Quella che va al voto è una Germania ancora divisa

Astensionismo in crescita costante

È una Germania marcata da profonde divisioni interne quella che vota domani nelle elezioni federali. Mentre il divario sociale aumenta, complice un enorme settore di working poors sussidiati dallo stato, i sondaggi indicano che l’astensione segnerà un nuovo record. A non votare sono i poveri, le casalinghe, gli anziani e i disoccupati. Anche l’attività economica è polarizzata, e gli antipodi si trovano a 120 km di distanza: dal miracolo occupazionale di Wolfsburg, città di Volkswagen e circoscrizione con il più alto prodotto interno lordo pro capite e Ratheow, quella con il Pil inferiore. In mezzo, una volta, correva il muro.

Le elezioni che con ogni probabilità consacreranno alla storia Angela Merkel con il terzo mandato, rischiano anche di rimanere nei testi di studio per la maggiore astensione registrata dal dopoguerra ad oggi. Dal 1972, la partecipazione in Germania non ha fatto che calare ininterrottamente. Già nel 2009, il numero degli elettori che scelsero non votare superò quello dei voti del maggior partito. I sondaggi indicano quest’anno che l’astensione potrebbe aggirarsi intorno al 30 per cento.

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Uno studio esaustivo sull’astensione dell’Istituto Forsa e la Fredrich-Ebert-Stiftung si può leggere come una carta geografica delle divisioni sociali della maggiore economia europea. Secondo il responsabile dell’indagine, Dietmar Molthagen, l’astensione «si distribuisce in modo sproporzionato tra i ceti sociali più bassi». Detto in numeri, del totale degli elettori chiamati alle urne domenica, il 9% guadagna meno di mille euro al mese. Nel caso di coloro che disertano le urne, lo stesso dato raggiunge il 20 per cento. Questo si conferma a tutti i livelli: «Quanto più alto il reddito, minore l’astensione». L’identikit di chi si astiene è presto detto, secondo Molthagen: sono giovani, disoccupati, anziani e donne casalinghe, li accomuna la sensazione di essere stati dimenticati dalla politica.

Lo stesso tipo di evidenze si possono individuare nel livello educativo: tra chi si astiene sono più frequenti coloro che non hanno studiato o hanno solo una formazione secondaria professionale. Il 57% di coloro che si asterranno è disoccupato. E infine c’è una forte componente geografica: il numero di coloro che dichiarano che non andranno a votare è doppio all’est.

Il confronto tra le due circoscrizioni agli antipodi, anche se molto vicine, offre inoltre una fotografia delle divisioni economiche che convivono nella locomotrice europea. Con la pianta principale di Volkswagen che produce 3.000 veicoli al giorno e da lavoro, da sola, a 60.000 persone, più tutte le aziende che ruotano attorno a questa attività —circa 400 —Wolfsburg ha più posti di lavoro che abitanti. Il tasso di disoccupazione è al 4%.

A Rathenow, 120 km più a est e oltre al muro che non c’è più ma continua a marcare una divisione, la disoccupazione è del 13%, la popolazione è anziana e i giovani se ne vanno. Qui la riconversione dopo la caduta del muro non è stata di successo. Le principali storiche attività nel settore ottico — sorgeva qui la Tielmann che forniva occhiali a tutta la DDR — e chimico, sono praticamente state cancellate. Nemmeno il settore agricolo di questa zona rurale riesce a mantenere la località a galla. La produzione è a livelli minimi.

Wolfsburg e Havelland – di cui Rathenow è capitale – sono le circoscrizioni che registrano il maggiore e il minore Pil pro capite: 91.000 euro contro 14.000, in base ai dati dell’Ente federale di Statistica del 2010 – si tratta dei dati più recenti a disposizione.
 

Twitter: @NenaDarling

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