Datagate e ItaliaDatagate, l’Italia era spiata dall’America e lo sapeva

Intervista ad Aldo Giannuli

«Se inizia una spirale di ritorsioni tra Cina e Usa lo scandalo rischia di degenerare in un conflitto». Nella tempesta del Datagate l’Italia, dopo la diffusione della notizia delle 46 milioni di telefonate intercettate dalla Nsa in un mese, non ha ancora deciso che rotta seguire. Leggendo le varie dichiarazioni non è chiara la posizione del Paese. «È evidente che c’è un problema – ammonisce il sottosegretario con delega ai Servizi, Marco Minniti – che riguarda l’intelligence Usa ed il rapporto tra questo mondo e l’Europa. L’intelligence non può essere una foresta in cui tutto è permesso». Giampiero Massolo, direttore del Dipartimento informazioni per la sicurezza (Dis), al contrario minimizza sostenendo che «non ci sono evidenze su controlli illegali» operati dalla Nsa americana sul territorio italiano.

«Ma cosa si aspettava? Una lettera firmata di Obama?», si chiede Aldo Giannuli, studioso dei servizi segreti, consulente di varie procure nelle indagini sulle stragi degli anni di piombo e autore di un blog che approfondisce queste tematiche. «In questo ambito per definizione – prosegue Giannuli – non ci sono evidenze».

Lei ritiene credibile che queste 46 milioni di intercettazioni in Italia ci siano state?
Ritengo ovvio che ci siano state e trovo assurdo tutto questo stupore. Facciamo tre passi indietro per avere una visione d’insieme: adesso sta scoppiando questa grana, di cui Snowden (la talpa ex Nsa dalle cui rivelazioni è partito lo scandalo ndr.) è il detonatore. Ma la montagna di esplosivo che sta prendendo fuoco sono venti anni che si accumula. Ed è impossibile ignorare un processo ventennale: qualsiasi studioso di servizi segreti, e a maggior ragione qualunque agenzia di intelligence, sapeva dei big data. Chi non se ne è reso conto è meglio che cambi mestiere, non si può davvero dire “non ci sono prove”.

Il governo italiano quindi sapeva?
Certo, lo sapevano tutti. Anche a Timbuktu lo sapevano. Il caso Echelon? O quando gli Usa intercettarono il Parlamento Europeo per il caso dell’Airbus turco (appalto poi andato a loro)? Sono fatti noti. C’è un manuale tecnico della Telecom del 2006 in cui addirittura già si spiegava come manipolare grandi quantità di informazioni. Insomma era chiaro a tutti che da anni le intercettazioni fossero “a strascico”. Se una cosa è tecnicamente possibile, e non ci sono controlli volti a impedirla, chi la può fare la fa. Questo per dire che non ha senso fare le anime belle, anche se non si devono nemmeno sottovalutare le conseguenze. Ci sono le premesse per un conflitto armato.

In che modo?
Perché si fa attività d’intelligence? Principalmente per questioni economico-finanziarie. Raccolgo dati per poter orientare le dinamiche globali. Non è un caso la questione sia esplosa tra Cina e Stati Uniti. Obama nel 2013 – quando si incontra col presidente cinese Xi Jinping – attacca la Cina sul cyber-spionaggio, specialmente di carattere industriale, facendo una cretinata. Non so chi gliel’abbia consigliata. La Cina a quel punto risponde con Snowden, che aveva nel cassetto da tempo.

Snowden è al servizio dei cinesi?
Io credo che in principio Snowden sia in buona fede ma tema per la sua vita. Non si fida ad andare dai media e allora si rivolge ai cinesi che gli possono dare tutte le garanzie del caso. Quando Obama attacca la Cina sulla questione cyber questa risponde tirando fuori dal cassetto lo scandalo Prism. A quel punto si è aperto il vaso di Pandora e adesso tutti ci si stanno buttando dentro. Ad esempio, perché è emersa la questione delle intercettazioni del cellulare della Merkel? Perché la Francia è fortemente ostile all’accordo di libero scambio tra Ue e Usa e sta cercando di portare la Germania – e non solo – dalla sua parte. I servizi segreti francesi in Europa sono tra i più sviluppati.

La Francia, cioè, avrebbe approfittato dello scandalo Nsa per portare avanti suoi interessi particolari?
Certo, ma non solo la Francia. Anche lo stesso Obama sta usando la questione per attaccare la Nsa, dove sono per lo più Repubblicani (il 29 ottobre la presidente della commissione intelligence del Senato americano, la democratica Dianne Feinstein, ha ordinato una revisione dei programmi spionistici del Nsa ndr.). 

Tornando all’eventualità di un conflitto armato, in che modo ci si potrebbe arrivare?
Consiglio la lettura di “Guerra senza limiti” (scritto da due commissari politici dell’esercito cinese ndr.), dove si riporta la teoria dello stato maggiore cinese sulla guerra asimmetrica: la risposta non si dà mai sullo stesso piano su cui si è ricevuto un attacco e dove l’avversario è più forte. La reazione arriva in altro modo: finanziando attività terroristiche, destabilizzando l’economia di un Paese, agevolando attacchi mirati batteriologici e via dicendo. Se i protagonisti della scena internazionale iniziano a darsi “calci sotto al tavolo” non si può prevedere come potrebbe andare a finire.

In questo scenario che ruolo ha l’Italia? Perché la Nsa dovrebbe spiarci?
Ci sono diversi motivi. Uno è che la Telecom gestisce praticamente in regime di monopolio l’unico canale comunicativo via cavo col Medio Oriente e in particolare con Israele. Poi in Italia c’è Roma, che è importante non certo per Napolitano o per il Parlamento, ma per il Papa. La sala stampa vaticana è uno dei maggiori nodi spionistici del mondo. Ma comunque stiamo parlando di 46 milioni di comunicazioni intercettate in un mese. Non si tratta solo di diplomatici, generali o politici. Si tratta di cittadini. 

Perché intercettare i cittadini italiani?
Più che le telefonate interessano mail e facebook, da cui si capiscono molte cose: mode, tendenze, gusti etc. Tutte informazioni che vengono commercializzate. In gergo tecnico si chiama “argilla informativa”. Secondo la “Enciclopedia delle spie” di Boatti, del 1987, la Cia già all’epoca pensava di vendere alcune delle informazioni raccolte ad aziende private, per fare un po’ di soldi. 

Quindi spiano per poter rivendere informazioni?
Anche, ma senza dimenticare che il cuore del gioco sono le informazioni di carattere economico-finanziario, su cui si concentrano al massimo gli sforzi. Il resto diciamo è di accompagnamento.

E adesso? Ci si possono attendere ritorsioni da parte dell’Italia?
In Italia non ci sono politici ma camerieri – noi prestiamo i nostri uomini ai servizi americani – quindi non ci saranno conseguenze politiche. Al di là dell’Italia, anche tutti gli altri si accontenteranno di qualche concessione americana per poter tornare a chiudere gli occhi. Ma tanto poi salterà fuori un nuovo caso-Snowden e il problema tornerà a galla.

È prevedibile che ci siano altre fughe di notizie?
Ovvio. Molti continuano a ragionare come se fossimo ancora in un mondo bipolare, dove se Stati Uniti e Urss trovano un’intesa la questione è risolta. Invece adesso non è più così: se anche Cina e Usa si mettessero d’accordo, la volta successiva potrebbero essere la Russia, il Qatar o altri ancora a dar fuoco alle polveri.

Twitter: @TommasoCanetta

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