La strada verso la liberalizzazione ferroviaria è lunga e lastricata di battaglie legali. Qualche giorno fa una sentenza della Corte di giustizia europea, sollecitata dalla Commissione di Bruxelles, ha condannato l’Italia per la mancata indipendenza del gestore dell’infrastruttura (Rfi) nella determinazione dei pedaggi per l’accesso alla stessa rispetto al ministero dei Trasporti:
«La Corte rileva che la normativa italiana prevede che la determinazione dei diritti, fissata di concerto con il Ministro, vincoli il gestore. Sebbene il Ministro eserciti un mero controllo di legittimità, detto controllo dovrebbe tuttavia spettare all’organismo di regolamentazione, nel caso di specie all’URSF (ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari, ndr). La Corte ne trae la conclusione che la legge italiana non consente di assicurare l’indipendenza del gestore dell’infrastruttura».
Detta in altre parole: l’Ursf seguirebbe le delibere ministeriali in modo troppo stringente, senza la necessaria flessibilità per valutare caso per caso. Di conseguenza, sarebbe il ministero stesso, che controlla le Ferrovie, ad avere l’ultima parola su Ntv (Nuovo Trasporto Viaggiatori), ovvero il principale concorrente, partecipato da Luca di Montezemolo, Diego Della Valle e Gianni Punzo (complessivamente al 35%), dalle ferrovie francesi Sncf al 20% e da Intesa Sanpaolo e Generali. ln sostanza, come ha scritto Stefano Cingolani sul Foglio, «il monopolista pubblico (le Ferrovie dello Stato), ha usato tutta la sua potenza di fuoco per bloccare lo sfidante privato. Del resto, controlla la rete e le grandi stazioni, quindi è in grado di stringere la tenaglia. Prima ne ha fatto le spese un piccolo operatore locale, il piemontese Giuseppe Arena. Adesso, sotto tiro è un avversario ben più agguerrito, appunto Ntv, anche perché porta in grembo la compagnia ferroviaria francese che fattura 33 miliardi di euro contro gli 8 e poco più delle Fs. La concorrenza non s’addice all’Italia, tanto meno nei treni». La stessa Autorità dei trasporti, promessa dal governo Monti, è arrivata a luglio, con un anno e più di ritardo e non ha ancora una sede ufficiale.
Non basta. In una segnalazione al ministero dei Trasporti, un anno fa l’Antitrust aveva già denunciato il decreto dirigenziale 258 dell’11 luglio 2012 firmato Ursf, che riguarda la «compromissione dell’equilibrio economico dei contratti» di servizio pubblico ferroviario. Un provvedimento, scrive il regolatore, suscettibile di «pregiudicare gravemente il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario di passeggeri». In buona sostanza: com’è naturale – funziona così anche per le autostrade – la rete pubblica necessita di investimenti, la cui remunerazione è calcolata sulla base di un tasso fissato dalla legge. In base alla Comunicazione CE 353/1, Bruxelles dice che l’unica condizione fondata per negare un’autorizzazione a un concorrente del servizio pubblico è se ciò implica un «considerevole aumento del contributo pubblico».
Al contrario il criterio applicato dall’Ursf per certificare la «compromissione dell’equilibrio economico» e dunque bloccare Ntv, è l’incidenza del nuovo servizio sul margine residuo di utile che rimane a Ferrovie una volta pagata la remunerazione prevista per legge del capitale investito da Rfi, e quindi da tutti noi. Semplificando, se Trenitalia realizza meno utili per colpa di Ntv, una volta che ha pagato gli interventi necessari alla manutenzione della rete.
I costi sopportati per l’affitto della rete pesano non a caso come un macigno sui conti di Ntv. La società ha chiuso il 2012 con 77 milioni di euro di rosso (39 milioni nel 2011), debiti a 650 milioni, dei quali 220 nei confronti delle banche (163 nel 2011), ma ben 120 milioni di “affitto” per l’uso della rete pagato a Rfi, a fronte di ricavi per 120 milioni e cassa per 50. Rispetto a una media europea di 2,9 per treno/km nelle tratte ad alta velocità (superiori ai 250 km orari), le tariffe in Italia toccano i 13,4 euro per treno/km. I passeggeri aumentano ma è dura stare in piedi a queste condizioni. Il gruppo Fs invece ha chiuso l’anno scorso con utili a 381 milioni (272 a fine 2011), indebitamento a 9 miliardi (8,3 nel 2011), ricavi a 7,5 miliardi di cui 1,3 da servizi di infrastruttura. Rfi porta in dote 160 milioni di utile netto, 62 milioni in più del 2011. Effetto Italo.
Come dimostra il video qui sopra, realizzato da Linkiesta pochi giorni fa alla stazione Ostiense di Roma, l’ex monopolista le tenta proprio tutte pur di limitare la concorrenza dei treni di Montezemolo e Della Valle. Le «gabbie» tra i binari dove ferma Italo, finite sotto accusa nell’estate 2012, sono state rimosse, tuttavia non c’è alcuna indicazione del percorso da seguire all’interno della stazione per arrivare al binario giusto. Oltretutto, come evidenzia il video, le scale mobili non funzionano, i bagni pure, e la struttura, in generale, versa in stato di completo degrado. Un comportamento ingiustificabile da parte di Trenitalia tanto che oggi player privato e pubblico delle ferrovie italiane sono arrivati alle carte bollate.
Dal canto suo, alla compagnia di Montezemolo e Della Valle la politica ha dato una grossa mano nell’avviare l’impresa. Come ricostruisce Gianni Dragoni, giornalista de Il Sole 24 Ore, nell’ebook Alta Rapacità (editore Chiarelettere), ciò che moltiplica il valore di Ntv è:
«Una semplice firma, quella del ministro dei Trasporti, l’ingegnere “comunista” (è del Pdci) Alessandro Bianchi, il quale a febbraio 2007 dà a Ntv la licenza di impresa ferroviaria e nel luglio successivo autorizza la società a gestire i treni ad alta velocità».
Una corsia di sorpasso lamentata proprio dall’amministratore delegato di Ferrovie, Mauro Moretti, in un’intervista al Corriere: «Per ottenere le autorizzazioni, l’impresa deve essere in grado di garantire la sostenibilità finanziaria del progetto. E a Ntv è bastato un milione».
A metà novembre Ntv presenterà il nuovo piano industriale per invertire la rotta e cercare di andare in pari. Le dimissioni dell’amministratore delegato Giuseppe Sciarrone – manager di lungo corso delle Ferrovie dello Stato ed ex numero uno di Rail Traction Company, società di trasporto cargo che per la prima volta ha disdettato il contratto nazionale dei ferrovieri (era il 2000) – lasciano vuota una casella chiave. Sciarrone era infatti l’unico uomo di Ntv con una specifica esperienza pluriennale in campo ferroviario. Ciò nonostante, recita la nota stampa, il consiglio d’amministrazione ha apprezzato «la condivisione, espressa dallo stesso ingegnere, di una necessaria discontinuità anche nella gestione dell’azienda». Il nuovo nome, con ogni probabilità, sarà presentato a metà novembre, in concomitanza con il piano, mentre le deleghe per ora sono in mano all’ex amministratore delegato di Rcs, Antonello Perricone.
I francesi di Sncf stanno alla finestra. Essendo partner industriali, non avranno voce in capitolo nella nomina del nuovo amministratore delegato. Contattati da Linkiesta, ufficialmente smentiscono tanto possibili aumenti delle quote in Ntv – la licenza è sensibile ai cambi di governance, che va negoziata dal governo italiano ma non è tecnicamente impossibile – quanto i rumors sui loro interessi nel trasporto pubblico locale. Confermano invece di guardare a Ntv come a un esperimento utile per testare e trasferire innovazione in Francia. E viceversa (ma non lo dicono) per studiare il mercato italiano. Sul fronte del trasporto pubblico locale, fanno sapere che l’unica società a cui hanno guardato con interesse è la torinese Gtt, controllata dal Comune, con cui Sncf ha un accordo per distribuire i biglietti del Tgv verso Parigi. In attesa di capire se l’Antitrust avvierà un’altra istruttoria contro Trenitalia sulle tariffe scontate sulla tratta Roma-Milano, finanziate – è l’accusa di Ntv – dall’aumento dei biglietti del trasporto locale. Ancora carte bollate. Evidentemente il mercato, nella patria del diritto, si apre solo così.
Twitter: @antoniovanuzzo @marcofattorini