Andate a Preston a dire che l’economia inglese è in espansione e la vostra affermazione sarà accolta con una sonora risata; dite alle persone di Hull che il mercato immobiliare è molto vivace e penseranno che siete usciti di senno. L’anno scorso Ed Miliban [leader del partito Laburista] ha proposto la One Nation Britain alla conferenza laburista dell’anno scorso; questa è una aspirazione lodevole ma è molto lontana dalla realtà reale dell’Inghilterra in cui viviamo.
Gli ultimi dati sulla crescita son un classico esempio del famoso aforisma di Disraeli sulle tre falsità: ci sono “le bugie, le maledette bugie e le statistiche”. Certo, se consideriamo il Regno Unito nel suo complesso è vero che il paese è tornato a crescere; il prodotto interno è in crescita del 3% annuo, un tasso leggermente più alto del suo andamento di lungo periodo.
Ma la media nazionale nasconde una notevole eterogeneità a livello regionale […]. I prezzi delle case sono solo uno dei tanti esempi. L’ufficio statistico nazionale ha dichiarato settimana scorsa che i prezzi degli immobili a luglio sono cresciuti di 3,3% rispetto all’anno precedente. Ma se eliminiamo Londra, dove i prezzi delle case sono cresciuti di circa il 10%, e il sud-est dell’Inghilterra, nel resto del paese i prezzi sono aumentati solamente dello 0,8%. Questo tasso è al di sotto dell’inflazione, il che significa che i prezzi immobiliari sono diminuiti in termini reali. […]
Ora guardiamo alla disaggregazione regionale della disoccupazione. Nel Regno Unito, sono il 18% le famiglie in cui nemmeno uno dei membri ha un lavoro, ma nelle aree più buie per la disoccupazione questa percentuale sale al 27-30. Dall’altro lato dello spettro, le aree con meno famiglie disoccupate sono tutte a sud del paese: nell’Hampshire la percentuale si attesta al 10,6%, nel nord Northamptonshire al 11,2%. […]
Il divario fra nord e sud non è nuovo, anzi. Il gap di prosperità interno esiste da circa un secolo, da quando è iniziato il declino delle industrie che avevano guidato la rivoluzione industriale. Tuttavia, la disparità fra Londra e il resto dell’Inghilterra non è mai stata così alta. […]
Questo è ben illustrato in un articolo di Paul Ormerod pubblicato dall’Applied Economics Letters. Ormerod osserva il mercato del lavoro nel Regno Unito per vedere che cosa sta accadendo alla disoccupazione a livello locale.
Molti economisti sostengono che la cura per la disoccupazione è la flessibilità. Secondo questo approccio, la disoccupazione persiste a causa delle “rigidità” del mercato del lavoro. Se si rimuovono le rigidità il costo dei lavoro si aggiusterà (ridurrà) fino a raggiungere un livello tale da garantire che tutti coloro che vogliono lavorare possano trovare un lavoro.
Partendo da questa teoria Ormerod osserva l’evoluzione della disoccupazione nel corso del tempo. Se una maggiore flessibilità del mercato del lavoro è la risposta al problema, allora le aree che 20 anni fa avevano alti livelli di disoccupazione dovrebbero aver visto un miglioramento. Ma Ormerod non trova tali correlazioni. Quelle parti del paese con tassi di disoccupazione relativamente alti nel 1990 avevano ancora un problema di disoccupazione nel 2010 […]
Ormerod conclude: “La flessibilità del mercato del lavoro dei teorici e amata dai politici, non sembra trovare riscontro nella realtà. Questo è specialmente vero nel caso nel Regno Unito, dove i livelli di disoccupazione relativi persistono per lunghi periodi di tempo. Questi risultati mettono in discussione l’efficacia delle politiche volte ad aumentare la flessibilità al fine di migliorare la performance relativa delle regioni”. […]
Il sostegno trasversale fra partiti al progetto di nuovo collegamento ferroviario ad alta velocità fra le Midlands e il nord è un tentativo di trovare nuovi modi far fronte al problema del divario. I sostenitori del progetto dicono che la nuova linea porterà investimenti, creazione di nuove imprese e una maggiore capacità di spesa nelle regioni settentrionali.
Un’altra soluzione per ridurre il divario fra il nord e il sud sarebbe di rendere Londra, anziché la Scozia, indipendente. Nonostante l’Inghilterra non sia parte della moneta unica, Londra è l’indiscussa capitale finanziaria dell’Europa. Dai piani alti di Canary Wharf ad est fino alle hedge-funds di Mayfair ad ovest, Londra è dove tutto accade.
Se il governo pubblicasse le statistiche regionali risulterebbe evidente che Londra ha un surplus di partite correnti con il resto del paese, compensato da trasferimenti in conto capitale dal prospero sud al più povero nord. Come città-stato indipendente, Londra avrebbe un tasso di cambio più elevato e interessi sui prestiti più alti. Di conseguenza, il resto del paese ne trarrebbe un vantaggio competitivo. La verità è che Londra è uno stato separato, forse è arrivato il momento di renderlo ufficiale.
(L’articolo completo su The Guardian)