Una firma di tutto riposoLa Consulta non basta: per Amato ci vuole il Quirinale

Un’opinione controcorrente

Prima di sparare a grossi (metaforici) pallettoni contro Giuliano Amato e la sua nomina a membro della Corte Costituzionale, dovresti prima leggervi o rileggervi l’intervista da lui rilasciata ad Aldo Cazzullo lo scorso maggio. 

Leggi l’intervista sul Corriere

Nelle settimane in cui il suo nome è stato fatto – e bruciato – prima per il Quirinale poi per Palazzo Chigi, Giuliano Amato ha taciuto. Ora ha qualcosa da dire. «Sono giorni di grande amarezza per me e credo non solo per me. Ho visto il mio curriculum, lo specchio di una vita in cui io ho manifestato capacità, competenze e nulla altro, addotto a esempio di ciò che dobbiamo distruggere. E l’amarezza è anche stata nel constatare quanto questo vento pesante abbia impaurito, in nome del consenso, anche coloro che avrebbero dovuto reagire e dire: Nelle settimane in cui il suo nome è stato fatto – e bruciato – prima per il Quirinale poi per Palazzo Chigi, Giuliano Amato ha taciuto. Ora ha qualcosa da dire. «Sono giorni di grande amarezza per me e credo non solo per me. Ho visto il mio curriculum, lo specchio di una vita in cui io ho manifestato capacità, competenze e nulla altro, addotto a esempio di ciò che dobbiamo distruggere. E l’amarezza è anche stata nel constatare quanto questo vento pesante abbia impaurito, in nome del consenso, anche coloro che avrebbero dovuto reagire e dire: “Ciò è inammissibile”. Purtroppo su questo pesa anche l’attuale condizione di un ceto politico le cui letture non vanno molto oltre Twitter, e se su Twitter legge 50 commenti negativi su di lei ne desume che il popolo la vede male».

A mio modesto avviso Amato resta a tutt’oggi un ottimo candidato alla Presidenza della Repubblica, dopo il bis di Napolitano. Nell’intervista Amato dice molte cose intelligenti, che – in termini comparati – fanno apparire pressoché cretine le dichiarazioni e le interviste di molti dei politici attuali, più giovani e giovanilisticamente catturati dalla retorica dell’anticasta.

Vi elenco qui tre delle cose super-intelligenti dette da Amato:

1) Se non c’è mobilità sociale, soprattutto per persone nel pieno della loro produttività come i quarantenni, purtroppo diventa prospettiva accettabile – se non anche affascinante – l’“eguaglianza nel pauperismo”: se io non riesco ad avere successo pur mettendoci bravura ed impegno, allora preferisco una società in cui tutti sono più poveri ma uguali. Ecco che si spiega il fascino di concetti che personalmente mi fanno venire l’itterizia, come la cosiddetta “decrescita serena”.

2) Il prelievo sui conti correnti effettuato nel 1992 è stato necessario per risanare i conti pubblici. L’idea di un inasprimento dell’imposta sui redditi più bassi oppure dell’Iva sui prodotti di prima necessità è stata scartata per il fatto di essere regressiva, cioè di colpire più pesantemente i ceti poveri. Vi erano molti altri modi per trovare 30 mila miliardi in 48 ore, data la crisi di fiducia sui titoli di stato italiani evidenziata dal governatore Ciampi ad Amato stesso?

3) L’idea qualunquistica di eleggere sempre e comunque “uno di noi” non è molto lontana dall’idiozia di affidare la guida di un aereo di linea ad “uno di noi”. Può fare dispiacere, ma esiste una competenza politica e legislativa che non tutti hanno nella stessa misura, e che migliora attraverso l’esperienza.

Twitter: @ricpuglisi 

Il comunicato del Quirinale sulla nomina di Giuliano Amato

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con decreto in data odierna, ha nominato ai sensi dell’art. 135 della Costituzione, Giudice della Corte Costituzionale il Professore Giuliano Amato, in sostituzione del Professor Franco Gallo, il quale cessa dalle sue funzioni di Giudice e di Presidente della Corte Costituzionale il prossimo 16 settembre.
Il decreto è stato controfirmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri Onorevole Dottor Enrico Letta.
Della nomina del nuovo Giudice Costituzionale il Capo dello Stato ha dato comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica, al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente della Corte Costituzionale.