Stretti fra il patto di stabilità, seppur allentato dal governo Letta, tagli progressivi e radicali dei trasferimenti statali, provvedimenti pazzotici e incoerenti di fiscalità territoriale (una volta si sarebbe usato il termine federalista) che sono stati concessi, poi tolti, poi modificati in corsa d’opera (Tarsu, Tares, Ici, Imu, Trise e così via con lo scioglilingua), nell’anno del Signore del 2013, quello della ripresa mancata, del governo dei molti rinvii, i principali Comuni italiani stanno affrontando la loro mission impossibile: approvare i bilanci (preventivi) del 2013 che in realtà paiono postumi, visto che l’anno è quasi giunto al termine e molti fondi sono già stati spesi.
Nel frattempo a Firenze si è conclusa la conferenza nazionale dell’Anci, l’associazione nazionale degli 8mila Comuni italiani. Una convention affollatissima, piena di aspettative da parte dei sindaci, che non vedono l’ora di abbandonare la nave, prima di naufragare, e hanno accolto con l’euforia dettata dalla disperazione le parole del presidente dell’Anci, Piero Fassino, sindaco di un Comune molto problematico:
«La spending review è stato uno strumento punitivo, quando non addirittura persecutorio verso gli enti locali»
ha dichiarato all’apertura dell’incontro di tre giorni per ipotizzare riforme, poco plausibili dato il contesto, fare analisi e confronti su fiscalità locale, nel momento più acuto dell’incertezza, con la legge di stabilità appena arrivata in Parlamento. «So bene di usare parole aspre, perché è questo lo stato d’animo di tutti i sindaci italiani», ha aggiunto Fassino, che ha chiesto maggiore autonomia finanziaria per gli enti locali.
Ma il vero interrogativo da porsi è il seguente: come hanno fatto i Comuni italiani, in apparenza sempre sull’orlo del default, a gestire la spending review, quella dei tagli lineari avviata dall’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti in barba alle sue promesse federaliste, poi proseguita con il governo tecnico di Mario Monti che, per impedire bilanci dopati, ha vietato di ricorrere alle plusvalenze delle società partecipate per sostenere le spese correnti con cui i Comuni più grandi riuscivano sempre a chiudere i bilanci in pareggio? Le loro lamentele erano (e sono) giustificate o c’erano fra le pieghe dei bilanci molti sprechi, che potevano o dovevano essere ridotti? Per capirlo, abbiamo analizzato i tagli della spesa corrente fatta da tre Comuni di diverse dimensioni : Milano, Torino, Varese.
Milano
Per la grande Milano, col cuore in mano, è questo l’anno horribilis. La diminuzione dei trasferimenti statali è passata da 728 milioni di euro nel 2010 a 435,44 nel 2012. Fino al 2010, nell’era di Letizia Moratti, l’amministrazione cittadina è riuscita a chiudere i bilanci, più o meno, in equilibrio (nonostante il mistero mai chiarito sul disavanzo di 186 milioni di euro trovato dalla giunta Pisapia, dopo il suo insediamento nel 2011). E grazie al supporto di entrate straordinarie: dividendi e plusvalenze di società partecipate, dismissioni, oneri di urbanizzazione, senza mai ricorrere alla leva fiscale dell’addizionale Irpef, che in questi giorni invece è stata ritoccata nuovamente dalla giunta Pisapia. Suscitando una dura protesta da parte dell’opposizione, perché è stata portata al massimo: 0,8% per i redditi superiori ai 21mila euro annui. Poi gli oneri di urbanizzazione sono diminuiti per la crisi, i dividendi delle società partecipate da Palazzo Marino sono scesi e l’eliminazione delle plusvalenze nella finanziaria 2013, ha dato la stoccata finale. Anche perché nel biennio 2012-2013, gli oneri di urbanizzazione hanno raggiunto il minimo storico: da 89 milioni del 2010 sono passati a 28 milioni nel 2012, 25 nel 2013.
BILANCIO 2013 – 2015 Poste straordinarie per Bilancio corrente
BILANCIO 2013 – 2015 Dividendi ordinari e straordinari
Dalle tabelle del bilancio 2013, si capisce immediatamente, che sarà una finanziaria da lacrime e sangue, mai approvata prima d’ora a Milano, con cui evidentemente la giunta Pisapia poi dovrà fare altri conti, con i suoi cittadini. In una congiuntura economica molto sfortunata, l’assessore al Bilancio, Francesca Balzani, bocconiana doc, è stata chiamata per colmare un buco lasciato dal suo predecessore, Bruno Tabacci, di 500 milioni di euro, nonostante nel biennio precedente fossero già state fatte alcune razionalizzazioni in tutti i settori. Ma è questa la finanziaria dell’austerity milanese. Basta scorrere la tabella sui tagli alla spesa corrente prevista nel 2013, per capire quanto sia stata radicale la razionalizzazione effettuata dal nuovo assessore al Bilancio.
Nel bilancio complessivo di due miliardi e mezzo, destinati alle spese correnti nel 2013, ci sono drastici, drammatici tagli, che toccheranno in parte, anche i servizi ai cittadini. Ecco qualche esempio più eclatante: Per i contributi e contratti di servizio con enti partecipati, si passa da 11,45 (milioni di euro) a 2,6. Dimezzati i fondi per le politiche per il lavoro, sviluppo economico, e università: si passa da 21,32 a 12,59, mantenendo i fondi per borse di studio e contratti di apprendistato, ma congelando molti altri progetti, fra cui anche il sostegno alle scuole civiche, la formazione e la riqualificazione per i disoccupati. Nel capitolo di spesa più sensibile, quella destinata ai servizi ai cittadini, non si tocca quella dell’educazione e istruzione che invece viene alzata (da 84,65 nel 2012 si passa a 88,15 nel 2013), ma si diminuisce quella destinata alla casa, cioè i servizi per la manutenzione degli edifici pubblici ( da 35,17 nel 2012 a 32,95 nel 2013) che causerà inevitabilmente un ulteriore degrado nelle zone periferiche, e soprattutto si abbassa, – questo sarà il taglio destinato a far più discutere, e da comprendere bene -, quello destinato alle politiche sociali e tutela della salute ( da 190,59 nel 2012 a 170,88 nel 2013); 20 milioni in meno di assistenza ai cittadini meno abbienti: minori, anziani, disabili e stranieri. Il settore più penalizzato risulta essere lo sport,: da 12 milioni nel 2012 si scende a 5,96 nel 2013. Si tolgono in pratica i contributi alle associazioni sportive. Aumenta invece di 100 milioni di euro la mobilità, in vista della costruzione delle nuove linee metropolitane, mentre diminuiscono ulteriormente i costi della politica: al gabinetto del sindaco Giuliano Pisapia, che nel 2012 aveva a disposizione 3,29 milioni viene dato quasi un milione di euro in meno per eventi, missioni, relazioni internazionali.
BILANCIO 2013 – Spesa corrente per Aree e Direzioni Centrali
«Credo che i Comuni siano enti locali dove meno si possa applicare il concetto di spreco», spiega l’assessore al bilancio, Francesca Balzani. «I comuni sono costretti a continuare a fare politiche restrittive di contenimento dei costi, mentre le Regioni hanno dei costi che continuano a lievitare. Ho dovuto fare una razionalizzazione drastica per recuperare lo squilibrio dei 500 milioni, facendo scelte molto difficili». ammette. E infatti per varare il bilancio, è stato scelto il metodo delle short list. Ogni assessore portava in giunta la propria Bibbia. Ossia una lista di finanziamenti, che non si potevano eliminare. Tempi durissimi, quindi per la giunta Pisapia, che potrebbe pagare il prezzo di scelte sbagliate, anche pregresse, quando la giunta Moratti distribuiva generose consulenze d’oro e per fare cassa prosciugava dividendi e plusvalenze di aziende partecipate, che non venivano usate per fare investimenti e facevano diminuire il valore sul mercato delle società partecipate. Come evidenzia bene uno studio dell’associazione Milano Civica, «Bilancio in arancio». «Nel 2010 l’equilibrio dei conti è stato fittizio, perché prosciugando i dividendi delle società partecipate, si è mascherato lo squilibrio fra entrate e uscite, per evitare un impopolare prelievo di imposte locali, che peserà su bilanci futuri». E così infatti è stato.
Torino
La partita del bilancio del Comune di Torino, è persino più complicata perché sulla città, soffocata dalla spending review, pesa anche il debito, (contratto dalla giunta Chiamparino soprattutto per gli investimenti destinati ai giochi olimpionici da cui è scaturita una controversia mai placata) di oltre 3 miliardi, che diminuirà a 2,900 nel 2014, soprattutto grazie alla (s)vendita delle quote di diverse società partecipate con cui sono stati raccolti 168 milioni. Oltre allo sforamento del patto di stabilità avvenuto nel 2011, che ha penalizzato ulteriormente i bilanci della città. I trasferimenti statali sono diminuiti da 368 milioni di euro nel 2009 a 183 nel 2012, fino ai 114 del 2013, di cui però 85 provenienti dal gettito Imu.
Andamento del debito dell’amministrazione di Torino fra il 1999 e il 2013
Il bilancio preventivo del 2013 all’esame in questi giorni è complessivamente di 1 miliardo e 311 milioni, in cui si cerca di contenere nuovamente i costi, ma l’anno draconiano per il capoluogo piemontese è stato il 2012, quando per rientrare nel patto di stabilità e chiudere il bilancio sono stati rinegoziate le forniture energetiche e ridotto il personale. Con tagli alla spesa corrente di 40 milioni di euro nel 2012 e di altri 40 milioni nel 2013. Con una riduzione in 3 anni del costo del personale di circa 33 milioni. (Il Comune ha 10420 dipendenti contro gli oltre 12.000 di circa 3 anni fa). I restanti risparmi sono stati trovati nei contratti di servizio, nei consumi energetici (illuminazione pubblica, riscaldamento, energia elettrica in genere) per circa 9 milioni in 2 anni. Sul fronte delle entrate, nel 2012 il comune ha fissato al 5,75 per mille l’aliquota Imu sulla prima casa, e al tetto massimo dello 0,8 quella sull’addizionale comunale Irpef. Alzando a 11.520 euro la fascia di esenzione.
«Un bilancio postumo», lo chiama con sarcasmo l’assessore al Bilancio del Comune di Torino, Gianguido Passoni, visto il ritardo con cui si stanno facendo i conti per via delle incertezze economiche e politiche riversate sugli enti locali. «Nonostante la politica di soffocamento dei fondi destinati agli enti locali da parte del Governo dal 2009 in poi, e l’eliminazione delle plusvalenze delle società partecipate, che erano comunque scese a soli 17 milioni di euro, quest’anno siamo riusciti a evitare di inserire nella spesa corrente 20 milioni ricavati dagli oneri di urbanizzazione, da destinare a nuovi investimenti», spiega a Linkiesta «Ora dobbiamo cercare di consolidare il contenimento dei conti, senza intaccare i servizi ai cittadini». Un refrain, un po’ ipocrita, che usano (quasi) tutti i sindaci, consapevoli che non è più è possibile garantire tutti i servizi.
L’anno scorso c’è stata una polemica piuttosto rovente sulla decisione di appaltare 9 asili comunali ai privati, mentre quest’anno ha suscitato molte reazioni la decisione di aumentare le tariffe per i costi delle mense scolastiche. E ancora: il consigliere comunale del M5s, Chiara Appendino, una laurea in economia, membro della commissione bilancio, ha criticato su facebook il portavoce del sindaco, che guadagnerebbe più di quello di Obama: 115mila euro. «Inoltre, considerato che dall’azienda dei trasporti, GTT, Gruppo Torinese Trasporti (il Comune non è ancora riuscito a vendere le sue quote) è stata scorporata la gestione dei parcheggi pubblici, che verrà appaltata ai privati per 30 anni dal 2014, al Comune restano solo le farmacie comunali da svendere», commenta sarcastica Chiara Appendino, che però condivide la frustrazione espressa a Firenze da Piero Fassino per la vessazione subita dagli enti locali E fa notare a Linkiesta che, sebbene la cultura sia stata stata messa negli investimenti del conto capitale per riuscire a trovare i fondi, mescolando le carte, i tagli alla cultura sono stati ingenti: due milioni di euro.
Varese
Varese, che è un piccolo Comune, considerato fra quelli di fascia virtuosa, porta avanti dal 2009 una battaglia molto netta contro la spending review. Il sindaco, Attilio Fontana, presidente dell’Anci lombarda, era in prima linea anche quando al governo c’era Tremonti, e il suo partito, la Lega Nord. E per il 26 ottobre lancia, il No Patto Day. Dopo le tante parole finite in fumo all’assemblea dell’Anci, scende in piazza contro il patto di stabilità. «L’allentamento del patto di stabilità voluto dal governo Letta, invece di essere calcolato in base all’azione virtuosa dei Comuni, è stato deciso in modo lineare. Così ancora una volta si distribuiscono briciole, ma nessuno ne trae beneficio. Viva l’Italia», dice, indignato, a Linkiesta. A Varese, Comune di 80mila abitanti, i trasferimenti sono passati da 20 milioni di euro nel 2009 a 9,2 nel 2012, mentre per il 2013 ne sono previsti 3,473 milioni ( a cui vanno aggiunte però le coperture per l’Imu mancata). Risultato: in tre anni i tagli, drastici, sono stati i seguenti:
Voce | Percentuale della spesa | Entità del taglio |
Personale | 30% circa del totale della spesa corrente | 3% |
Servizi educativi | 10% circa del totale della spesa corrente | 5% |
Servizi civici e cimiteriali | 1,5% circa del totale della spesa corrente | 4,5% |
Servizi tributari | 1,2 % circa del totale della spesa corrente | 14% |
Servizi ambientali | 3,5% circa del totale della spesa corrente | [+ 4%] |
Servizi culturali | 2,1% circa del totale della spesa corrente | 3% |
Servizi ricreativi e sport | 1,5% circa del totale della spesa corrente | 10% |
Manutenzioni ordinarie | 9,0% circa del totale della spesa corrente | 3,5% |
Servizi informatici | 0,5% circa del totale della spesa corrente | 2,3% |
Promozione Territoriale e servizi alle imprese |
0,4% circa del totale della spesa corrente | 5,6% |
Ecco perché, Piero Fassino, a cui tocca l’arduo compito di fare il funambolo, fra gli apprezzamenti al Governo per l’allentamento del patto di stabilità, anche in vista, della copertura della seconda tranche dell’Imu abrogata, a Firenze, ha rammentato che dal 2007 al 2013 i Comuni Italiani hanno contribuito al risanamento dei conti pubblici con 16 miliardi di euro». Morale? Il ministro Graziano Delrio afferma che con la service tax nel 2014 si aprirà una fase democratica per i Comuni. Della serie: vedo, pago, voto, ma i sindaci, che si preparano a pagare il prezzo dei bilanci trafitti di tagli, invece sono convinti di essere stati commissariati.
Twitter: @GiudiciCristina