Microsoft-Nokia, parte il risiko degli smartphone

Cosa cambia dopo l’accordo

L’unione fa la forza. Devono aver pensato questo i vertici di Microsoft e Nokia una volta approvato il deal da 7,17 miliardi di dollari che ha scosso il mercato della telefonia mobile mondiale. Un’operazione che ha diversi punti oscuri, ma che per ora è stata ben accolta dagli investitori, che hanno premiato la casa finlandese in Borsa. Ma soprattutto, si tratta di una mossa capace di innescare un risiko che vede come protagonisti tutti gli altri player, da Apple a Vodafone, passando per BlackBerry, Google e Samsung. E non è da escludere che proprio ieri si siano poste le basi per il più grande mutamento degli scenari dei device mobili dai tempi del lancio di iPhone da parte di Apple.

Dei numeri, delle possibili sinergie, degli sviluppi futuri e del destino delle due compagnie è tutto scritto nei comunicati stampa. Tutto calcolato nei minimi dettagli, come ultimo lascito del ceo di Microsoft, Steve Ballmer, che fra un anno lascerà la società statunitense. Quello fra finlandesi e americani è un accordo che era nell’aria da tempo. Per la precisione da quando, il 5 settembre 2012, il costruttore europeo iniziò a usare il sistema operativo (Os) della casa di Redmond, fino a coprire l’80% delle vendite di Windows 8. Fu l’addio al sistema proprietario che aveva fatto la fortuna di Nokia, il Symbian, primo vero Os da smartphone insieme a Palm OS e Garnet OS, che dal 1996 fino al 2008 hanno caratterizzato i primi Personal digital assistant (Pda), gli antesignani dei moderni dispositivi multifunzionali. La rivoluzione copernicana dettata dall’evoluzione tecnologica degli schermi capacitativi (quelli di iPhone, per intenderci) rispetto a quelli resistivi (quelli con i pennini, come i primi Pda) è stata il punto di svolta. Da semplice strumento telefonico a tuttofare capace di riempire la vita degli utenti tramite il multi-touch, il cellulare ha visto la crescita di chi ha saputo innovarsi costantemente sia sotto il profilo industriale, sia sotto quello del marketing, sia sotto quello meramente tecnologico. Via libera quindi a Samsung, Apple, HTC, LG. Un gioco per asiatici e americani, un affare negato agli europei, che meno di tanti altri competitor internazionali hanno puntato su ricerca e sviluppo, preferendo restare sulle posizioni consolidate da tempo e non investendo con lungimiranza.

L’acquisizione di Microsoft è destinata a segnare il mercato dei telefonini, se ancora si possono chiamare in questo modo, per sempre. Nokia non esisterà più come la generazione nata negli anni 80 del secolo scorso se la ricorda. La società che ha rivoluzionato il mondo dei cellulari, facendoli diventare un prodotto di consumo quando erano di nicchia, è stata travolta dall’arrivo di iPhone, lo smartphone di casa Apple lanciato nel gennaio 2007 e commercializzato nel giugno dello stesso anno. E pure Microsoft ha subito lo stesso destino, complice la scarsa lungimiranza di Steve Ballmer nel comprendere le dinamiche legate al lancio dei tablet. Di fatto, iPhone ha mutato un intero mercato.

I dati, snocciolati da Citi, parlano da soli. Nel quarto trimestre 2006 sono stati prodotti 20,7 milioni di dispositivi mobili. Nokia poteva contare sul 53,8% del mercato. Al secondo posto fra i big player c’era RIM, i produttori dei BlackBerry, con l’8,9% delle quote, e al terzo c’era Motorola, con il 7,1 per cento. Il restante 30,3% era diviso fra tutti gli altri costruttori. Solo dodici mesi più tardi, Apple aveva conquistato il 6,5% delle quote di mercato, risultando come terzo player mondiale dietro a Nokia, forte del suo 52,9%, e di RIM, con l’11,4 per cento. Tutto cambia dopo il lancio di iPhone, fino ad arrivar ai giorni nostri. Nel secondo trimestre dell’anno in corso su 237,9 milioni di unità prodotte, il 30,4% è stato marchiato Samsung, brand che ha saputo segmentare al massimo la propria offerta in base alle esigenze delle piccole nicchie di mercato non coperte da Apple, il secondo costruttore con una quota di mercato del 13,1 per cento. Al terzo posto LG, con il 5,1%, e al quarto Lenovo, con il 4,7 per cento. Fuori dai primi cinque posti della classifica sia Nokia sia RIM.

L’accordo fra Nokia e Microsoft avrà una notevole influenza anche su Samsung. Il primo produttore al mondo ha da poco iniziato a introdurre sui propri device il sistema operativo mobile di Redmond, Windows 8, usato sulla serie ATIV. La mossa di Microsoft potrebbe quindi costringere la casa coreana a continuare con Android, il sistema operativo di Google, oppure deviare su un sistema proprietario, con tutte le variabili del caso. Come ha ricordato in una nota la banca americana J.P. Morgan, Google potrebbe decidere di aumentare il costo delle licenze Android, abbassando la marginalità di Samsung sui singoli prodotti. Ed è anche possibile che Google scelga di produrre in maniera autonoma i propri smartphone, complice il lancio, avvenuto ieri, della nuova versione di Android, denominata KitKat. 

E poi c’è BlackBerry. La casa della mora, nonostante i tentativi di rilancio grazie al nuovo sistema operativo 10, continua a soffrire e poche settimane fa ha comunicato all’universo finanziario che potrebbero esserci sviluppi nel futuro. In altre parole, vendita di asset non strategici della compagnia o una fusione con un altra società. E proprio su quest’ultimo versante arrivano le maggiori indiscrezioni. L’amore di Lenovo, la compagnia cinese che occupa il secondo posto nella classifica dei maggiori produttori mondiali di personal computer, per gli smartphone canadesi continua a essere elevato. Il presidente e ceo Yang Yuanqing ha più volte detto che Lenovo sta cercando un partner commerciale per ampliare la sua offerta produttiva e diversificare le proprie attività. Considerando che per tipologia di consumatori – ovvero high-end – BlackBerry e Lenovo sono simili, secondo Goldman Sachs potrebbe essere questo il futuro della compagnia canadese. Ma un nuovo scenario si è aperto dopo il maxi accordo fra Verizon e Vodafone, del valore di 130 miliardi di dollari.

Secondo diverse voci che circolano a Wall Street, è possibile che Vodafone possa mettere le mani sulle attività di BlackBerry. Si creerebbe così un colosso di integrazione capace di targettizzare al massimo l’offerta composita di smartphone business-oriented e contratti telefonici per le imprese, un campo dove sia Verizon sia Vodafone sono sempre stati all’avanguardia. Più facile a dirsi che a farsi, complice il disastro combinato fra 2009 e 2012 dai canadesi, che hanno cercato di entrare nel mercato consumer tramite prodotti nati già obsoleti come l’8520 e non riuscendo a comprendere la portata delle innovazioni di Apple. La soluzione potrebbe essere quella di inserirsi in una nicchia di alto livello, ma serve un compratore. Con Microsoft e Nokia fuori gioco, il cerchio si stringe sempre più per la mora. Con esso, le possibilità di una ripresa in tempi sostenibili.

Una cosa è certa. I vecchi player stanno soffrendo. Infatti, il destino di Nokia può ricordare quello di Ericsson, l’altro grande colosso europeo della telefonia mobile. Nata nel 1876 a Stoccolma – in origine era un negozio di riparazione dei telegrafi – negli anni Novanta divenne celebre per i suoi telefoni robusti, ma con stile. Dopo una joint-venture con Sony risalente al 2003 e il tentativo di rilancio della società puntando sulle funzionalità più consumer, come fotografie e musica, Ericsson ha cessato di essere un produttore di device mobili nel 2011, focalizzandosi sulle architetture di rete. Un destino simile a quello di Siemens, che fu con Ericsson e Nokia fra i big della telefonia cellulare prima dell’avvento di iPhone.

Dietro la crisi di Nokia però c’è anche un altro aspetto di cui non si può non tenere conto: l’osbolescenza programmata. Il costruttore finlandese è sempre stato noto, e quindi scelto dai consumatori, per via della sua grande affidabilità e resistenza. Ne sono prova i numerosi meme che ancora girano sui social network, che ironizzano su uno dei bestseller di Nokia, il 3310, considerandolo come un device indistruttibile. Secondo un’analisi di Morgan Stanley, la vita media di un dispositivo di telefonia cellulare nel 2006 era di 3,8 anni. Nel 2012 è stata di 2,1 anni. È questo il periodo di utilizzo ottimale del prodotto, dopo il quale può iniziare il deperimento dello stesso.

A lanciare questo genere di decadimento programmato fu proprio Apple. Tanto belli dal punto di vista dell’immagine, tanto fragili dopo pochi anni. La scelta di abbassare in modo drastico il ciclo vitale dei prodotti, impedendo per esempio di sostituire le batterie degli stessi, è stata fortemente criticata dalle associazioni dei consumatori. Eppure, le scelte di Cupertino sono chiare, anche per gli iPhone: nessuna possibilità di sostituzione delle batterie. E in media, come ha calcolato TechCrunch, la vita media ottimale di queste è di 1,5 anni. Troppo poco, dicono i consumatori. Il giusto, dice Apple.

Un altro grave problema che ha portato alla disfatta di Nokia, ma anche di Motorola e tanti altri produttori fagocitati dalla voracità commerciale di Apple, sono stati gli acquisti emozionali. Da oggetto capace di essere uno status symbol di una certa classe sociale, basti pensare allo Star-Tac di Motorola, il cellulare è diventato un prodotto di uso comune. E proprio su questo punto è stata l’innovazione di Cupertino. Steve Jobs è riuscito a rendere emozionale l’acquisto di un oggetto altrimenti banale, farcendolo di un’allure di prestigio a buon mercato. Se è vero che i device mobili di Apple hanno prezzi di listino più elevati rispetto alla concorrenza, è altrettanto vero che nessun costruttore è ancora riuscito a competere con la loro qualità costruttiva e con il loro design. Come scrisse nel 2011 BusinessWeek «chi acquista Apple è disposto ad accettare anche una tecnologia strutturale non all’avanguardia rispetto alla concorrenza, proprio perché ama il brand e ciò che esso trasmette a livello sociale». In sostanza, è noto che iPhone 5 sia inferiore, tecnologicamente, rispetto a Galaxy S4, ma il prodotto Apple ha un’aurea più esclusiva.

Il futuro di Microsoft e Nokia si intreccia e per entrambe le società potrebbe essere l’ultima occasione per restare sul mercato che conta. «Le possibilità sono notevoli, ma solo se ci saranno degli sviluppi in grado di garantire una sopravvivenza di Nokia nella telefonia mobile. Le qualità ci sono, gli asset pure, le idee si spera», ha commentato Bank of America-Merrill Lynch. L’obiettivo strategico è quello di erodere quote a Apple, ma soprattutto a Samsung. Un compito non facile per Redmond. Specie considerando l’imminente uscita della versione low-cost di iPhone. La guerra degli smartphone è appena iniziata.  

*Ha contribuito all’articolo Maria Elena Zanini

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