Nuova Zelanda, la fede nella vela oltre la sconfitta

Dopo la vittoria di Oracle

E così i “cattivi” hanno vinto questa trentaquattresima America’s Cup. La vela che può fare tutto quello che vuole, “tanto ha i soldi” contro la vela più genuina e viva dei kiwi, i neozeolandesi che sembravano invincibili. E il gioco potrebbe continuare all’infinito, il risultato comunque non cambia. Soldi o non soldi, cattivi o no, Oracle Team Usa ha vinto, ha stravinto tagliando il traguardo dopo l’ultimo bordo di bolina con 44 secondi di vantaggio su un Emirates Team New Zealand psicologicamente congelato (e oggettivamente più lento). E adesso? Cosa succederà all’America’s Cup? Il giro economico che ruota intorno alla manifestazione velistica più seguita al mondo è notevole. Ogni consorzio – guai a chiamarli squadre nell’ambiente velistico – ha speso almeno un centinaio di milioni di dollari per far salpare la propria imbarcazione. Troppo per chiudere il carrozzone. 

Per capire cosa significa partecipare all’America’s Cup bisogna andare in Nuova Zelanda. L’attesa per una vittoria che ormai sembrava scontata era spasmodica. Già ci si crogiolava nell’idea che finalmente tornasse nel paese dei kiwi, che la stagione del multiscafo fosse finita, a favore del classico monoscafo. Del resto le 8 vittorie di New Zealand lasciavano ben sperare in questo senso. Il 14 settembre Paul Lewis, in tempi non sospetti, scriveva sul New Zealand Herald: «Dovrà proprio esserci un incidente, un qualche danno, un miracolo di ingegneria nautica o un atto divino. A parte ciò Team New Zealand vincerà la trentaquattresima Coppa America». Un profeta al contrario. Il miracolo c’è stato. Oracle ha modificato il pacchetto di appendici, ha eliminato il bompresso, ha cambiato l’assetto della barca e ha sostituito il tattico John Kostecki con il plurimedagliato olimpico Ben Ainslie. Il risultato: otto vittorie consecutive e i kiwi devastati e increduli. Da 1 a 8 a 9 a 8. Un miracolo. Bye bye al ritorno di immagine che sarebbe derivato dalla vittoria della barca condotta da Dean Barker.

E ora bisogna aspettare che Larry Ellison il patron di Oracle e di Oracle Team Usa decida cosa fare in qualità di defender, per la prossima Coppa America. «Questa edizione della coppa ha cambiato la vela per sempre, ha avvicinato i giovani alla Coppa America e tutto ciò fa di me un uomo felice». Per esserci una America’s Cup deve esserci uno sfidante. Detto fatto. Dall’Australia arriva il miliardario Bob Oetley, (al trentunesimo posto tra gli uomini più ricchi del mondo), patron dell’Hamilton Island Yacht Club sulla barriera corallina del Queensland. Ora sarà compito del defender e del challenger decidere modi, tempi e luoghi della trentacinquesima Coppa America. Ma  Ellison ha subito messo in chiaro che «crediamo che catamarani che fanno 40 nodi siano la strada da seguire ancora».

Leggi anche: Fenomenologia di Russell Coutts, il velista «stronzo»

Il problema vero però resta quello di trovare altri possibili sfidanti perchè oltre all’eventuale Coppa America possa esserci anche una Louis Vuitton Cup con un numero dignitoso di barche. E non sarà facilissimo perché se davvero Ellison vorrà continuare ancora con i multiscafo, i vari team dovranno investire molti soldi. Come il patron di Oracle ha sottolineato in conferenza stampa, per vincere la Coppa si spende lo stesso che per perderla. Frustrazione a parte. «Noi abbiamo speso 100 milioni di dollari, non ho idea di quanto abbiano speso loro, certo non poco» ha ribattuto Grant Dalton, patron del Team New Zealand. E sul futuro non è stato certamente più incoraggiante, definendosi “morto” (velisticamente parlando) per non aver saputo riportare l’America’s Cup in Nuova Zelanda. Ad ogni modo nella piccola nazione australe è stata avviata una raccolta fondi in crowdfounding

e il governo, tramite il ministro per lo sviluppo economico, ha già fatto sapere di essere disponibile ad offrire il proprio contributo perché la Nuova Zelanda partecipi alla prossima edizione della Coppa America.

Ma la questione è doppia. Da una parte c’è la questione dell’immagine e del prestigio: la sconfitta ha portato alla luce evidenti limiti nel team neozelandese che ha perso parte della sua credibilità. Dall’altra c’è il problema dei finanziamenti. Il governo neozelandese è stato pesantemente presente nell’attività della squadra con forti sovvenzioni statali, a differenza degli altri team di differente nazionalità. Questo anche perché il giro di Louis Vuitton Cup e Coppa America supera i 4 miliardi di dollari, secondo le stime di Forbes. Solo San Francisco ha potuto giovare di entrate per circa un miliardo di dollari. E fra sponsorizzazioni e altro, è facile capire come si raggiungono cifre quattro volte maggiori.

La Nuova Zelanda è ai primi posti nel mondo per quel che riguarda la progettazione e la costruzione delle barche a vela. E lì si trovano i migliori cantieri del mondo. È una nazione in cui il 90% degli abitanti sa andare in barca e il restante 10% ha sicuramente provato una volta nella vita. C’è un tipo di approccio costruttivo per qualsiasi tipo di barca. Questo ha portato alla nascita di tantissime aziende neozelandesi leader nel mondo per quel che riguarda la progettazione e la realizzazione di vele, alberi e scafi. Il know-how acquisito ha permesso di arrivare ai risultati strabilianti che abbiamo visto tutti nella realizzazione degli AC72 e in particolare nel foiling, ossia il volare sull’acqua. Senza Team New Zealand nessun altro l’avrebbe mai realizzato, nemmeno Oracle, che si è limitata a imparare dai neozelandesi.

Leggi anche: Cino Ricci: Coppa America? Ormai è diventata un circo

I kiwi, da Dean Barker in giù, hanno giocato un ruolo fondamentale. Niente di quello che hanno realizzato per il multiscafo dell’America’s Cup andrà perso, nemmeno se non ci sarà un team neozelandese nella prossima edizione della Coppa. Lo spettacolo, anche in virtù delle sponsorizzazioni milionarie e del giro commerciale, deve continuare.

Twitter: @mezanini

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter