«Per quel che ci riguarda, noi siamo pronti a tutto». Le parole che Guglielmo Epifani detta ai taccuini dell’Unità lasciano intendere che in casa Pd si è pronti al peggio, anche al ritorno alle urne. Del resto se il Pdl dovesse continuare ancora a strappare la corda, i primi a staccare la spina sarebbero proprio i democrat. «Qui c’è un casino incredibile, convocano e sconvocano riunioni», filtra da Largo del Nazareno. Ma l’ultima parola spetterà «sempre e comunque al vecchio che risiede al Quirinale». «Ormai», scherza un ex parlamentare frequentatore abituale del Transatlantico, «c’è un problema: l’autonomia dei partiti è bloccata dal Colle». È lui, Napolitano, che ha in mano il destino della legislatura, ed è lui che in tempi non sospetti fece sapere a gran voce che «senza legge elettorale non si sarebbe mai tornati alle urne». Ecco perché c’è chi fra i democrat «governisti» ritiene che le urne non siano affatto dietro l’angolo. Anzi.
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Ormai, al Nazareno, sede nazionale dei democratici, il dossier «congresso» è stato (praticamente) archiviato. Stamane la commissione congressuale non si è riunita a causa dell’improvvisa crisi di governo. Ma, secondo alcune indiscrezione giunte a Linkiesta, «l’accordo sulle regole esiste, il congresso è passato in secondo piano». Urge prima discutere «della situazione politica». E le truppe bersaniane avrebbero chiesto proprio quest’oggi una direzione nazionale per la prossima settimana – probabilmente fra martedì e mercoledì – nella quale i democratici dovranno uscire con «una linea chiara e unica». Una direzione, nella quale per la prima volta dopo settimane, non si parlerà più di regole, ma dell’alleanza con il «condannato» Silvio Berlusconi. «Dopo la condanna definitiva Berlusconi non possiamo far finta sia tutto come prima… Dobbiamo discutere di quanto accaduto e, per quanto mi riguarda, decidere se e perché rinnovare la nostra fiducia al governo e all’alleanza», tuona dalle colonne de La Stampa la “pasionaria” Rosi Bindi. Del resto, «discutiamo su tutto, e non lo facciamo adesso che starebbe per concludersi il governo Letta?», si domandano in tanti.
Ma il tempo stringe. Le parole di Sandro Bondi non aiutano (“Rischio guerra civile”), e i democrat vogliono vedere cosa succederà alla grande manifestazione dell’esercito di Silvio in via del Plebiscito. Perché «se domani i toni dovessero salire, diremmo a Letta di andare al Colle e rassegnare le dimissioni». A quel punto il pallino passerà nella mani di Napolitano. Del resto, «tutti i retroscena che riguardano il Pd fanno i conti con Napolitano», spiegano al Nazareno. E, secondo una fonte de Linkiesta, il Capo dello Stato potrebbe ridare l’incarico ad Enrico Letta per la costruzione di «un governo tecnico». Un simil «governo Monti» che dovrebbe puntare su due/tre riforme. Su tutte: la legge di stabilità e la legge elettorale. Ma questa ipotesi, al momento, non sarebbe condivisa da una fetta di Pd, che la ritiene «un’ipotesi che logorerebbe il partito e avvantaggerebbe il centrodestra di Berlusconi».
Ecco perché nelle ultime ore si starebbe facendo sempre più insistente la voce che vorrebbe gli italiani alle urne il prossimo autunno. Una voce che di certo congelerebbe il congresso dei democratici, e costringerebbe il Nazareno a ridefinire l’alleanza di centrosinistra, e a puntare sempre sul «democristiano» Enrico Letta come candidato premier. Del resto «ci sarebbe pochissimo tempo per fare le primarie», sussurra un bersaniano. In questo modo, si lamenta una renziana, lo stato maggiore del Pd «prenderebbe due piccioni con una fava». Ovvero rimanderebbe il congresso, e bloccherebbe Matteo Renzi. Di certo, se lo scenario fosse questo, le truppe del primo cittadino di Firenze storcerebbero il naso, e insisterebbero per le primarie. Per la sfida tra due toscani: da un lato il pisano Enrico Letta, e dall’altro il fiorentino Matteo Renzi. «E se ci permettono di giocarcela sul campo, da sempre, dalla Storia al calcio – dicono – fra Firenze e Pisa non c’è proprio partita…»
Twitter: @GiuseppeFalci