Milano, agosto 1943
Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la città è morta.
È morta: s’è udito l’ultimo rombo
sul cuore del Naviglio. E l’usignolo
è caduto dall’antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno più sete.
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la città è morta, è morta.
Sono i versi che Salvatore Quasimodo (Nobel per la letteratura 1959) scrive sconvolto dopo i bombardamenti di Milano, nell’agosto di settant’anni fa. È una terribile estate di incursioni aeree, quella del 1943.
Il 9 e 10 luglio gli Alleati sbarcano in Sicilia, il 25 luglio cade Benito Mussolini, sembra che l’Italia possa uscire dalla guerra e così gli angloamericani decidono di intensificare i bombardamenti aerei, colpendo obiettivi civili, oltre che militari. Lo scopo è fiaccare il morale della popolazione, far sì che l’opinione pubblica imponga al governo di farla finita con il conflitto (errore di calcolo: in genere la popolazione se la prende con chi bombarda, non con chi organizza i soccorsi, anche se è un governo odiato).
Il bombardamento su Roma del 19-20 luglio è quello che fa andare papa Pio XII nel quartiere San Lorenzo. In agosto gli Alleati riprendono a bombardare: gli americani sganciano bombe di Roma, i britannici su Torino e Milano. Gli inglesi bombardano di notte: decollano verso ora di cena dalle basi nel sud dell’Inghilterra, raggiungono il cielo di Milano dopo mezzanotte, bombardano per circa un’ora e poi rientrano.
Una prima incursione avviene nella notte tra il 7 e l’8 agosto. Le bombe cominciano a cadere all’1.10. Si tratta soprattutto di ordigni incendiari che distruggono il teatro Filodrammatici, gran parte della sede del Corriere della sera e dell’osepdale Fatebenefratelli. Danni pesanti anche al museo di Storia naturale, al Castello sforzesco, alla Villa reale, al palazzo Sormani. Gli edifici distrutti sono in totale 600, muoiono 161 persone, i feriti sono 281.
L’incursione più pesante è quella nella notte tra il 12 e il 13 agosto, quando la Royal Air Force scaglia su Milano tutti i bombardieri disponibili: 504. A bordo trasportano duemila tonnellate di bombe. Cominciano a sganciare alle 0.45.
Scrive La Stampa del 14 agosto:
«Milano ha subito un nuovo violento bombardamento. Si può dire che nessun rione, nessuna zona, nessuna strada centrale o periferica di Milano sia stata esente dal suo doloroso e sanguinoso contributo. Il centro ha avuto deturpazioni che rimarranno a testimonianza dello scarso spirito di civiltà dei nostri nemici. La periferia e i sobborghi, dal canto loro, hanno sofferto mutilazioni tali da meritare agli anglosassoni l’appellativo di gente inumana. In primo luogo il duomo, con le sue guglie, i suoi ricami architettonici e la sua madonnina, cuore e anima dei milanesi, ha avuto le ricche istoriate vetrate completamente distrutte, e diroccati sono stati anche taluni capitelli di gran pregio. Il Palazzo reale è stato pure impennacchiato da alcune fumate che hanno bruciacchiato il tetto della chiesa di San Gottardo annessa al palazzo. La galleria Vittorio Emanuele è stata sfregiata e sbrecciata, tanto sul lato Ugo Foscolo che sull’ottagono verso via Silvio Pellico. La Scala, gloria dell’arte lirica non soltanto italiana, ma del mondo, ha avuto il palcoscenico minacciato dagli spezzoni. Ma la mutilazione più grave e che più disonora i nostri nemici, i quali vanno cercando gli obiettivi militari nelle opere d’arte di alto classicismo e alta cultura, negli ospedali, nei ricoveri e nelle case di abitazione dell’industre lavoratore ambrosiano, è la semidistruzione di Palazzo Marino. Attaccato da bombe incendiarle, di questo monumento del Rinascimento non rimangono che le mura perimetrali e il tetto; i soffitti istoriati, le paratie, i tramezzi, i ricchi pavimenti, gli ornamenti e quanto vi è di più bello, sono andati distrutti. Sembrava che il vandalismo avesse risparmiato il salone dell’Alessi, che si trova al pianterreno dell’edificio e che era difeso da un’intelaiatura a camera d’aria che lo avrebbe preservato, come in questo caso, dal pericolo di un eventuale surriscaldamento. Invece anche questo magnifico salone, che legava il nome ad un grande italiano, è scomparso. Toccato è stato anche il Palazzo arcivescovile la cui facciata ha subito danneggiamenti di una certa importanza. L’ex tribunale ha ricevuto un colpo tremendo, ma più ancora sono rimasti lesionati e danneggiati i due corpi di vecchi stabili che fanno da ponte a piazza Fontana con piazza Beccaria».
Viene anche colpita pesantemente la chiesa di Santa Maria delle Grazie, ma il Cenacolo di Leonardo da Vinci, fortunatamente, si salva. All’alba la città appare quasi totalmente in fiamme. Gli incendi si autoalimentano: l’aria calda sale verso l’alto e in basso arriva aria fresca dalla campagna che alimenta le fiamme, a causa del fenomeno termico si scatena un vento fortissimo.
Nuove incursioni, ma in scala minore, nelle notti tra il 14 e il 15 e tra il 15 e il 16 agosto. Vengono di nuovo colpiti il teatro dal Verme, il teatro Verdi, il Palazzo reale. La Scala, centrata in pieno, ha i palchi gravemente danneggiati. I pompieri non riescono a spegnere gli incendi perché sono state danneggiate le condutture dell’acqia e il trasporto pubblico non funziona: i crolli dei palazzi hanno interrotto in più punti le linee elettriche.
Il bilancio dei bombardamenti d’agosto è drammatico: colpiti la metà degli edifici, il 15 per cento in maniera grave, i morti accertati sono 1.033, ma è probabile che le vittime siano di più: corpi sepolti dalle macerie e mai più recuperati. I senza tetto assommano a 250 mila e gli sfollati a 300 mila. Chi può se ne va in campagna, o in altre città da parenti e amici. Milano è diventata troppo pericolosa.
Twitter: @marzomagno