“Come si prevede il futuro? Saggezza, dati e studio”

Sua la previsione perfetta su Obama

FERRARA – Classe 1978, é uno tra i giornalisti americani più discussi di questi anni. Nate Silver ha iniziato a far parlare di sé dopo aver sviluppato il sistema PECOTA, con il quale ha potuto prevedere i risultati e le possibili evoluzioni della carriera di ogni singolo giocatore di baseball negli Stati Uniti d’America.

Nel 2008, il colpaccio: perché non applicare questo sistema anche alle elezioni presidenziali americane? Tutto va per il meglio e riesce a prevedere il nome di 49 vincitori su 50. Questo successo lo porta ad essere nominato, nel 2009, tra le cento persone più influenti al mondo. Il suo lavoro, raccolto nel blog FiveThirtyEight,é stato ospitato dal New York Times dove ha lavorato prima di passare ad ESPN e, durante le elezioni americane che vedevano combattere tra loro Barack Obama e Mitt Romney, Silver prevede precisamente i risultati dei 50 stati americani e del distretto di Columbia.

La “previsione perfetta” di Nate Silver sulle elezioni americane

Al Festival della rivista Internazionale (ancora in corso a Ferrara) ha partecipato al dibattito incentrato sul tema “L’arte di predire tutto”, intervistato dal direttore de La Stampa Mario Calabresi. Linkiesta lo ha incontrato prima del suo incontro pubblico. «Si, ho lavorato molto, ma sono stato l’uomo giusto al momento giusto. Ho avuto molta fortuna da questo punto di vista», confessa.

Ma come si concilia questo lavoro, che utilizza quasi alla perfezione i numeri, con eventi imprevedibili, che dipendono ben poco dalle nostre singole volontà? «Il tema centrale del mio ultimo libro (Il segnale ed il rumore, in Italia per Fandango) é il fatto che noi esseri umani potremmo fare molto meglio di quanto facciamo finora», spiega. «L’arte alla quale mi dedico é suscettibile di molti errori. Ci sono campi come quello dell’economia, o addirittura delle calamità naturali, nei quali si stanno facendo passi avanti ma dove non è ancora possibile poter prevedere ogni singola cosa. Preferisco la saggezza alla genialità perfetta».

In cosa consiste esattamente il lavoro dello statistico e giornalista americano? «Noi prendiamo tutti i dati dei sondaggi e poi vediamo», spiega, «È un attaccamento sempre più forte alla realtà: il mio non è un tentativo di manipolarla. In televisione ci sono molte persone che invece lo fanno».
Non è un caso che lo stesso Silver abbia iniziato a lavorare su alcuni campi, come quello del baseball, ai quali é profondamente legato e appassionato. «Il passaggio dal baseball alle elezioni presidenziali non è stato forzato. La campagna elettorale é simile ad una stagione di baseball: parte lentamente, apparentemente non c’è una squadra così forte, poi man mano che passa il tempo, iniziano ad emergere dei temi sempre più cruciali e, quindi, sempre più critici».

Mentre ci racconta la situazione politica americana, viene spontaneo un parallelismo con quella di casa nostra. Anche se «si tratta di situazioni completamente differenti tra loro», ci spiega. «Innanzitutto negli Stati Uniti abbiamo solo due partiti, e questo é un elemento che va a mio favore quando studio il sistema elettorale. Però, questo bipartitismo non lascia sfogo a tutte le insoddisfazioni (come invece avviene in Italia: quando si è insoddisfatti del proprio partito si può optare per un altro, senza votare personalità con idee opposte alle nostre)». È però importante, per capire fino in fondo in che contesto politico stiamo vivendo, «studiare l’economia». Spiega:

«In molti paesi, vedi Grecia e Spagnal si capisce la politica solo se si capisce l’economia. E l’economia determina l’andamento stesso della politica»

Utilizzando quotidianamente continui flussi di big data, Nate Silver non ha dubbi anche per quanto riguarda la rivoluzione digitale nella quale siamo immersi. Giornalismo compreso. «L’informazione sul web é molto veloce (tra le altre cose é anche “amica” dell’ambiente perché riduce lo spreco di carta), ma non dimentichiamoci che c’è ancora una generazione che legge sui giornali cartacei». Conclude: «A mio avviso la rivoluzione attecchisce di più in certe culture piuttosto che in altre. Ma sono convinto che, comunque vada, si stia andando verso il meglio».

Twitter: @giovanniferrar

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