Lo ha detto ieri il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, salutando la nomina di Carlo Cottarelli, ex direttore del dipartimento Affari Fiscali del Fmi, a commissario per la revisione della spesa pubblica: «Ora riprende slancio la riforma della spesa pubblica, la spending review è l’unico sistema per ridurre le tasse». Tempo ce n’è ben poco: servono 10 miliardi a servizio della Legge di Stabilità, da licenziare entro metà mese, e altri 1,6 per evitare di sfondare il tetto defict/Pil al 3%, imposto dall’Europa pena la riattivazione della procedura d’infrazione. Fortunatamente Cottarelli conosce bene l’Italia, essendo responsabile della consueta revisione dell’istituzione di Washington sulle finanze pubbliche italiane. E il bollino Fmi è garanzia di qualità agli occhi degli investitori esteri.
Tuttavia, non è che i precedenti commissari nominati dal governo Monti, Enrico Bondi e Francesco Giavazzi, abbiano brillato particolarmente per i loro risultati. Il primo si è dimesso a inizio anno riuscendo a sforbiciare soltanto 2,5 miliardi, il secondo non è riuscito a portare a termine un piano per ridurre la giungla di aiuti locali e nazionali alle imprese.
Caro Cottarelli, impari dai fallimenti altrui e non guardi in faccia a nessuno! Per quanto sia impossibile aspettarsi da un governo di larghe intese un taglio della spesa, cittadini e imprese sono stremati. L’aumento dell’Iva dell’altro giorno non è che l’ultima bastonata sulle esili spalle del più debole di tutti: il contribuente fedele.