Eataly, la quotazione scatterà a 700 milioni di ricavi

Ecco i target dello showroom del gusto

Eataly potrebbe scegliere Mediobanca come advisor per la quotazione. Oscar Farinetti, il poliedrico fondatore del gruppo italiano salito da poco sul palco della Leopolda, è stato avvistato qualche settimana fa in Piazzetta Cuccia. Ovviamente per parlare di business: il progetto preliminare sottoposto al fondatore di Unieuro dagli uomini di Alberto Nagel prevede l’Ipo nel 2016, al raggiungimento di un target pari a 700 milioni di fatturato. Un obiettivo ambizioso, ma non impossibile: dopo un 2012 chiuso con ricavi aggregati per 300 milioni, quest’anno si dovrebbero superare i 500 milioni di euro. Contattati da Linkiesta, i diretti interessati non smentiscono l’incontro ma non commentano i numeri. Il condizionale è dunque d’obbligo. Il gruppo Eataly, peraltro, non ha un bilancio consolidato omnicomprensivo, per quanto controlli una dozzina di società e abbia partecipazioni di minoranza in un’altra ventina di aziende, dalle cantine Fontanafredda alla pasta Gragnano, dal Premiato pastificio Afeltra al Birrificio Baladin. 

In testa alla catena societaria c’è la capogruppo Eatinvest Srl, che controlla il 79% di Eataly Srl, a sua volta al 60% di Eataly distribuzione. La quale annovera – con quote paritetiche al 13,3%  – Coop Adriatica, Coop Liguria e la novarese Nuova Coop. Eatinvest è controllata da Farinetti e dai figli al 60%, mentre al 20% c’è Paolo Nocivelli, seconda generazione della famiglia bresciana attiva nella refrigerazione industriale (fatturato annuo di 400 milioni). Amministratore delegato assieme ai figli di Farinetti è Luca Baffigo Filangieri, che ha la responsabilità dello sviluppo dei punti vendita in Italia e all’estero. Parlando di quotazione al quotidiano economico francese Les Echos, Baffigo ha spiegato:«Vorremmo che partecipassero i nostri clienti, non solo come azionisti ma anche come aderenti a un club di scambio di vantaggi: un misto di mutualismo e capitalismo. Secondo i nostri calcoli, questo sistema potrebbe permettere agli azionisti-clienti di realizzare 15mila euro di risparmi in tre anni. Siamo proprietari di una ventina di piccole imprese alimentari artigianali che danno valore a tutta la nostra catena. È una delle chiavi del nostro modello». 

Pur non fornendo alcuna stima in termini di fatturato perché «in alcuni casi non c’è ancora un progetto operativo», fonti interne alla società fanno sapere che dopo l’inaugurazione dell’“ipermercato del gusto” a Bari, lo scorso luglio, e il ritardo di Milano, la tabella di marcia prevede entro fine anno lo sbarco a Firenze, Istanbul, Chicago, Dubai (il 3 novembre), nel 2014 Mosca e San Paolo e nel 2015 Londra e Parigi.Soltanto allora il management ha pianificato di aprire la società al mercato, ma sul modello della public company, un’idea in linea con la filosofia di fondo di Eataly. Caso raro tra gli imprenditori nostrani, Farinetti è politicamente schierato: è renziano e non se ne vergogna, «non usare Renzi è come tenere in panchina Maradona», ha detto una volta. Il suo modo di fare politica è esemplificato dall’apertura di Eataly alla Stazione Ostiense, struttura già esistente ma abbandonata per vent’anni, il cui recupero è stato un «atto politico». 

Spulciando i conti nel dettaglio, si scopre che a fine 2011 (ultimo bilancio depositato) Eatinvest ha chiuso in perdita per 6.940 euro e con 12,5 milioni di debiti per finanziamento soci. Eataly, invece, al 31 dicembre 2012 presentava un utile di 409mila euro (152,5mila nel 2011), ricavi per 1,8 milioni e 21,1 milioni di debiti. Molto meglio Eataly distribuzione: 3,1 milioni di euro di utili, 100 milioni di ricavi, liquidità disponibile per 15 milioni e debiti a 46,7 milioni, il grosso – 30 milioni – nei confronti dei fornitori. E un ritorno sull’investimento (Roe) al 26,4% nel 2012, una percentuale simili ai big del lusso come Prada o Lvmh. Poi ci sono i negozi come quello di New York – che vede tra i principali azionisti Joe Bastianich, cuoco di origine friulana e popolare giudice di Masterchef – che l’anno scorso ha portato in dote 70 milioni di ricavi nel 2011 e 85 nel 2012, oltre a 7 milioni di visitatori. Il triplo del Moma, tanto per dare un termine di paragone: un exploit incensato sulle colonne del New York Times.

C’è poi il canale web, con il lancio di www.eataly.net supportato dal fondo italo-francese di venture capital 360 Capital Partners, già promotore di Yoox e MutuiOnline. Doveva partire lo scorso settembre, ma non è chiaro quando sarà online. Contattati da Linkiesta, da 360 Capital Partners hanno preferito non fornire alcun commento in merito. Si vedrà. Nell’attesa Farinetti – che ha dichiarato di voler lasciare la tolda di comando il prossimo 24 settembre, al compimento di 60 anni – ha appena pubblicato per Mondadori un libro scritto con Shigeru Hayashi, responsabile di Eataly Japan, in cui intervista 12 produttori di vino “coraggiosi”:«Il coraggio, per come lo vedo io, se non è accompagnato da capacità di analisi, studio attento dello scenario e tenacia, tanta tenacia, non è coraggio», scrive nel prologo. Le stesse doti che servono per scommettere sul mercato dei capitali. Da capire se, una volta sbarcato in Piazza Affari (ammesso e non concesso che scelga l’Italia) se come altri capitalisti nostrani anche Farinetti diventerà un rentier. O un politico. 

X