L’assoluzione del manager e fondatore di Fastweb, Silvio Scaglia, dimostra un’altra volta come in Italia esista un problema giudiziario grande come una casa, nascosto per vent’anni dietro lo sterile e muscolare bipolarismo pro e contro Berlusconi. Su Linkiesta abbiamo scritto subito il nostro punto di vista, la necessità che qualcuno, nei paraggi della magistratura e anche del circuito mediatico chieda almeno simbolicamente scusa al manager per il lungo calvario giudiziario, il fango facile versatogli addosso, il carcere e poi gli arresti domiciliari nell’ambito del processo su una maxi truffa internazionale. Denunciamo spesso e volentieri lo stato delle nostre carceri e del pregresso giudiziario, l’abuso della carcerazione preventiva, l’abnorme numero di detenuti in attesa di giudizio che se ne stanno scandalosamente a bagnomaria nei nostri penitenziari, il danno che l’inefficienza e la lentezza della macchina giudiziaria causano al sistema economico del paese, alla certezza del diritto dei cittadini e agli investitori, tenuti lontani da un sistema bizantino e troppo spesso ideologico, dove la politica industriale tendono a farla le Procure. E questa è la prima lezione che, l’ennesimo caso di malagiustizia, denuncia in modo urgente.
Detto tutto ciò, c’è però una seconda lezione che proprio Scaglia consegna al paese, ed è contenuta nella bella intervista che il manager ha rilasciato oggi a Repubblica. Dice Scaglia: «il carcere è peggio di come lo raccontano, in cella c’è meno spazio che per i maiali e quel pm non voleva cercare la verità, ma ora so che in Italia la giustizia funziona. E’ stata la battaglia più dura che ho combattuto nella mia vita, ma sono contento di averla fatta e di non averla evitata, come avrei potuto facilmente fare…».
Ecco, questa seconda lezione vale almeno quanto quella sulla giusta e sacrosanta riforma della giustizia che questo paese attende da troppi anni, rinviata dietro l’alibi di Berlusconi (la faccio solo a modo mio, per salvaguardarmi dai miei processi) e dei suoi censori (non facciamo nulla, non riformiamo niente perchè sarebbe solo un favore al caimano): dalla giustizia, pur infernale che sia il suo calvario, non si sfugge in un stato di diritto, altrimenti salta tutto. I processi vanno comunque affrontati. Sempre. E le proprie ragioni vanno fatte valere in aula, non fuori dall’aula gridando a golpe e complotti. In questo senso la dignità, la tempra e la compostezza di Scaglia sono un monito per tutti. Per Berlusconi, per certi pm, fino al’ultimo cittadino di questa repubblica…