«Il ritorno di Forza Italia? Nessuna somiglianza con il movimento nato vent’anni fa». Giuliano Urbani è stato uno degli ideologi del primo partito berlusconiano. Parlamentare per tre legislature, già ministro della Funzione Pubblica e dei Beni Culturali, segue senza nostalgia la nuova discesa in campo del Cavaliere. «Questa è un’altra storia, Da allora tutto è cambiato». Certo, il Paese avrebbe ancora bisogno di quell’idea, «della grande rivoluzione liberale». Ma due decenni più tardi è difficile non ammettere che quell’esperienza si è conclusa con una sconfitta. «Abbiamo gridato Forza Italia – racconta Urbani – ma non abbiamo trovato l’Italia». Intanto il Paese sembra perdere di vista le vere priorità. L’ex ministro è preoccupato da nuove elezioni anticipate, convinto che sia sempre più necessario trovare «un governo determinato ad affrontare gli interessi nazionali». Il debito pubblico, il rapporto con l’Europa, le grandi riforme. Una conferma delle attuali larghe intese? Non proprio. «Questi sono poveri cristi. Vivono di un continuo complesso di inferiorità, terrorizzati dall’idea dell’inciucio, si occupano di minuzie».
Ieri sera a molti è sembrato di tornare nel 1994. Il videomessaggio del Cavaliere, la rinascita di Forza Italia. Professor Urbani, ha avuto anche lei la stessa sensazione?
Direi proprio di no. Da allora tutto è cambiato, il confronto mi sembra quasi impossibile. Vede, la situazione del Paese è molto più grave di allora. Eravamo un Paese quasi ricco, ora siamo quasi poveri. Eravamo un Paese pieno di speranze, ora siamo pieni di delusioni. Questa ormai è un’altra Italia. E in giro vedo solo facce tristi.
IL DOSSIER: Berlusconi condannato: la sentenza, le reazioni, gli scenari
Anche il Cavaliere ieri non sembrava particolarmente felice. A un certo punto del video ha persino fatto riferimento al “termine della mia vita attiva”.
Rispetto al ’94 bisogna anche dire che abbiamo venti anni in più… Allora c’era la speranza e la determinazione di cambiare il mondo. Oggi non più. In comune con quell’esperienza resta solo lo slogan: Forza Italia
Eppure il messaggio di Berlusconi sembra l’annuncio di una nuova discesa in campo.
Sì, questo sì. Ho avuto anche io questa impressione. Ma ripeto, si tratta di un’altra storia. Temo che la discesa in campo avverrà presto, con nuove elezioni anticipate. E saranno le più penose che si possano immaginare. Dovremmo interessarci a un’Italia che tutta insieme si occupa di fare le riforme, compresa quella della magistratura. A un Paese che tutto insieme si occupa di uscire dal debito, che ha il coraggio di andare in Europa e di alzare la voce.
E invece?
Invece a breve avremo una campagna elettorale in cui tutto ruoterà attorno a due partiti: chi è convinto che Berlusconi sia un santo e chi è convinto che Berlusconi sia la causa di tutti i mali. In confronto anche Les Précieuses ridicules di Moliere erano molto più intelligenti.
In quest’ottica è davvero necessario un ritorno di Forza Italia?
Sì e no. È necessario se si identifica Forza Italia con quell’ambizione originaria di una grande rivoluzione liberale. Molto meno se si ripercorre la storia delle ammucchiate con l’Udc, la Lega, Alleanza Nazionale. Ricordo ancora quando nel 2000 ho dovuto mediare il programma elettorale con Marco Follini e Bruno Tabacci. Persone con cui sono rimasto in eccellenti rapporti umani, sia chiaro. Peccato che siano di sinistra. Ma come si fa a fare la rivoluzione liberale così? Nel frattempo Forza Italia ha imbarcato gente che con il liberalismo non ha nulla a che vedere. In sintesi, ci sarebbe bisogno della prima Forza Italia, quella delle origini.
E Berlusconi potrà continuare a guidare il partito? Anche se dovesse lasciare il Senato?
Il caso di Beppe Grillo dimostra che una forza politica può avere anche una leadership fuori dal Parlamento. Ma non è questo il punto. Il problema è avere le idee chiare. L’agenda deve occuparsi di uscire dal debito pubblico, di andare in Europa per negoziare lo sviluppo. Parlo di grandi temi storici, la riforma della legge elettorale, della giustizia. Ma come si rilancia l’economia senza una drastica riforma della pubblica amministrazione? Eppure non ne parla nessuno.
Chi può guidare un simile programma di governo?
Queste riforme riguardano l’interesse nazionale. E quindi possono essere raggiunte solo con accordi nazionali. Ci vuole un governo determinato ad affrontare gli interessi di tutti.
Immagina una prosecuzione delle attuali larghe intese?
Ma questa è una parodia. Una penosissima parodia. Oggi non c’è una maggioranza politica convinta, capace di dire al Paese che stiamo facendo la cosa più importante degli ultimi 50 anni. Vivono un continuo complesso di inferiorità, terrorizzati dall’idea dell’inciucio. Non hanno neppure la cognizione di quello che fanno. Questi sono poveri cristi che si occupano di minuzie.
A vent’anni dalla nascita della prima Forza Italia, qual è il bilancio di quell’esperienza? È stata una vittoria o una sconfitta?
Una sconfitta. Noi abbiamo lanciato un grido: “Forza Italia”. Ma non abbiamo trovato l’Italia. Il Paese è stato incapace di fare forza comune per raggiungere gli interessi nazionali. Non ci sono italiani consapevoli di essere una famiglia.