le elezioni con la riforma del mercato del Lavoro o con un grande piano di liberalizzazioni (come dimostra l’esperienza deludente di Mario Monti). Piuttosto, in questo scenario, il Cavaliere sa di poter diventare padrone definitivo del campo, da martire condannato, da promotore dei referendum sulla giustizia, da agitatore dei suoi nove milioni di voti: ha la certezza di poter condizionare il governo e di poter persino riuscire a determinate lui il percorso più o meno traumatico che porta verso le elezioni.

E d’altra parte, di fronte a sé, Berlusconi ha soltanto l’inconsistenza populista di Beppe Grillo, la polverosa poesia neocomunista di Nichi Vendola e un Pd malconcio per l’offensiva sguaiata di Matteo Renzi. E dunque, così, quasi con fatalismo, l’Italia si prepara a un’altalena che rischia di diventare vertiginosa in autunno, quando si tornerà a discutere dei dossier Imu e Iva. 

Twitter: @salvatoremerlo

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