Mai come in questi giorni le elezioni tedesche avevano suscitato tanto interesse europeo e internazionale. La cancelliera Angela Merkel, però, consapevole del fatto che la partita si gioca in casa, ha fatto scivolare l’Europa in secondo piano: con poche eccezioni, ha escluso il tema dal dibattito pubblico e ha congelato decisioni chiave dell’agenda continentale. L’Unione Europea è rimasta in stand-by in attesa che le urne ratifichino ciò che i sondaggi da tempo annunciano: la rielezione di Merkel.
«La campagna elettorale tedesca ha paralizzato il continente come non si era mai visto prima nell’Unione Europea», ha scritto recentemente Der Spiegel in una analisi. La situazione mette in evidenza le enormi rotture che la crisi ha causato all’interno dell’Unione.
«Signora Merkel, i suoi predecessori cristiano democratici, come Konrad Adenauer o Helmut Kohl, sono stati grandi europeisti. Lei corre ora il rischio di passare alla storia come la cancelliera che ha diviso l’Europa tra Nord e Sud. Cosa pensa di fare per evitarlo?»,
con questa domanda, un immigrato di origini italiane si è rivolto direttamente a Merkel nel corso di un programma in diretta su ARD in cui era previsto che la platea ponesse domande a ruota libera alla candidata dell’Unione Cristiano Democratica (CDU). «La Germania sa che senza l’Europa non potrebbe vivere nel benessere», ha risposto Merkel, con un po’ di difficoltà, per poi passare a ribadire la solidarietà dimostrata verso altri paesi e concludere dicendo: «Il mio cuore batte con entusiasmo per tutti in Europa». Non è stata in grado di convincere.
Non ci sono grandi slogan elettorali che indichino nuove proposte per l’Europa o un nuovo slancio di politica continentale. Nella strategia elettorale solo si percepisce il tentativo disperato di evitare i contenuti scomodi che avrebbero potuto far perdere elettori. Insomma: la preoccupazione di Merkel è prevalsa sul bene comune europeo. A partire dalla questioni energetiche e ambientali, Merkel ha bloccato a giugno un accordo a lungo negoziato tra i partner europei sulla riduzione delle emissioni delle automobili, una iniziativa che avrebbe penalizzato significativamente l’industria tedesca di questo settore, in concreto Volkswagen, BMW e Daimler, una lobby di elettori importante. Merkel è intervenuta personalmente a bloccare questo processo.
In generale, secondo quanto spiega Laura Parmigiani, esperta in questioni energetiche della sede di Bruxelles dell’Istituto Francese di Relazioni Internazionali (Ifri), le scelte di politica interna tedesca come l’Energiewende — la svolta energetica che prevede l’abbandono dell’energia nucleare —esercitano enorme pressione sul resto dell’Unione Europea. «Le elezioni del prossimo 22 settembre non fanno che accentuare questa influenza, bloccando alcune decisioni strategiche per l’Europa nel settore energetico e climatico». In particolare, «se il Consiglio europeo del 22 maggio scorso, specialmente dedicato all’energia, è stato un flop, lo si deve in parte all’assenza della Germania su temi chiave quali la strategia energetica e climatica europea al 2030, per cui nuovi obiettivi devono essere rapidamente decisi».
Anche in altri ambiti l’Europa è finita in stand-by. Da giugno ad oggi le coraggiose iniziative promosse con il fine di far fronte alla disoccupazione giovanile sono state congelate. Nessuno in Germania vorrebbe dover dire ai contribuenti che i loro soldi finiranno a finanziare iniziative di stimolo alla creazione di posti di lavoro in altri paesi, mentre la Germania gode di tassi di occupazione più alti in Europa — anche grazie a un enorme settore di cosiddetti contratti “atipici”. Né la ministra del lavoro Ursula von der Leyen, né il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, che a giugno avevano presentato in pompa magna il loro «New-Deal per l’occupazione giovanile in Europa», se ne sono ricordati ora in campagna elettorale.
I freni a mano del governo tedesco si sono fatti sentire anche nei negoziati riguardo alla creazione dell’Unione Bancaria. Schäuble ha finora rallentato i negoziati su una possibile gestione di potere decisionale adducendo preoccupazioni sulle garanzie per la sovranità di bilancio dei paesi membri. Molti analisti segnalano però che la preoccupazione riguarda più che altrola situazione compromessa della Landesbank tedesche. «In temi di politica internazionale, Merkel, che è ancora la donna più potente al mondo secondo Forbes, si comporta come se il mondo si dovesse fermare quando si giunge alle elezioni tedesche», scrive in un commento su Der Spiegel, Gregor-Peter Schmitz. Proprio per le pressioni esercitate da Berlino, i negoziati per l’accesso alla UE di Turchia e Serbia sono stati bloccati.
E ancora, a San Pietroburgo, nel corso del G-20, Merkel si è inizialmente negata a firmare insieme agli altri partner europei una dichiarazione di condanna contro il regime siriano di Bashar Al-Assad, principalmente perché la maggior parte degli elettori tedeschi erano contrari a un attacco da parte degli Stati Uniti. Poco dopo si è vista obbligata ha rivedere la sua posizione in extremis, per non trovarsi isolata.
Twitter: @NenaDarling