È una storia sordida, che sta a metà strada fra le perversioni più antiche, e il mito del lolitismo che da sempre acceca i maschi, e gli incubi più moderni: ovvero la libertà del web che diventa la gabbia dove adescare, vendere, prostituire i corpi.
Ci sono domande enormi e terribili dietro la vicenda delle due baby squillo dei Parioli che si prostituivano sfruttate da tre papponi, tre giovani spiantati da cui erano vessate con torture psicologiche e ricatti. E per farvi un’idea bastano questi tre frammenti di intercettazione: «Ogni volta che ti fai uno mi devi mandare un sms con tempo e soldi». Oppure: «Questo è un brutto panzone ciccione, levagli due piotte» (ovvero, nello slang del romanesco, duecento euro). E infine quello apparentemente meno truce, ma ancora più rivelatore sulla follia di una doppia vita a metà tra adolescenza e tratta delle bianche: «Non so se per te un gioco oggi ci dovevi fare una persona ti ha chiamata ma tu stavi dormendo».
Dietro queste ragazze ingabbiate c’è uno scenario di rovine in cui la famiglia non esiste più, una catastrofe simboleggiata dalle due madri. Non conosciamo i nomi di queste donne, ma conosciamo i loro ruoli in questa storia: da un lato c’è quella che ha scoperto la prostituzione della figlia, non è riuscita a dirle nulla, ed è andata a denunciarla. Dall’altro c’è quella che è stata arrestata, perché quando ha scoperto il gioco non ha avuto la forza di opporsi, ma addirittura ha cercato di sfruttare la figlia per risollevare le sorti economiche disastrate della sua famiglia. Questa è finita in carcere, non può ancora dire nulla del tunnel in cui è precipitata. L’altra ha detto sconvolta: «Sì, l’ho denunciata per salvarla. È stato terribile, ora spero che mi possa perdonare».
E infine c’è il cliente, che gira il filmino, il video hard con una delle due ragazze – che hanno 15 e 16 anni – e subito dopo la ricatta. Da un lato ci sono queste due studentesse che si vendono su internet per comprarsi capi firmati e borse, dall’altro c’è un branco di lupi famelici che cercano ragazze da sbranare come agnellini su internet. C’è persino un lato grottesco e tragicomico: nello stesso elegantissimo palazzo dei Parioli dove era stata collocato lo scannatoio abitava una prostituta (che evidentemente non lavorava in casa) ma che gli inquilini avevano considerato come l’unica possibile responsabile del viavai. Erano andati persino in corteo dall’amministratore del condominio, perché la cacciasse, ma non avevano minimamente pensato che potessero essere quelle due ragazzine del liceo ad alimentare un traffico di corpi. Il sito su cui questo turbine di follia si alimentava, bakecaincontri.com, non è che una delle cento vetrine avvelenate dove con grande facilità si offre e si compra sesso oggi nel nostro paese e nel mondo.
Se mai serviva una nuova prova, ecco un altro segnale di un paradosso per cui la libertà della rete diventa una catena per imprigionare le persone. Ecco un’altra storia che ci sconfigge su entrambi i fronti: sia su quello della tradizione, che non esiste più, e viene travolta Insieme a quelle due madri e alle presunte certezze sulla solidità della cosiddetta famiglia naturale. Sia su quello quella speranza di futuro, che diventa non un grande fratello, ma un piccolo fratellastro, malato e perverso. La rete non è sempre, e in se stessa opportunità di libertà: il web è solo uno strumento, che gli orchi – questa è la lezione – spesso dimostrano di aver imparato ad usare con più maestria di noi.
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