Ve lo ricordare il sublime Francesco Rutelli di Corrado Guzzanti?
“Berlusconi, io sto a lavorà per te…Sono cinque anni che te portamo l’acqua co’ l’orecchie, cosa vuoi di più, la scorza di limone…? Berlusconi, ricordati degli amici, ricordati di chi ti ha voluto bene…” .
Sono venti anni di videomessaggi, quelli che ci sono passati davanti agli occhi in questo giorni, ma sono anche venti anni di satira e di video-satira, di video-politica in cui i comici sono diventati opinion leader, maestri di pensiero, a volte persino nuovi guru.
Se sono partito da quella imitazione di Rutelli, è perché anche in quella battuta, in quel finto Alberto Sordi trapiantato nel corpo del leader del centrosinistra, c’è il segno di quanto Berlusconi abbia dominato il codice della parodia dello sberleffo: si imitava Francesco Rutelli, certo, ma si partiva sempre da lui, dal Cavaliere di Arcore (o di Hardcore, come dice Marco Travaglio).
Fra venti anni, quando il berlusconismo sarà comunque un ricordo o un fatto storico, resterà la mole incredibile di materiali satirici che ha prodotto come effetto collaterale della sua discesa in campo: lo stesso assalto al cielo di Beppe Grillo, e la trasmutazione del suo ruolo da comico a leader, parte e si fonda sull’assalto al corpo, al viso, alla politica, alle idee e agli stilemi di Silvio Berlusconi. Senza lo “psiconano” – per dirne una – non avremmo avuto Vito Crimi e Roberta Lombardi a Montecitorio.
Perché in questi anni di lunga contrapposizione, l’anti-berlusconismo, o almeno la parte più efficace di questa corrente di pensiero molto variegata, è stata dominata dai satirici: da Vauro, da Corrado, Sabina e Caterina Guzzanti, da Grillo, dal Travaglio corsivista, da Cuore, da Stefano Disegni e le sue strisce a fumetti, ma anche da piccoli episodi di contaminazione cult come Nando dalla Chiesa che fa l’imitazione di Berlusconi, o da vere proprie tendenze, come la rete che fa la parodia di Silvio, come il Popolo Viola, che nasce intorno alla satira del “Cavaliere Mascarato”, come il NoB-day, oggi dimenticato, che fu la più grande manifestazione di piazza contro Berlusconi al governo, e che aveva come logo, la parodia virata in tinta di quel Silvio Berlusconi che faceva il celebre gesto del mitra.
Persino la filmografia d’assalto, sia quella di rango sia quella di serie B, è ruotata intorno al perno di questo feticcio, dal bellissimo documentario di Stella Rizzo “Silvio Forever”, all’altrettanto bello “Dracula”, al tanto celebrato “Girlfriend in a coma” (che ha trasformato l’ex direttore dell’Economist Bill Emmott in una sorta di Michael Moore europeo), per non parlare di quella splendida pièce rappresentata dal “Caimano” di Nanni Moretti, fino ai prodotti minori per addetti ai lavori come “Shooting Silvio”.
Dario Vergassola dice spesso scherzando: “Senza Berlusconi bisogna mettere in campo gli ammortizzatori sociali per una intera categoria sociale sull’orlo del baratro: la mia”. E non c’è dubbio che la satira è stata la cosa che in certi momenti ha fatto più male al leader del Pdl, basta pensare a certi monologhi civili di Ascanio Celestini, sul “Piccolo signore di un piccolo paese…”, eccetera.
Persino la comunicazione più drammatica è stata segnata dall’antiberlusconismo, pensate esempio a cosa alludono gli ultimissimi spot-parodia del nuovo programma di Michele Santoro, dove Giulia Innocenzi e Vauro, scorrazzano per le strade di Roma in una poetico sidecar accompagnati dai toni epici di “Bella ciao” dei Modena City Ramblers, portando sulle loro gambe un sosia del già celebre cagnolino Dudù. Ma che i toni siano quelli di una guerra di Liberazione non ci crede più nessuno, appunto, tantomeno loro, è l’autosatira della satira, l’antiberlusconismo come burla crepuscolare, l’omaggio nostalgico a una stagione felice ma passata.
Prendete Dudù: com’è noto è il cucciolo della fidanzata di Berlusconi, Francesca Pascale. La stessa Pascale, per seguire questo filo, è stato il cavallo di battaglia della bravissima Virginia Raffaele, che suscitò una incredibile polemica per la sua performance in cui imitando la Pascale, faceva questa battuta osé: “Ma perché, il burro si può usare anche per cucinare?”. Insorsero, i deputati del Pdl, aveva già impugnato lo spadone da combattimento Micaela Biancofiore, qualcuno già accusava la Rai, quando la Pascale, con un gesto a sorpresa, e una buona dose di autoironia disse: “A me quell’imitazione mi ha divertita molto”. Adesso la Raffaele non è finita in esilio, ma ha conquistato il riflettore principe di Striscia la Notizia, alla corte di Antonio Ricci la più importante trasmissione Mediaset.
Il caso più clamoroso, è quello di Maurizio Crozza, che ha messo in scena uno straordinario Berlusconi vagamente pataccaro e smargiasso a Sanremo e che ha dato le carte nel borsino della politica italiana, affossando con i suoi sketch caustici, il povero Antonio Ingroia, sbeffeggiato per la sua indolenza insulare (“Ingroia, ci può dire i sette punti del suo programma?”. E quello: “Tutti?”), E che ha preso le misure persino a Walter Veltroni, uno che sarà per sempre ricordato per il celebre “ma-anche” crozziano. Uno che ha creato dal nulla, la geniale satira del giaguaro da smacchiare, quella che poi sarebbe diventata – miracoli della satira! – l’unico vero slogan di Bersani in campagna elettorale. Quelle imitazioni a sinistra hanno prodotto disastri, su Berlusconi sono scivolate senza danni, anche se gli levavano la pelle e lo sfottevano senza riguardi: la verità è che Berlusconi pare ormai mitridatizzato, vaccinato contro qualsiasi battuta.
C’è stato in questi anni, un patto non scritto, non voluto, tra Berlusconi e i suoi nemici satirici. Loro hanno alimentato il proprio repertorio con battute efficacissime, lui si sarà pure incazzato, ma ha visto amplificato il proprio ruolo anche da questa continua produzione caustica. La satira e Berlusconi, si sono combattuti così tanto, che adesso rischiano di ritrovarsi alleati: il patto non scritto, che è stata una delle dominanti della Seconda Repubblica, potrebbe andare in crisi. Perché adesso la video satira deve scegliere se fare obiezione di coscienza, e far danno al Cavaliere dimenticandolo (cosa possibile), oppure se continuare a tenerlo nel centro del mirino, cementandolo per sempre nel suo nuovo ruolo di leader extraparlamentare ma comunque centrale.
Non oso immaginare gli effetti di una moratoria satirica su Silvio Berlusconi, che immagino devastanti. Ma non riesco nemmeno a pensare, che qualcuno potrebbe deporre la matita, o il trucco di scena, il giorno in cui per il leader del Pdl scattassero gli arresti domiciliari. Se gli fossero veramente nemici, i satirici dovrebbero imporsi una moratoria su di lui, Dovrebbero forse smettere di parlarne. Se continueranno ad assegnargli il ruolo di ruolo da protagonista assoluto diventeranno suoi alleati, esattamente come accade con lo spot di Santoro, che glorifica, celebra (e quindi rende molto simpatico) persino il cagnolino di Corte, Dudù: ma inevitabilmente, insieme a lui, anche il suo sovrano.
Twitter: @LucaTelese