BerlusconiIl terrore del Cav corre sul filo (del regolamento)

Decadenza Berlusconi

Il destino politico di Silvio Berlusconi si decide sul filo del regolamento. Interpretazioni su interpretazioni, un cavillo dopo l’altro. Il primo nodo riguarda il sistema di voto con cui allontanare il Cavaliere da Palazzo Madama. Ieri la giunta del Regolamento doveva decidere se approvare la decadenza con voto segreto o palese. A fine giornata, dopo una serie incredibile di tensioni, si decide di rimandare ogni scelta. Intanto tra Pd, Pdl e Cinque Stelle è scontro su regole e procedure. Nel corso del concitato pomeriggio parlamentare accade di tutto. Codici alla mano, i berlusconiani provano a sospendere la seduta della giunta. E mentre il Partito democratico forza l’interpretazione del regolamento per ottenere un voto alla luce del sole, i grillini provano invano a modificare il calendario dei lavori per anticipare la decadenza del Cavaliere. 

Lo scontro più duro arriva, inatteso, durante i lavori della Giunta. Sono da poco passate le 16 quando i senatori pidiellini guidati dall’ex guardasigilli Francesco Nitto Palma cercano di bloccare la seduta. Le motivazioni con cui la Corte di Appello di Milano ha confermato i due anni di interdizione di Berlusconi nel processo Mediaset «definiscono l’incandidabilità una sanzione amministrativa», spiegano. Conseguenza: la legge Severino non può essere applicata in via retroattiva. A sentire loro ce n’è abbastanza per interrompere il procedimento e rinviare tutta la documentazione alla Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari. Per alcune ore è il caos. Alla fine i berlusconiani non la spuntano: in serata la giunta del Regolamento riprende i lavori. Il tempo di ascoltare le relazioni di maggioranza e avviare il dibattito, mentre il voto finale viene posticipato alle 9 di questa mattina. 

Intanto il Partito democratico insiste perché la decadenza di Silvio Berlusconi venga approvata con voto palese. Un modo come un altro per evitare il rischio di franchi tiratori – ma soprattutto un inatteso salvataggio del Cavaliere – che finirebbero per mettere in difficoltà proprio il Pd. E allora ecco altri cavilli e carte bollate. Sulla base di numerosi precedenti ci si confronta senza esclusione di colpi. Al centro del dibattito ci sono diverse interpretazioni del regolamento di Palazzo Madama «che è bene ricordarlo – spiega in Giunta il relatore democrat Francesco Russo – non prevede nessuna norma ad hoc sulla decadenza». Il centrodestra non è d’accordo. «Abbiamo dimostrato – conferma l’altra relatrice, la Pdl Anna Maria Bernini – che al Senato il voto sulle persone è sempre stato a voto segreto. Se domani si decidesse in modo contrario, sarebbe un atto persecutorio e contra personam». Domani mattina potrebbero avere ragione i democrat. Con il Pd sembrano intenzionati a sostenere l’ipotesi del voto palese i senatori del M5S, di Sel e la montiana Linda Lanzillotta, in dubbio fino all’ultimo. Conti alla mano, i loro voti sarebbero sufficienti per “forzare” il regolamento, seppure di misura.

L’altra grande battaglia si combatte sulla data del voto. E qui lo scontro su regole e procedure vede protagonisti i grillini. In mattinata la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama approva il calendario dei lavori fino al 22 novembre. Senza prevedere alcun riferimento alla decadenza di Berlusconi. A sollevare il caso è la presidente dei Cinque Stelle Paola Taverna: il MoVimento chiede di inserire il voto sul Cavaliere il prima possibile. Qui le versioni dei presenti sono discordanti. Per evitare ogni polemica, raccontano nel Pd, il presidente Pietro Grasso avrebbe preso l’impegno di riunire nuovamente la capigruppo non appena la giunta del Regolamento avrà finito i suoi lavori. Più tardi il presidente del gruppo berlusconiano Renato Schifani offre un’altra versione. A suo dire Grasso avrebbe assicurato di dare assoluta precedenza alla legge di Stabilità.

Nel frattempo il Movimento Cinque Stelle sfrutta una norma del regolamento per portare la questione all’attenzione dell’Aula. Senza approvare all’unanimità il calendario dei lavori, la presidente Taverna ottiene che ad esprimersi sia il Senato. E così nel pomeriggio Palazzo Madama vota la richiesta pentastellata: la decadenza del Cavaliere deve essere votata inderogabilmente il 5 novembre. Una data certa, spiegano dal M5S, per essere sicuri che non si perda ancora tempo. Nell’emiciclo è battaglia. Renato Schifani attacca i grillini, colpevoli di voler trasformare l’Aula in un «plotone di esecuzione». Il Pd si smarca. Tutto sotto gli occhi di Beppe Grillo, eccezionalmente presente in tribuna per la gioia di fotografi e giornalisti.  Alla fine la proposta di accelerare i tempi viene bocciata con i voti di quasi tutto l’arco parlamentare (con il M5S si schierano solo Sel e qualche senatore democrat). Lo scontro è solo rimandato.

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