Ma sul carro di Renzi c’è anche chi non vuole salire

Il congresso del Pd

Ci sono ex popolari, bersaniani, lettiani, ma anche anti-renziani e basta. Sono i dirigenti del Partito democratico che si rifiutano di salire sul carro del vincitore. Un fronte trasversale, assente alla Leopolda e orgogliosamente attestato su posizioni alternative al sindaco rottamatore. Sostengono Cuperlo e Civati, in larga parte. Altri sono critici di Matteo Renzi tout court, ancora in cerca di un candidato da votare.

È il Pd che ultimamente trova meno spazio su giornali e tv. A sollevare il tema qualcuno quasi si offende. «Guardi che non siamo così pochi -racconta un esponente vicino a Gianni Cuperlo – Il nostro documento è stato sottoscritto da circa 170 tra deputati e senatori» . Cifre importanti, che pure stridono con altri dati. Tra Montecitorio e Palazzo Madama si sono schierati con Renzi oltre 200 parlamentari. Un numero altissimo, considerato che le ultime liste elettorali erano state compilate sotto la segreteria Bersani. Tutti opportunisti in cerca di riposizionarsi? «La cosa divertente – racconta il giovane turco Matteo Orfini – è che molti sono stati candidati senza nemmeno passare il vaglio delle primarie».

Nessun mistero sulla loro identità. Le cronache dalla Leopolda si dilungano sui nomi e i curricula dei dirigenti convertiti sulla via del renzismo. Ha fatto discutere la presenza a Firenze dell’ex dalemiano Nicola Latorre e del ministro Dario Franceschini. Ma anche di Claudio Burlando e Michele Emiliano. «In politica, spesso, succede così» scriveva stamattina sul Corriere Fabrizio Roncone. «Le vittorie si annusano, l’odore del nuovo possibile potere è inconfondibile. L’ultima volta entravano con il bavero alzato, stavolta fanno passerella». Difficile non essere d’accordo. Un anno fa, a pochi giorni dalle primarie contro Pierluigi Bersani, i parlamentari del Partito democratico accorsi alla vecchia stazione fiorentina erano una decina. In larga parte seconde linee, molti di loro non sono stati neppure rieletti. Stavolta era presente persino il segretario Guglielmo Epifani.

Intanto a leggere i sondaggi sembra che Renzi abbia già vinto le primarie. I suoi avversari non ci stanno. «Vedremo come andrà a finire» raccontano in tanti. «Nei congressi locali i rapporti di forza non sono così scontati». Senza considerare che i parlamentari in uscita verso Palazzo Vecchio sono sempre di meno. «È un fenomeno che si sta arrestando – racconta a Montecitorio il deputato Fausto Raciti, segretario nazionale dei giovani democratici – Quasi tutti i dirigenti che si sono avvicinati a Renzi hanno cambiato idea quando le elezioni anticipate sembravano inevitabili. Probabilmente cercavano una ricandidatura. Ora che l’ipotesi del voto sembra tramontata, non si sposta più nessuno».

Lunedì, Camera dei deputati. In un Transatlantico deserto spunta il senatore democrat Walter Tocci. Già vicesindaco di Roma, al congresso ha deciso di sostenere la mozione Civati. «Renzi è il vecchio che ritorna sotto le parole del nuovo. I suoi discorsi sono ripetitivi e piuttosto noiosi» spiegava stamattina alla radio. A chi gli fa notare che i critici del sindaco rottamatore sembrano essere sempre di meno risponde con un sorriso. Anzi, rivendica la sua posizione quasi con orgoglio: «A Palazzo Madama – rivela – sosteniamo Civati solo in cinque senatori».

Eppure tra i dirigenti Pd che non condividono il progetto di Renzi è in buona compagnia. È un fronte trasversale, niente affatto sbilanciato a sinistra. Tra gli ex Dc hanno preferito non schierarsi, rimanendo critici nei confronti del sindaco fiorentino, tanto Beppe Fioroni che Rosy Bindi. Mentre sostiene apertamente la mozione Cuperlo l’ex presidente del Senato Franco Marini (ma qui forse ha influito la delusione legata alle ultime elezioni del presidente della Repubblica). Sono lontani dalle posizioni di Renzi anche alcuni esponenti lettiani. I parlamentari vicini al presidente del Consiglio si sono mossi in ordine sparso. Qualche esempio: se i deputati Boccia e Francesco Sanna sono con il rottamatore, Paola De Micheli e Guglielmo Vaccaro hanno deciso di puntare su Cuperlo.

Discorso a parte per gli ex bersaniani. Sul territorio – specie in Emilia, Toscana e Liguria – diversi dirigenti locali sono passati con il sindaco di Firenze. Ma tra i deputati e i senatori l’illuminazione rottamatrice è stata molto più contenuta. Confermano una linea alternativa a Renzi i giovani turchi Stefano Fassina e Matteo Orfini. E con loro i dirigenti più vicini all’ex segretario durante le ultime primarie. Da Nico Stumpo a Davide Zoggia, passando per l’allora portavoce Alessandra Moretti (anche se una maligna e infondata voce di corridoio sostiene che sarebbero stati i renziani a rifiutare il suo sostegno).

«Tanti di noi sono passati con Renzi? – racconta Orfini – Non mi stupisco. Il trasformismo fa parte della nostra storia recente». L’ex responsabile Cultura del Nazareno continua: «Piuttosto ho chiesto pubblicamente al sindaco di Firenze di rifiutare quel sostegno. Invece mi sembra che abbia caricato tutti, senza distinzioni». I sostenitori di Cuperlo hanno seguito da lontano l’ultima edizione della Leopolda. Qualcuno, come Fassina, senza risparmiare dure critiche al progetto del sindaco. Giocando quasi in difesa. «Noi – le parole del viceministro a Repubblica – facciamo una battaglia controcorrente, con uno schieramento mediatico straordinariamente sfavorevole». Orfini non è d’accordo. «La potenza mediatica è un vantaggio se hai qualcosa da dire. Invece a Firenze ho visto molta fuffa. La grande proposta di idee che tutti si aspettavano non è pervenuta. Se Renzi continua così, noi finiamo per guadagnare voti».