Francesco vuole un’altra Chiesa, libera dalla mondanità

Elogia il bene comune e saluta Letta

Viviamo in un mondo selvaggio in cui manca il lavoro, dove prevale l’indifferenza per chi non ha il pane e per quanti fuggono dalla schiavitù e dalla guerra e spesso trovano la morte come è avvenuto ieri a Lampedusa, per questo oggi è un giorno di pianto. Papa Francesco arriva ad Assisi all’indomani della tragedia avvenuta nel canale di Sicilia e il riferimento alla cronaca delle ultime ore è inevitabile per un pontefice che solo nel luglio proprio a Lampedusa aveva denunciato le responsabilità dei governi per quelle morti di migranti nel cuore del Mediterraneo.

Ma Bergoglio ha anche richiamato la Chiesa a rinunciare al potere e al denaro, alla mondanità, i vescovi che scelgono questi “idoli”, ha detto, sono ridicoli. In generale, ha spiegato, non si può rinunciare a Cristo e assumere una fede più comoda, altrimenti si diventa “cristiani da pasticceria”. Francesco ha parlato anche dell’Italia auspicando una stagione di collaborazione e non di divisione, quasi un placet alle larghe intese. Fra l’altro ad Assisi era presente anche Enrico Letta che ha salutato brevemente Francesco e poi ha assistito alla messa nella piazza davanti alla basilica inferiore.

Bergoglio fin dall’inizio ha voluto, come spesso avviene, stravolgere un po’ il programma della mattinata. Prima ha fatto visita al Serafico, un istituto dove vengono accolti bambini e ragazzi disabili, quindi è andato nella sala della spoliazione nel vescovado – primo papa a farlo – dove era atteso per un discorso chiave sulla Chiesa; qui lo aspettavano i poveri assistiti dalla Caritas. In entrambe le occasioni ha messo da parte i discorsi ufficiali e ha svolto una riflessione a braccio; ha chiamato il vescovo di Assisi, monsignor Domenico Sorrentino, “mio fratello”, sottolineando in tal modo, ancora una volta, il suo stesso essere vescovo di Roma più che Papa.

Papa Francesco durante l’omelia ad Assisi (Afp)

Intorno a lui, anche durante la messa che ha concluso la mattinata, Bergoglio ha voluto gli otto cardinali da lui stesso incaricati di lavorare alla riforma della Curia romana e delle sue istituzioni. Di recente questo “consiglio” è stato istituzionalizzato dal Papa attraverso un “chriografo” vale a dire un documento firmato dal Pontefice e nei giorni scorsi gli otto si sono riuniti con Bergoglio in Vaticano per mettere a punto una serie di proposte operative. Il consiglio, guidato dal cardinale dell’Honduras Oscar Rodriguez Maradiaga, è sempre più l’organismo che in questa fase di transizione governa la Chiesa insieme al pontefice argentino, fra pochi giorni poi arriverà a Roma il nuovo Segretario di Stato, monsignor Pietro Parolin a completare il quadro. Fra l’altro quello che è stato soprannominato il G8 vaticano tornerà a riunirsi all’inizio di dicembre e poi di nuova a febbraio, segno, ha precisato il portavoce della Santa Sede padre Federico Lombardi, che il Papa ha intenzione di portare avanti il lavoro di riforma in tempi rapidi.

Forti e impegnative sono state le parole pronunciate dal Papa nella sala della spoliazione in riferimento all’essenza dell’identità cristiana:

«Il cristiano non può convivere con lo spirito del mondo. La mondanità che ci porta alla vanità, alla prepotenza, all’orgoglio. E questo è un idolo, non è Dio. È un idolo! E l’idolatria è il peccato più forte».

Il riferimento di Bergoglio era all’episodio della spoliazione di san Francesco, quando il santo rinunciò alla ricchezza e anche ai suoi simboli. Poi il pontefice ha detto le parole forse più forti di questa sua giornata ad Assisi. «Gesù si è fatto servitore per noi e lo spirito del mondo non c’entra qui. E oggi, con voi, tanti di voi, sono stati spogliati di questo mondo selvaggio che non dà lavoro, che non aiuta». A questo mondo «non importa, non importa se ci sono bambini che muoiono di fame nel mondo; non importa se tante famiglie non hanno da mangiare, non hanno la dignità di portare pane a casa; non importa che tanta gente debba fuggire dalla schiavitù, dalla fame e fuggire cercando la libertà e con quanto dolore, tante volte, vediamo che trovano la morte, come è successo ieri a Lampedusa. Ma oggi è un giorno di pianto! Queste cose le fa lo spirito del mondo».

Quindi ha affermato:

«È proprio ridicolo che un cristiano, un cristiano vero, che un prete, che una suora, che un vescovo, che un cardinale, che un Papa vogliano andare sulla strada di questa mondanità, che è un atteggiamento omicida. La mondanità spirituale uccide. Uccide l’anima, uccide le persone, uccide la Chiesa!».

Nel corso della messa, infine, il Papa è tornato all’omelia scritta e ha precisato che seguire Francesco non significa dare adito a una sorta di panteismo religioso, «la pace di Francesco – ha detto – non è un sentimento sdolcinato». Successivamente è arrivato il riferimento all’Italia, breve ma chiaro nel suo significato: «Preghiamo per la nazione italiana perché ciascuno lavori sempre per il bene comune, guardando a ciò che unisce più che a ciò che divide», quasi un placet discreto alle larghe intese; Francesco si è anche interrotto per fare gli auguri agli italiani e al premier Letta che lo ha pure salutato brevemente di persona.

Twitter: @FrancePeloso

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