Doveva essere un incontro, seppur vivace, fra i piccoli imprenditori lombardi, soprattutto quelli che vivono a pochi chilometri dalla Svizzera, con il ministro per lo Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, per trovare un lume di speranza, che fermasse l’esodo verso il Canton Ticino. E invece è diventata la rappresentazione di uno psicodramma.
Inaspettato, per certi versi, perché l’incontro è avvenuto lunedì sera allo spazio Malpensafiere di Busto Arsizio, e non nel ventre molle del furioso (e spregiudicato) Nord Est. Un’iniziativa nata da uno scambio di messaggi fra il giornalista de il Corriere della Sera, Dario Di Vico, e il ministro Zanonato, dopo che 300 imprenditori erano andati a Chiasso il 26 settembre, a un incontro con il sindaco Moreno Colombo. Nella speranza di trasferirsi, di delocalizzare le proprie piccole imprese. Anche se nella realtà molti sono stati respinti con perdite, perché per una piccola azienda ci sono troppi paletti e regole severe, che non tutti i Piccoli riescono o vogliono rispettare. E così a Busto Arsizio, all’incontro “Meglio in Svizzera?, si sono presentati in mille, con le baionette dei garibaldini.
La serata organizzata dal Corriere della Sera, Confartigianato imprese (era presente anche il suo presidente, Giorgio Merletti) si è trasformata in una bufera. Gli imprenditori presenti, alcuni già trasferiti in Svizzera, altri desiderosi di farlo, hanno approfittato di questa “eccezionale” occasione, un incontro assembleare senza paletti, per dare sfogo alle proprie frustrazioni. E raccontare i propri fallimenti. Con applausi a scena aperta e tifo da stadio per gli imprenditori che narravano i propri drammi.
Sul palco, il ministro Flavio Zanonato, sembrava un pugile suonato a cui però alla fine di tre ore di fischi, proteste, scambi caotici e rumorosi, è stato riconosciuto l’onore delle armi. Come a riconoscere che il rappresentante del Governo, pur sapendo di affrontare una platea inferocita, ci ha messo la faccia, cercando di elencare le misure fatte dal governo Letta. Non è mai riuscito a finire un ragionamento, perché interrotto da urla e proteste. E si è trasformato, suo malgrado, in un capro espiatorio di vent’anni di politiche sbagliate o mancate a sostegno delle imprese. Ed è bastato che lui citasse l’ecobonus, il cuneo fiscale, il fondo unico di garanzia per sostenere il microcredito, che è partita la protesta. All’insegna dell’antipolitica.
Perciò se l’obiettivo dell’incontro era quello di dare agli imprenditori una ragione per non continuare a fuggire in Svizzera, è stata un’occasione mancata Il ministro dello Sviluppo Economico ha cercato di spiegare le difficoltà di una politica economica, sospesa fra il tentativo di contenere la spesa pubblica e cercare di alleviare burocrazia, tasse, costo del lavoro, «perché i cambiamenti non si possono fare in sei mesi» e «non sono venuto qui per raccontarvi fiabe», ha detto e ribadito il ministro Zanonato, riferendosi al ventennio berlusconiano, di promesse demagogiche, ma loro, gli imprenditori che stanno fuggendo, chiudendo le aziende, o svendendole ai tedeschi – come ha affermato uno dei tanti imprenditori arrivati dal cuore della Brianza per sfogarsi – non volevano fare richieste né probabilmente sentire risposte. O meglio non si sono accontentati delle risposte – piuttosto vaghe – del ministro che, davanti a tanta rabbia, va detto, non ha mollato, è rimasto incollato alla sedia a prendere appunti.
Gli artigiani e gli imprenditori erano soprattutto in cerca di un teatro per poter mettere in scena la loro ira funesta e rappresentarsi come patrioti, eroi di un paese in declino, da cui vogliono scappare. E infatti tutti quelli che salivano sul palco, o urlavano dalla platea, dicevano più o meno tutti la stessa cosa. «Le aziende chiudono perché pagano troppe tasse, perché pagano i costi della burocrazia, perché sono vessati dall’Irap, dalle banche» eccetera eccetera. E ogni volta che finivano il loro intervento, rivolti al ministro, dicevano: «Ha capito?» e giù applausi e/o fischi.
Una cosa però è certa: mai si era vista un’assemblea così. Con un ministro, che interveniva a un’assemblea non “blindata”, che sembrava una (necessaria?) seduta psicoanalitica collettiva per mille piccoli imprenditori i quali, per la prima volta hanno potuto poter esprimere la loro, personale, drammatica recessione.
Intanto però l’esodo verso la Svizzera non si ferma. Ormai sono più di mille gli imprenditori che stanno occupando il suolo del Canton Ticino, e che stanno terrorizzando gli Svizzeri che vorrebbero solo grandi aziende e iniezioni di ingenti capitali per risolvere la loro crisi dettata dalla fuga di capitali stranieri verso paradisi fiscali più sicuri. E la serata di lunedì, sarà stata pure, una grande dimostrazione di democrazia “diretta”, come ha sostenuto il moderatore Dario Di Vico, ma non è servita a fermare l’esodo della spina dorsale dell’economia italiana, le Pmi, ormai sul punto di spezzarsi.
Twitter: @GiudiciCristina